I Missionari della Consolata hanno un nuovo sacerdote da sabato 19 marzo: José Brás Tavares Moreira. È stato ordinato nella sua parrocchia, a Buraca (nei pressi di Lisbona) in una celebrazione presieduta da Joaquim Mendes, vescovo ausiliare di Lisbona ma che contava anche con la presenza di Mons. Diamantino Antunes, Missionario della Consolata e vescovo di Tete in Mozambico. Concelebravano anche i padri Gianni Treglia e Bernard Obiero, rispettivamente superiore regionale e consigliere della IMC in Europa, oltre a un buon numero di sacerdoti diocesani, religiosi e Missionari della Consolata.
Non poteva mancare, evidentemente la famiglia emozionata di padre José Brás, le Missionarie della Consolata e i Laici Missionari della Consolata.
San Giuseppe: tre caratteristiche da imitare
Mons. Joaquim Mendes, nella sua omelia, ha sottolineato la "felice coincidenza" dell'evento con la solennità di San Giuseppe. “Custode e patrono della Chiesa universale, Giuseppe è anche protettore speciale del vostro Istituto". Poi mons. Joaquim Mendes ha parlato di tre caratteristiche presenti in San Giuseppe "che possono ispirare il ministero sacerdotale".
Prima caratteristica: la paternità - "Una paternità discreta, nell'ombra, che San Giuseppe assume senza dubbio partendo dall'episodio della imprevedibile gravidanza di Maria", il vescovo Joaquim ha spiegato che Giuseppe "ha il coraggio di assumere la paternità legale di Gesù e la missione misteriosamente affidatagli per assicurare la sostenibilità e la sicurezza di Maria e di Gesù. Lo fa con la sua presenza, con il suo lavoro, con una disponibilità illimitata, servendo accanto a Maria e con lei, nella fede e nel silenzio, avvolto nel mistero di Dio. “Anche fra noi - ha ricordato il vescovo- quanti ricordi di persone che sono state per noi come padri o madri senza apparire nella filiazione sulla nostra carta d'identità. Questa paternità Giuseppe l’ha vissuta non come un esercizio di possesso, ma come un dono di sé". Invitando José Brás a mettersi interamente al servizio del piano salvifico di Dio, nell'oggi della storia il vescovo ha poi aggiunto: "come sacerdoti dobbiamo esprimere una paternità capace di fare della nostra vita un dono totale a coloro ai quali il Signore ci manda, testimoniando l’amore di Dio, la sua tenerezza, la sua bontà, la sua misericordia e la sua stessa paternità con la nostra vicinanza, il nostro affetto, il nostro servizio, il dono della nostra vita”.
La seconda caratteristica di Giuseppe che il vescovo ha messo in evidenza è stata la fede. "San Giuseppe è modello di una fede difficile ma molto necessaria in certi momenti della nostra vita e del nostro ministero. Lui ha obbedito senza chiedere spiegazioni o garanzie. Con la sua fede ci insegna fidarsi di Dio include credere che Lui può intervenire anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza e nelle circostanze più avverse della nostra vita. Con maggior ragione, ricorda il vescovo, del caso della vita missionaria. La missione è sempre un cammino aperto alle sorprese di Dio, non è un cammino che si spiega, ma un cammino che si accetta e si percorre alla luce della fede. Per questo, come San Giuseppe, dobbiamo essere disposti ad andare avanti, nonostante le difficoltà, le paure e le debolezze, credendo che il Signore è con noi, e che la missione che svolgiamo non è nostra, ma sua".
La terza caratteristica nella vita di San Giuseppe indicata da questo vescovo salesiano è il suo impegno in “custodire, curare e servire". "San Giuseppe si prese cura amorevolmente di Maria e si dedicò con impegno all'educazione di Gesù con discrezione, con umiltà, in silenzio, con una presenza costante e una fedeltà totale, anche quando non poteva capire". E sulla base di questa caratteristica, il vescovo ha chiesto l'intercessione di San Giuseppe perché ci insegni "ad esercitare oggi questa bella missione di custodia, a partire da Dio, dalla sua parola e dalla lettura degli eventi". Imparare ad essere custodi del creato e dell’ambiente in cui viviamo, custodi delle persone, curando amorevolmente ognuno, specialmente i fragili, i bambini e gli anziani.
In conclusione, il prelato invita José Brás, missionario della Consolata originario di Capo Verde, "a non aver paura della bontà e della tenerezza, ad aprire le braccia per custodire l'intero popolo di Dio e accogliere con affetto l'intera umanità, specialmente i più deboli e piccoli, coloro che hanno fame o sete, gli stranieri, i malati, i carcerati... i poveri”.
Cristo confida in te!
Prima della fine della celebrazione, P. Gianni Treglia, superiore regionale dei Missionari della Consolata in Europa, ha preso la parola e ha ringraziato Dio per il dono del sacerdozio ricevuto da José Brás, e anche Mons. Joaquim Mendes per essere stato il "portatore" di questo dono. Un dono che è "per tutta la Chiesa, per il nostro Istituto e per la missione, perché siamo una famiglia missionaria", ha sottolineato, invitando il nuovo sacerdote ad assumere la responsabilità che ha appena ricevuto: "Questo dono è una grande responsabilità che Cristo ha messo nelle tue mani: Cristo confida in te! Parla come lui, fai come lui, vivi come lui ha vissuto".
Dalla messa alla tavola
La liturgia è stata molto marcata dalla gioia e dalla festa: canti, in stile missionario, ritmo e processione della Parola danzata animata dal coro della comunità e dei Laici della Consolata e subito dopo una bellissima festa di strada nel quartiere Zambujal dove la comunità ha preparato un momento conviviale accogliente e partecipato; con tanto di tamburi e danze africane, la comunità locale ha offerto un sostanzioso pranzo a tutti gli ospiti, compresa la famosa cachupa, un cibo tipico della comunità capoverdiana. Prima di tagliare la torta il l’appena ordinato padre José Brás ha espresso, visibilmente commosso, la grande soddisfazione per i momenti che ha vissuto, ringraziando la presenza di tutti che hanno aiutato a rendere quel giorno così speciale.