Kenya: «Qui tè mattina e sera; non c’è più altro cibo»

Pubblicato in I missionari dicono
{mosimage} «Tutto bruciato. Un anno da diventare pazzi. L’unica acqua che abbiamo è quella del pozzo, che per fortuna non è mai scesa.

C’è solo una parola per descrivere la situazione: tremenda. Noi ci troviamo dentro una piana enorme. Non si vede una montagna all’orizzonte. Un avamposto che conterà duemila anime, tra Isiolo e Marsabit, e che si chiama Sereolipi, nella lingua locale significa ' Fiume sterile'. E questo, mi pare, già dice molto sulla nostra condizione sfavorevole. Mentre fuori, nel deserto attorno, chissà, vi saranno altri 6- 7mila individui » .

Trentino di Novaledo, Valsugana, faccia, barba e capelli bianchi che ricordano Ernest Hemingway, invidiabili 70 anni, padre Egidio Pedenzini, missionario della Consolata, 42 anni di ' safari', come si usa dire in Africa, ancora non è stanco di costruire nuove cisterne. Quello che da un anno sta facendo a Sereolipi, nel distretto di Samburu. Insieme al padre colombiano Alberto Jairo. « La scorsa settimana ha piovuto, e speriamo che lo faccia ancora per le cisterne di 47mila e 69mila litri che abbiamo realizzato a favore della gente di Sereolipi. Gli unici collettori d’acqua in non so quanti chilometri quadrati di territorio – racconta padre Egidio –. Altrimenti, i nomadi scavano nel letto di un fiume e da lì tirano fuori l’acqua che filtra dalla sabbia. Più pantano, che liquido. E devono scavare sempre più in profondità per trovarla, per loro e per il bestiame » . A Nairobi per una visita medica – a ' Fiume sterile' non esiste nulla se non la missione in costruzione, dove ancora i religiosi dormono per terra e per cercare campo per il telefono sono obbligati a fare in auto 70 chilometri – il missionario aggiunge: « La fame dalle nostre parti è tremenda. Dovreste sentire l’odore dei corpi degli animali morti che ammorba l’aria ovunque. Le capre rinsecchite, le vacche schiantate dalla fame. Questa è fame anche per la nostra gente. Dovreste vedere i loro volti macilenti e tristi. Cosa possiamo fare?


  Quando siamo in grado, li aiutiamo con un po’ di fagioli e di olio. Poche cose, quello che abbiamo: giusto per sopravvivere uno, due giorni. Viviamo in una realtà in cui dobbiamo importare tutto da fuori, dalla benzina per i viaggi ai chiodi. Se ci si ammala, resta solo da pregare Dio. Da noi diciamo: non farti distrarre da quelli che sulla strada ti possono sparare, ma tieni d’occhio la strada che stai percorrendo. Mulattiere indecenti, corrugate all’inverosimile, se prendi male una piega, ti ribalti e ti spezzi l’osso del collo » . Gli chiediamo se è a conoscenza di vittime per fame: « Morti per fame da noi? Non ancora. Tanti giovani, e questo mi fa tristezza, vengono da me per chiedermi cibo. Di quelli ce ne sono, eccome: ' Padre, dammi qualcosa da mangiare. Ho fame'. Ha piovuto nei giorni scorsi, ed è una speranza. Basta poca acqua per far riprendere la natura, il pascolo per il bestiame, quindi il latte. Nutrimento essenziale per la nostra gente. Perché dovete sapere che in tempi normali loro bevono solo una tazza di tè la mattina, con un po’ di latte. Se riescono a mangiare qualcosa a mezzodì, bene.

  Altrimenti tè e molto zucchero, di cui sono ghiotti, anche la sera, quando hanno l’opportunità di poter vendere un animale. Se quello, però, non muore. Il futuro? È nelle mani di Dio. Se le piogge sono già finite, è la fine » .
Ultima modifica il Sabato, 07 Febbraio 2015 21:34

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