Il ventuno gennaio del 1972, cinquant'anni fa, moriva in un incidente aereo il vescovo di Buenaventura (Colombia) Monsignor Gerardo Valencia Cano. Direttore del dipartimento missionario del Celam (Conferenza Episcopale Latino americana), aveva partecipato al Concilio Vaticano II ed era una delle figure di spicco per il suo impegno pastorale e sociale con la popolazione afrodiscendente.
"Non si vede un vescovo come lui di questi tempi" erano le parole che sentivo dire da mia nonna quando parlava di monsignor Gerardo Valencia Cano. Era una di quelle persone che lasciano un segno indelebile nel mondo e un vescovo certamente sui generis, capace di camminare per le strade a piedi e se vedeva una casa in costruzione andava ad aiutare gli operai: portava la sabbia, mescolava il cemento e sistemava i mattoni.
Sacerdote missionario dell'Istituto delle Missioni Estere di Yarumal fu vicario apostolico della città di Buenaventura, porto colombiano sull’oceano Pacifico, dal maggio 1953 fino al 21 gennaio 1972, 50 anni fa, quando morí in un incidente aereo la cui dinamica non è mai stata chiarita e sul quale rimane il sospetto che si sia trattata di una brutale esecuzione.
Fece il suo apostolato con le comunità afrodiscendenti, che sono ancora oggi la stragrande maggioranza della popolazione della regione del pacifico colombiano e della città di Buenaventura, una popolazione storicamente esclusa e discriminata anche dallo stesso governo nazionale, come si può constatare perfino analizzando i dati storici raccolti dall’ente statistico dello stato colombiano.
Era straordinariamente attento alle persone e quando si chiede a chiunque se avesse conosciuto Mons. Gerardo frequentemente ci si sentiva rispondere “ma certo, salutava sempre tutti", "era molto semplice, si occupava e aiutava chiunque avesse bisogno". Seguendo il modello di Gesù la sua scelta è stata il popolo afro, oppresso e dimenticato dal resto della società; nelle persone e nei luoghi che frequentava è rimasto di lui un bellissimo ricordo.
Il suo coraggio nel difendere i più deboli era audace. Tra le tante storie che si raccontano, ce n'è una che spicca. Quando si stava realizzando l’ampliamento del terminale marittimo del porto di Buenaventura, le draghe che stavano scavando il fondo della baia per dare maggiore pescaggio alle enormi navi mercantili scaricavano tutto il fango sulla costa a ridosso di zone abitate. Era un modo brusco, audace e spudorato di sfollare centinaia di famiglie, occupare le loro terre e costruire il più importante porto marittimo del sud-ovest della Colombia. Mentre il fango cadeva sulle case, anche con le persone all'interno che non volevano abbandonarle, Mons. Gerardo Valencia Cano, missionario dal corpo snello e alto, teneva testa alle draghe incurante del fango che lo ricopriva.
Nelle sua predicazione e nella sua azione missionaria non si accontentava di proclamare l'amore di Dio ma denunciava anche l'oppressione del popolo e metteva tutto il suo impegno a favore di un autentico progresso della gente. L'educazione era il primo e più importante passo per questo progresso e il suo impegno si vede ancora oggi nell'Istituto Tecnico Industriale che porta il suo nome (1956), nel Collegio per la formazione degli insegnanti Juan Ladrilleros (1960) e nei primi passi di quella che più tardi sarebbe divenuta l’università del Pacifico. In attenzione ai più vulnerabili cominciò anche l'Orfanotrofio San Vicente de Paúl (1959) e la Casa “Jesús Adolescente” per i bambini di strada (1961).
A 50 anni dall'incidente aereo in cui perse la vita, per molti un crimine che rimane impunito, la sua memoria continua viva e anima ancora la spiritualità e la vitalità della sua chiesa negra.
Celebrazione in Buenaventura del 50 della morte di Mons. Gerardo Valencia Cano