I no vax el la mamma di Cecilia

I no vax el la mamma di Cecilia Foto Francesco Bernardi
Pubblicato in I missionari dicono

Cari amici, ciao a tutti.
La scorsa estate vissi anch’io (un po’) “la febbre del pallone”, attratto dalle notti magiche dell’Europeo di calcio. Seguirono le Olimpiadi e le Paraolimpiadi di Tokio con le vittorie nostrane.
Però, a Trieste, non mi accodai ai “no vax”, sedendomi piazza con loro, perché anch’io mi sono vaccinato contro il covid-19.
Tuttavia in Tanzania i vaccinati sono pochissimi, nonostante gli appelli della presidentessa Samia, in netto contrasto con il defunto presidente Magufuli. Parecchi tanzaniani scorgono nel vaccino una “stregoneria”. Quanto all’uso della mascherina, quelli che la indossano sono “mosche bianche”.

Fortunatamente il caldo di Dar Es Salaam è un antidoto al corona virus. Ma non per tutti. 
Non lo fu per me. Infatti nel marzo scorso ne fui contagiato. Trascorsi tre settimane un po’ difficili. 
Era quaresima, e pertanto mi dicevo: “Vecchio mio, in quaresima devi pur fare un po’ di penitenza. E poi, quanti milioni di persone nel mondo stanno peggio di te!”.
Verità sacrosanta. Anche quando la pandemia aveva allentato i suoi morsi mortali, in Italia si contavano in media ogni giorno 50 vittime. E non e’ finita, anzi!

Covid-19 a parte, vivo in un ambiente precario al massimo: precario per la salute, l’istruzione, l’igiene, il salario. I senza lavoro sono un esercito ovunque.
Però, di domenica, la gente muta volto. La chiesa si riempie di circa mille persone. Sono generose, festose ed anche eleganti, specialmente “il gentil sesso”. Nel pomeriggio c’è la messa dei bambini. Non capiscono un’acca della predica del prete; eppure siedono zitti e composti. 
“Altro che i nostri bambini!” esclamò una mamma italiana di passaggio in Tanzania.
Dopo la messa giocano sul sagrato della chiesa. I ragazzini (20, 30 e tutti scalzi) si destreggiano con il pallone; altri fanno il “gioco dell’oca”, disegnando il percorso sulla sabbia e usando come pegno il coperchio di una bibita. Le ragazzine abbandonano le ciabatte colorate e giocano a “palla avvelenata” (che è un pugno di crusca racchiusa in uno straccetto), oppure saltano con la corda, anche tre o quattro insieme.
Davanti alla casa dei missionari c’è un fazzoletto di prato, arido e polveroso in questa stagione; alcuni bambini vi si rotolano divertiti o fanno le capriole destando ammirazione...

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Amici, sto scrivendo cose semplici, perché qui la vita è semplice. Ma anche sofferta.
Emergono crisi nuove, di stampo psicologico, soprattutto fra i giovani. La loro dipendenza dal cellulare è totale. Senza scordare droga, alcool, prostituzione.

- Padre, mia figlia Cecilia si è persa. È una bambina di 11 anni...
Lacrime cocenti solcano il volto di quella mamma.
Cecilia abita a Sumbawanga, a circa mille trecento chilometri da Dar Es Salaam.
La ragazzina venne affidata dalla madre, vedova con altri tre figli, ad una sorella sposata, ma senza prole.
Cecilia è scomparsa. Si è persa. Non è un caso raro in Tanzania, purtroppo.
Forse Cecilia è fuggita, non sentendosi accolta dallo zio acquisito.
Forse è stata rapita, per divenire serva di qualche padrona ed essere “usata” dal suo uomo.
La mamma di Cecilia teme tutto questo. Vorrebbe andare a Sumbawanga, ma non ha soldi per il viaggio. Vedova, non può contare sui parenti del defunto marito, perché è una “estranea” per loro.

Sommessamente mi chiede un aiuto. Posso forse negarglielo?
La mamma di Cecilia venne da me prima dell'avvento, che prepara la "grande gioia" del Natale. Così cantarono gli angeli quella notte. Cecilia e sua mamma che Natale trascorreranno?

Padre Francesco Beranardi, Ubungo/Msewe, Dar Es Salaam

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