Cronache colombiane (II)

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}50 anni di Colombia!

Il 14 marzo qui in Colombia due missionari della Consolata hanno compiuto 50 anni di sacerdozio: padre Antonio Bonanomi e il p. Salvatore Mura, quest’ultimo ha pure celebrato 50 anni di missione in terra Colombiana. Ho colto il suo invito a partecipare alla sua festa con l’impegno di realizzare un video ricordando questa bella esperienza di vita missionaria.

Abbiamo celebrato questo avvenimento vicino alla famosa e turistica città di Cartagena de Indias in una missione con gli Afro-Americani dove da vari anni lavora il p. Salvatore.

L'avventura dell'anno: "el paro armado delle Farc"


Dopo questa bella festa ho intrapreso il viaggio di ritorno, perché la Pasqua si avvicinava e qui mi è capitata “l’avventura dell’anno”!!!

Dopo un lungo silenzio la guerriglia delle Farc si fa sentire dichiarando “paro armado” nella strada tra Florencia e San Vicente e in altre località colombiane.

Il venerdì 20 marzo lo ha fatto anche per il tratto Florencia - Cartagena del Chairà.

Da Bogotà sono arrivato a Florencia proprio la mattina del venerdì, ho comprato il biglietto per viaggiare alle 14,00 dello stesso giorno, ma quando sono andato alla stazione dei bus,  mi comunicano che non si può passare, perché la strada è controllata dalla guerriglia e nessun autista e Compagnia di trasporto giustamente vuole rischiare e così mi restituiscono i soldi del biglietto.

Non resta che aspettare e sperare che tolgano questo “sciopero” forzato.

Tutte le persone che passano per le strade, proibite dalla guerriglia, con qualsiasi mezzo di trasporto sono punite anche con la morte.

Tutti i giorni mi informo sulla situazione, fino a quando il mattino del mercoledì 25 marzo alla stazione dei bus mi dicono:

“Padre sono partiti due bus uno alle 5,00 del mattino e l’altro alla 6,15, partirà un altro alle 8,00” Faccio la valigia in fretta, mi organizzo e vado alla stazione immediatamente, sono le 7,30 e mi dicono che stanno aspettando un autista che si azzarda a partire.

Chiedo se c’è pericolo e mi dicono semplicemente che gli altri due bus sono partiti e non si è sentito niente di negativo e così mi siedo e aspetto….

Poco dopo si avvicina l’ autista e mi dice: “Padre… andiamo”!!!

In poco tempo si forma un bel gruppo. Una signora si ritira all’ultimo minuto perché è tremendamente nervosa.
 
Sono le 8,12, si parte… la maggioranza si fa il segno della croce. Qui è un’abitudine abbastanza comune, però noto che l’autista se lo fa ogni volta che passiamo un paesino, per poi inoltrarci in zone isolate.

Rompo il ghiaccio e gli chiedo:

“Stiamo correndo un forte rischio?”

Mi risponde:

“Padre, ero stanco di aspettare a Florencia, devo lavorare e allora ho chiesto all’Impresa di farmi viaggiare”.

Stiamo correndo come pazzi in meno di due ore arriviamo a metà strada. Passato il paesino di Paujil, in una zona isolata, dopo una curva troviamo dei mezzi di trasporto fermi: quelli partiti alle 5,00 e 6,15 del mattino, l’auto di un signore che stava viaggiando con la sua famiglia e un altro bus che veniva da Cartagena del Chairà.

In strada troviamo gli autisti che non hanno voluto abbandonare i loro mezzi, un bambino con un braccio rotto che  assieme al  suo papà si sta recando all’ospedale di Florencia, e alcune mamme con bambini piccoli… a tutti gli altri è stato “dato l’ordine” di proseguire a piedi. Noi che siamo appena arrivati vediamo i soldati guerriglieri da lontano, e ci informano dell’accaduto le stesse persone che sono rimaste nel luogo.

