Tanti l’avranno ripetuto in questi giorni incontrando sempre, come Gesú, il “silenzio di Dio” che probabilmente non riusciremo mai a capire ma forse possiamo intuire perché dalla morte e da questo silenzio esplode per Gesú e per noi la Risurrezione.
E´la gioia che sperimentiamo come cristiani identificati con Colui che ha proclamato il Regno di Dio di giustizia, amore e pace e per questo ha offerto la sua vita.
La tragedia é evidente, ma il trionfo della vita é assicurato e con questa certezza affrontiamo i problema della nostra storia personale, familiare e comunitaria con realismo e fiducia.
Aspettiamo, con tutta la creazione, la piena manifestazione dei figli di Dio inseriti nella storia di questa nostra umanitá con tutte le sue contraddizioni, sconfitte e speranze.
Anche il nostro popolo afrocolombiano aspetta la sua Pasqua dopo lunga e penosa schiavitú. Iniziata tanti anni fa quando cristiani senza scrupoli hanno deciso di utilizzare milioni di africani per i loro sporchi interessi economici e li hanno violentemente strappati dalla loro terra.
Milioni di persone sono state stipate peggio delle bestie nelle navi europee e hanno solcato l’Oceano Atlántico nella piú completa disperazione.
Tanti, troppi sono morti durante il lungo viaggio, i piú fortunati sono giunti a destinazione per essere venduti come schiavi per i lavori piú duri e umilianti.
Mescolati per cancellare i contatti con i propri familiari e con il grupo di provenienza, hanno perso la lingua, la cultura, l`identitá e sono diventati macchine anonime per il profitto dei dominatori.
Una vergogna per l’Europa che non puó essere dimenticata anche se a molti puó sembrare lontana nel tempo.
Gli schiavizzatori non hanno potuto comunque distruggere la vitalitá di questi popoli che hanno trovato la forza di ribellarsi e continuare a credere nella vita e nella possibilitá di un futuro per i loro figli in questa nuova terra.
Il fenomeno dei “Palenques”, villaggi fortificati nella nostra zona dei Monti di Maria e in tanti territori americani risponde a questa ansia di libertá assicurata solamente da una terra propria da coltivare per sopravvivere e sviluppare nuove relazioni e una nuova cultura.
La grande maggioranza che non ha potuto fuggire ha ugualmente escogitato mille forme di resistenza con il canto, la danza, i racconti, le tradizioni insegnate soprattutto dalle donne mettendo al mondo figli e ancora figli.
C’é chi afferma che il futuro non é di chi attacca ma di chi resiste e gli afro, la nostra gente, continua a resistere e a mettere al mondo figli, grave minaccia per i faraoni di turno.
La storia afro in Colombia e in America é una epopea di resistenza: prima agli spagnoli e poi ai loro discendenti, al Regno spagnolo prima e alla Repubblica indipendente e democrática dopo . Senza mai contare un granché anche se hanno costruito con il loro lavoro nelle grandi fattorie e nelle miniere la ricchezza di questo paese e sono stati protagonisti nella lotta per l’indipendenza . Non hanno peró partecipato nella spartizione delle terre con i generali della República e hanno dovuto accontentarsi di dissodare terre incolte e malsane.
Nel 1821 hanno avuto un minimo riconoscimento con la “libertad de vientre” e quindi la possibilitá per i nuovi nati di non essere considerati schiavi. Solamente il 21 maggio 1851 il presidente della Repubblica firma il decreto di abolizione della schiavitú che entra in vigore il 2 gennaio dell’anno seguente.
La dichiarazione ufficiale non ha modificato comunque sostanzialmente la situazione di fatto e sono nate inedite forme di schiavitú e di emarginazione.
Tra il 1960 e 1970 nuovi venti sono soffiati a livello internazionale e anche nel popolo afrocolombiano sono venuti alla luce diversi movimenti culturali che hanno aiutato a prendere coscienza della identitá afro assumendo con umiltá ma anche con orgoglio la propia storia.
Sorgono quindi organizzazioni popolari, soprattutto sulla costa pacifica, che lottano per il riconoscimento come grupo etnico e la titolazione collettiva della terra.
Finalmente la nuova Costituzione política del 1991 offre i primi strumenti giuridici per lavorare i diritti politici del popolo negro che dopo due anni di ricerche e di confrontazioni sfoceranno nella “legge 70” con la possibilitá di avere autoritá propria con i “Consigli comunitari”, la titolazione collettiva della terra per le “comunitá nere”, la partecipazione in spazi pubblici con “rappresentanti propri”.
Resta da vedere fino a che punto questa legge si sta realizzando nella pratica ma non c´é dubbio che per il popolo afrocolombiano si sono aperti con la nuova Costituzione nuovi orizzonti in questo grande Paese “multiétnico e multiculturale”.
Come missionari ci sentiamo identificati con il nostro popolo in questo lungo e faticoso Esodo dalla schiavitú alla libertá nel nome del Signore Gesú morto e risorto perché tutti, anche gli afrocolombiani, abbiano vita e vita in abbondanza.
Cerchiamo di camminare insieme con discrezione e affetto, rispondendo alla richiesta religiosa e parlando di Gesú di Nazareth, godendo e valorizzando la cultura afro nelle sue diverse e ricche manifestazioni, stimolando la autostima e l’iniziativa in ogni campo e creando spazi comunitari perché possano esprimere il meglio di sé in piena libertá.
Un cammino entusiasmante, lungo e faticoso, senza pretese di grandi risultati ma come affermava una suora austriaca che ha lavorato da queste parti per tanti anni : “seminare, seminare, seminare e...seminarsi...” Ricordando il Maestro “Se il chicco di frumento non muore...”
BUONA PASQUA!