«Ricordo bene la campagna 'una vacca per ogni indio'. È stata fondamentale, ci ha dato le risorse per comprare i capi di bestiame necessari agli indigeni per riconquistare le loro terre. Ma quei soldi sono stati utilissimi anche per sostenere le tante spese legali che abbiamo dovuto affrontare. I nostri avversari avevano infatti l’appoggio dei migliori avvocati del Paese e hanno sempre tentato di contestare le basi giuridiche del progetto di riserva Raposa-Serra do Sol».
Crede che davvero tutti gli «arrozeiros» lasceranno Raposa-Serra do Sol?
Vedo che il ritiro è in atto e senza grandi problemi. Se qualcuno non sgombererà l’area, comunque, ci penserà il governo a confiscarne i beni. Insomma, abbiamo avuto le giuste garanzie dalle autorità di Brasilia.
Una volta restituita la terra agli indios, il vostro lavoro di missionari non sarà certo finito...
Ovviamente no. Noi missionari della Consolata siamo soltanto otto a svolgere un compito di evangelizzazione e promozione umana che riguarda oltre 18mila indios sparsi in un territorio enorme. Molti villaggi sono raggiungibili solo in aereo o dopo lunghe marce a piedi nella foresta. Ma dobbiamo armarci di coraggio e pazienza perché gli indios hanno bisogno di noi. Soprattutto nel campo della salute, visto che la Fondazione Nazionale della Sanità, l’organo del governo preposto a garantire assistenza sanitaria ai popoli indigeti, opera poco e male. I soldi ci sono, ma non arrivano a destinazione.
La sfida più difficile in questa terra di frontiera è quella di far cambiare una mentalità piena di pregiudizi...
Sì, ed è proprio per questo che da qualche anno abbiamo aperto un’emittente radiofonica indipendente, Radio Monte Roraima, che vuole avvicinare le culture, eliminando i pregiudizi. Bisogna considerare che fino a qualche anno fa, i giornali, le radio e le televisioni brasiliane parlavano sempre e solo male degli indios e giustificavano le azioni illegali di polizia ed esercito. Nei prossimi mesi, poi, apriremo un grande centro culturale a Boa Vista. Ci costerà parecchio, ma è fondamentale spiegare agli altri, ai non-indigeni, che cosa è la cultura degli indios e perché va rispettata.
Voi missionari non temete le ultime ritorsioni da parte di chi non vuole modificare lo status quo?
Ci siamo abituati. In questi anni siamo stati tutti, chi più, chi meno, minacciati di morte. Alcuni di noi hanno subito imboscate. Abbiamo visto i nostri fratelli indios essere arrestati o uccisi senza motivazioni legali. È stata una vera guerra. Ma ora che abbiamo raggiunto un obiettivo fondamentale non possiamo certo demordere. Io dico sempre: la nostra vita qui è difficile, ma di sicuro non ci annoiamo...