Tutti i missionari e le missionarie che vengono qui in Italia si sentono in dovere di andare a Torino a venerare le spoglie del nostro Fondatore e ad essere consolati dalla Madonna Consolata.
In undici siamo andati a Torino per una settimana per approfondire la conoscenza della Tradizione e del Carisma IMC. Mi viene ancora alla memoria la bellezza dei luoghi che abbiamo visitato, le persone che abbiamo conosciuto, l’accoglienza che abbiamo ricevuto e soprattutto la santità legata a questi luoghi. Mi sono ricordato quando da bambino sentii il nome San Cafasso. Non avevo neanche 8 anni. Non sapevo chi fosse questo Cafasso. Allora non immaginavo che 20 anni dopo avrei avuto l’opportunità di visitare la sua casa natale e venerare le sue spoglie alla Consolata. Di Allamano ne avevo sentito parlare nel 1990 dopo la sua beatificazione. Facevo il chierichetto e mi piaceva molto San Domenico Savio, che era il nostro patrono. Il nome Don Bosco lo sentivo ogni domenica perché quel vecchio catechista doveva elencare le preghiere delle comunità di base e una di queste comunità aveva Don Bosco come patrono. Insomma, non mi aspettavo che un giorno mi sarei trovato in un piccolo paesino dell'astigiano che oggi validamente si potrebbe chiamare Castelnuovo dei Santi.
Oltre gli incontri che abbiamo fatto, mi è rimasta nel cuore soprattutto questa visita a Castelnuovo Don Bosco. Parliamo di un paesino in cui sono nati i santi Don Bosco, Giuseppe Cafasso, Domenico Savio, il Beato Giuseppe Allamano, e speriamo fra poco anche Margherita, la mamma di Don Bosco. Lo stesso paese diede il natale al Cardinale Guglielmo Massaia che influì molto Allamano nella decisione di fondare il nostro istituto. Oggi prende il titolo di ‘Servo di Dio Cardinale Massaia,’ e speriamo che anche lui diventi beato fra poco. Questo è un paesino da cui nessuno può tornare a mani vuote dopo che averlo visitato.
Ogni anno, i seminaristi di Bravetta del primo anno fanno questa esperienza. L’anno scorso non è stato possibile per motivi diversi. Abbiamo ascoltato diverse persone che ci hanno parlato su temi importanti come l’economia e la missione, la comunicazione sociale e le sue sfide, l’immigrazione e gli immigranti, ecc. Abbiamo celebrato la messa all’altare del Beato Allamano accanto al quale c’è Padre Giacomo Camisassa, l’uomo che lo aiutò molto a fondare l’istituto. In questa cappella dove ci sono anche le immagini di tutti i missionari e le missionarie martiri della Consolata, si trova anche la famosa icona della beatificazione dove Allamano, troppo alto, battezza un bambino indigeno mentre la mamma si inginocchia guardando in alto. Solo gli angeli potrebbero raccontare le battute di quegli anni quando mi mettevo a tavola dopo cena con i miei fratelli e sorelle a discutere se Allamano fosse sull’albero o se fosse la donna indigena troppo alta. E da questo quadro cominciavo a sentire parlare dell’Allamano. A culminare tutto era la visita al Santuario della Consolata per godere la dolcezza di questa donna che fece sì che il mio paese fosse evangelizzato dai missionari che portavano il suo nome.