Kenya: Sviluppi sulla setta dei Mungiki (I)

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage}Nella mia serie di articoli sulla setta dei Mungiki di alcuni mesi fa, cercai di descrivere il più oggettivamente possibile, l’origine di questa setta, la sua istituzione e il suo scopo, con alcuni sviluppi susseguitesi nel giro di pochi anni. Ora gli sviluppi sono molto più profondi e veloci: questa setta è diventata una delle più pericolose e violente, e sempre più segreta. Ed allora un po’ di aggiornamento sarà di aiuto a tutti noi che lavoriamo in Kenya, e a quelli interessati nella situazione del paese, e specialmente per comprendere le nuove tattiche da adottarsi, e come aiutare i giovani a prendere decisioni illuminate sulla loro relazione con essa.

I nuovi sviluppi ed attività dei Mungiki fanno rabbrividire i benpensanti, ed hanno spinto il governo e le Forze dell’Ordine, a prendere decisioni draconiane, per disfarsi di questi movimenti sovversivi. Il fatto che ha determinato il governo a prendere questa risoluzione, risale all’Aprile scorso. I Mungiki invasero di notte il villaggio di Mathira, nella regione di Nyeri, Provincia Centrale, a trucidarono 29 persone quasi tutti giovani. Il giorno successivo, un gruppo di Vigilanti uccise 23 Mungiki nella località di Kirinyaga, come un segno di vendetta e di rivincita.


La reazione della nazione fu unanime e risoluta. Il Presidente Kibaki promise “una reazione immediata e decisiva contro la setta, e tutti i gruppi che sono un pericolo alla sicurezza nazionale”. Kibaki diede ordine alla Polizia di “trattare questi gruppi senza misericordia”. Il Vice-Commissario della Polizia, Beatrice Nduta, disse che i “gruppi che prendono nelle loro mani l’amministrazione della Giustizia, inclusi i Vigilanti, non sarebbero tollerati in nessun modo”. Ha poi calorosamente invitato tutti i cittadini ad “accettare la sorveglianza della Polizia, e di rigettare senza esitazione la presenza e le proposte dei Mungiki e dei gruppi vigilanti”. Concluse affermando che ogni gruppo di vigilanti “sarà considerato allo stesso modo dei Mungiki, cioè come elementi illegali e ribelli. Si può dire che ogni giorno si sono vittime e omicidi nel paese, molti dei quali perpetrati dai Mungiki o per odio, o per vendetta, o per motivi economici”. E infine concluse che “il governo e le forze dell’ordine, confrontati con questi fatti tragici, non hanno altra alternativa che dichiarare i Mungiki come una setta segreta e illegale, e non più un gruppo di protezione e di difesa degli inermi cittadini, e tutti debbono cooperare alla sua eliminazione dalla società”.

Se i crimini sono la ragione principale delle reazioni del governo, il bisogno di denaro per fare operare i Mungiki, e i mezzi per accumularlo sono pure lamentevoli e creano forte dissenso fra la gente che, in pratica, deve pagare sempre due tasse su ogni cosa. Ogni persona o famiglia che vende sulla strada qualche cosa (banane, pomodori, fagioli, e altri prodotti agricoli) debbono sborsare ogni giorno 20 scellini al capo Mungiki della zona. Se la vendita viene eseguita da un piccolo sgabuzzino, la somma può salire a qualche centinaio di sellini al giorno. Ogni mezzo di trasporto, dalla bicicletta, alla macchina e camion, paga dai 20 ai 50 scellini ogni volta che usa le strade presidiate dai Mungiki. Un corrispondente della televisione fu fermato su una strada secondaria nel villaggio di Karya, vicino la cittadina di Saba Saba: gli furono chiesti 50 scellini per l’uso della strada. Quando lui disse che aveva solo biglietti da mille sellini, e avrebbe pagato al suo ritorno, uno dei tre giovanotti che avevano bloccato la strada con le motorette, gli diede 950 scellini e ritirò il biglietto da mille. Quando il corrispondente chiese una ricevuta per non pagare nuovamente alla fine della strada, il giovane disse: “Nessuno le chiederà un centesimo in più durante questo viaggio”. E così fu! Chiunque possiede una gallina, pecore, mucche e altri animali che producono quotidianamente cibo, debbono pagare una tassa giornaliera alla setta, o l’animale viene portato via. Ma le grosse somme di denaro provengono dalla vendita di droghe e di armi. Queste sono le entrate che arricchiscono i capi della setta, e offrono qualche sollievo finanziario ai suoi membri.

Giunti a questo punto, si può ancora sperare che i giovani membri della setta possano trovare in essa un lavoro onesto, e una redenzione sociale? Tutti i capi delle religioni del Kenya presentarono questa possibilità sia al governo, che ai membri delle stessa setta, nell’occasione della giornata di preghiera per la pace e la giustizia nel Kenya. Ma questa proposta non fu mai più ripetuta. Anche questi leaders religiosi, si sono accorti che la setta è diventata una banda di gente armata, il cui fine è di sovvertire l’ordine pubblico, e di creare un governo parallelo a quello legale. Per cui, se nel passato c’era un rapporto fra i Mungiki e il Governo, con tutte le sue forze dell’ordine, di amore ed odio, ora c’è una lotta aperta, dichiarata dal Presidente, dal Commissario della Polizia, che si potrebbe sviluppare in una guerra fratricida e sanguinosa. Si sa che ci sono ancora membri del governo, del parlamento, ed anche presidenti di ingenti aziende e attività economiche di grande lucro, che usano i Mungiki per i loro interessi: ma lo fanno a loro rischio.

In alcune parti del paese, specie nella Provincia Centrale, alcuni capi di villaggi, o membri del consiglio locale, hanno condannato apertamente queste tattiche: ma immediatamente membri della setta li hanno avvicinati e hanno fatto sapere loro che, se continuano su quella strada, saranno uccisi. Alcuni politicanti, sensitivi ai motivi religiosi e alla giustizia sociale, che pensavano che la causa principale della crescita e belligeranza della setta, fosse dovuta alla povertà e mancanza di lavoro per i giovani, si stanno ricredendo. Kabondo wa Kabondo, un Assistente al Ministro del Lavoro, ha dichiarato che “la povertà e la mancanza di lavoro, sono una magra scusa per coprire i delitti della setta. Ci sono altre zone del Kenya nelle stesse condizioni economiche, e forse anche peggiori, eppure i giovani non si permettono di diventare dei criminali e assassini”. E Mr. Ndaragwa Jeremja Kioni, un membro del Parlamento, allarga l’orizzonte della reazione pacifica dei giovani alle ingiustizie a cui sono sottomessi per mancanza di lavoro, affermando che “ci sono molti altri paesi in Africa e nel resto del mondo (come in India), anche più poveri del Kenya, i cui giovani cercano vie pacifiche per trovare lavoro, per inserirsi in mini-aziende, o piccoli progetti, per vivere se stessi e far vivere gli altri”.

(1 – continua)
Ultima modifica il Sabato, 07 Febbraio 2015 21:38
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