L’Allamano, un uomo che da giovane cercava la vita di santità, visse in santità che dopo la sua morte nel 16 febbraio 1926, la Chiesa l’ha incoronato con l’onore dell’altare.
Se non ci fosse stato quest’uomo santo che ha fatto migliaia dei cristiani tutto il mondo, magari ieri, la Parrocchia del Santissimo Crocifisso di Roma non avrebbe accolto centinaia di missionari e missionarie della Consolata che assieme con gli amici e benefattori hanno celebrato una festa solenne celebrata da Padre Alberto Trevisiol. Era una gioia immensa vedere una Chiesa piena nonostante il fatto che era un giorno di lavoro e faceva tanto freddo. Padre Trevisiol ha presentato l'Allamano come un modello che è parte di noi, anzi, una vite senza di cui non possiamo fare nulla. Da lui impariamo anche l’unità che ci fa vivere insieme come testimoni del Vangelo. Prendendo il tema del biennio di Interculturalità, ha detto che ognuno è chiamato con la sua identità e deve presentarsi com’è, e in questa diversità troviamo l’unità e convivenza che ci arricchisce. Oltre i benefattori e gli amici, la festa ha attirato più di settanta missionari della Consolata dalle due comunità a Roma e più di trenta suore missionarie della Consolata a Roma e dalla Casa Generale di Nepi.