P. Giuseppe Bertaina: Testimonianza di Fr. Mario Bernardi

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}Nessuno può credere che qualcuno abbia avuto il coraggio di uccidere Padre Giuseppe.

La sua vita è stata un dono totale e senza misura all’Africa ed in particolare alla gioventù in più di cinquant’anni di servizio nelle scuole del Kenya. Pochi mesi dopo l’ordinazione sacerdotale andò in SudAfrica, all’università di Città del Capo per laurearsi. Dopo la laurea iniziò il lavoro in Kenya, entrò nella scuola di Kevote, poi a Siakago come direttore della scuola quindi al Sagana alla scuola tecnica che costruì e resse per venti anni, anni di vera gloria e successo per lo sviluppo della persona e della nazione, i giovani di questa scuola erano in maggior parte impiegati ancor prima di finire gli esami. Ora tanti ex studenti sono direttori di importanti officine meccaniche, imprese di costruzioni, maestri nel Politecnico e collegi del Kenya.

Ho personalmente vissuto dieci anni con lui in questa scuola ove ho imparato che per lavorare ed essere apprezzati, non c’è bisogno di far tanto chiasso né di pubblicare tante cose ma di essere onesti, sinceri, schietti e tutto di un pezzo come voleva il Beato Giuseppe Allamano, “Il bene fatto bene senza fracasso”.


Padre Giuseppe ha vissuto tutta la sua esistenza mettendo in pratica questo motto dell’Allamano suggerito ai suoi missionari.

Con Padre Bertaina ti sentivi in piena libertà sempre, nella sua umiltà e semplicità e fermezza era un vero amico, un vero direttore, un vero formatore. Mai ti forzava ma ti presentava la realtà nuda e cruda e poi a te la decisione; dove c’era lui c’era ordine, armonia, gioia, amicizia e famiglia. La sua presenza semplice e umile è sempre stata una presenza rispettosa verso tutti e costante. Uomo di poche parole ma parole da non perdere. Ora, dopo 35 anni vissuti in sua compagnia, so che è veramente stato un punto di riferimento per tutti, missionari suoi confratelli e laici di tutte le posizioni. La sua presenza silenziosa ma attenta a tutti, distribuiva amore, comprensione, incoraggiamento e direzione giusta per la vita personale di ognuno. Per descrivere la forza della sua presenza silenziosa occorrerebbero molti volumi. Cinquant’anni di vita entrata nella vita di tanti, di tantissime persone, migliaia di giovani che hanno per quattro anni consecutivi ricevuto formazione intellettuale, morale e professionale ed hanno impostato la vita su basi solide e cristiane.

Gli ultimi vent’anni spesi nella formazione diretta dei giovani missionari della Consolata kenioti e dei giovani di tante altre congregazioni religiose che si uniscono negli studi filosofici nell’Università da lui costruita e retta fino al giorno della sua uccisione.

Sono certo che non ha mai riservato rancore per nessuno nella sua vita ed anche al momento dell’attacco nel suo ufficio ha accolto i suoi uccisori con rispetto e, se erano da lui conosciuti, come sembra, ancora li avrà esortati al giusto, morendo senza rancore per le mani di coloro che aveva aiutato in modi diversi, o negli studi o nella prigione che per vent’anni aveva servito come cappellano ogni domenica.

Verso i prigionieri ha speso tempo e soldi per dare un futuro in particolare a giovani che uscivano dopo aver scontato la pena, diversi hanno conseguito titoli di studio nelle scuole tecniche per suo interessamento, li seguiva per anni pagando retta scolastica ed inserimento nel lavoro.

Ci lascia disgustati e amareggiati la sua morte, ma rimane la grandezza di un uomo e di un missionario completo, sempre allegro e pieno di Dio in mezzo agli uomini che amò fino alla fine e per i quali ha versato il suo sangue.
Ultima modifica il Sabato, 07 Febbraio 2015 21:41

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