Dopo qualche minuto arrivano due camion, che appena si accorgono di quello che sta succedendo tentano la fuga ritornando indietro… Sentiamo uno sparo, vediamo due soldati guerriglieri che corrono verso i due mezzi che si fermano all’istante.

Un guerrigliero si ferma, mentre l’altro va verso gli autisti, bloccando il camion e spegnendo il mezzo.

Ci avviciniamo tutti al guerrigliero armato e  noto che è molto impacciato, e quando parla non  guarda in faccia, ma verso il basso.

Gli chiediamo cosa vogliono fare con noi, e ci risponde che non possiamo proseguire, dobbiamo rimanere fermi fino a nuova ordine, inoltre continua dicendo:

“In una famiglia se qualcuno disobbedisce viene castigato”. Rimaniamo tutti senza parole.  I guerriglieri dopo aver chiesto le chiavi di tutti i mezzi si allontanano un po’ da noi e rimaniamo soli.

Inizia un dialogo e si fanno tutte le supposizioni del caso. Tutti sono d’accordo che l’Esercito non è molto lontano da qui e se arrivasse potrebbe essere una opportunità per scappare. Siamo arrivati a questo punto della strada alle 10,20 e ormai sono le 14,00, sono ormai 4 ore che siamo fermi sotto un sole cocente che ci fa sudare e accaldare, attorno non c’è un albero… solo pascoli.

Nel bus dove viaggio c’è una famiglia. Sono Afro-Colombiani vengono dal Nord della Colombia, hanno due bambini di 8 e 11 anni, i genitori sono insegnanti e hanno trovato lavoro proprio nella scuola statale della mia parrocchia.

La sete si fa terribile e  vanno in cerca di frutta, trovano delle arance e me ne offrono una, l’ho gradita molto volentieri ed è stata l’arancia più deliziosa della mia vita.

Chiedo loro se hanno paura di questa situazione, perché li vedo molto tranquilli.

Mi rispondono: “sì e no”!.

Allora mi raccontano del contesto tanto terribile della regione da dove provengono: El Chocò.

In questo territorio oltre ai militari governativi e alla guerriglia delle Farc sono presenti i paramilitari i quali non hanno nessuna ideologia, se non quella di combattere la guerriglia in nome dei potenti e sono ben pagati per ammazzare e minacciare.

Da lontano sentiamo un rumore di un motore e guardando molto  in alto vediamo un “minuscolo” elicottero, che mantiene le dovute distanze, per non essere colpito. E’ un elicottero dell’Esercito Nazionale…e ci accorgiamo che il gruppo di guerriglieri che stava sulla collina non c’è più… tutti si agitano… e in un baleno tutti pensiamo che è l’occasione buona per scappare da questo sequestro di persona durato quattro ore.

Due autisti non hanno consegnato le chiavi ai guerriglieri, tra cui il nostro, e quindi riprendiamo il viaggio a tutta velocità… arriviamo al paesino di Cartagena del Chairà, stanchi, affamati, spaventati per il rischio che abbiamo corso ma anche con “un’avventura” in più da raccontare…

Non arrivo alla porta della canonica della missione che un signore del Municipio, mi ferma. E’ preoccupato e mi chiede se ho notizie sull’Amministratore dei Servizi Pubblici del paese, se è ancora vivo in quanto era arrivata la notizia che lo avevano ucciso ed avevano incendiato auto e bus. Per fortuna nulla di tutto ciò.

Alcuni giorni dopo ho saputo che l’autista del bus che mi ha portato da Florencia a Cartagena del  Chairà, la mattina dopo è ripartito, rischiando nuovamente, per un viaggio di ritorno ma questa volta i guerriglieri lo hanno fermato ed hanno incendiato il mezzo. In altre parti del territorio la guerriglia però ha ucciso anche degli autisti che si rifiutavano di consegnare le chiavi e persone tra cui un bambino che erano in viaggio.

Il giorno dopo non riesco a partire per Remolino, perché non ci sono passeggeri sufficienti per un viaggio lungo il fiume e solo il venerdì 27 di marzo riesco ad arrivare nella mia parrocchia.

(2 - continua)
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:29

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