Era il 1846. Da almeno un secolo e mezzo il regno di Cho Son (la corea attuale) si era chiuso in sé stesso per paura dei vicini troppo potenti. Nessun contatto con uno straniero era permesso, pena la morte o gravi punizioni. C’era soltanto una delegazione che una volta all’anno andava fino a Pechino a portare e ricevere doni dall’imperatore del Celeste Impero. Non per niente era chiamato “il regno eremita”. Ed ecco che il re e i suoi ministri si trovano davanti questo giovane di 26 anni, che parla cinese, francese e latino. Ha una grande conoscenza dell’occidente, sa disegnare le mappe di un mondo completamente nuovo e sconosciuto per la Corea di quel tempo. Il suo nome è Kim Dae Geon Andrea. Fu il primo coreano che durante i 200 anni di completa chiusura all’esterno andò all’estero e studiò “la scienza dell’occidente”. A 15 anni partì per Macao, a piedi, in pieno inverno, camminando fino a 40 km al giorno per coprire circa 2000 km in 6 mesi. Lì continuò la sua formazione studiando la teologia cattolica in seminario insieme ad altri due compagni coreani, di cui uno morirà dopo pochi mesi. Ordinato sacerdote, tornò in Corea nel 1845, ma ben presto fu arrestato, e poiché’ era di famiglia nobile, portato davanti alla corte. Sapeva che il Re e molti alti funzionari erano disposti a lasciarlo libero e che grazie alle sue grandi e insolite conoscenze lo avrebbero coperto di onori, ricchezze e potere. Ma venne la domanda fatidica: “Sei Cattolico?” E lui senza esitare: “Sì sono Cattolico”. Torturato e poi decapitato, nel suo ultimo sermone disse che quello sarebbe stato l’inizio della sua vita eterna.
Davanti a una cultura rigidamente divisa in classi sociali e con tante ingiustizie, confessò che siamo tutti figli di uno stesso Padre, e quindi uguali perché fratelli. Questo gli costò la vita! Ma non solo a lui. Benché di famiglia nobilissima e già governatori di provincia, il suo bisnonno morì dopo dieci anni in prigione per la fede, suo papà fu martirizzato e sua mamma costretta a elemosinare per vivere. E con loro una schiera incalcolabile di cristiani: si parla di almeno 10,000, e alcuni sostengono fino a 40,000 martiri per la fede, in un periodo di 100 anni di persecuzioni.
Il modo in cui la fede arrivò in questo regno ermeticamente chiuso ad ogni influenza esterna ha del meraviglioso. Durante uno dei viaggi a Pechino della suddetta delegazione, alcuni studiosi confuciani si imbatterono nei libri di Matteo Ricci sul Cristianesimo scritti in cinese. Qui si parla del 1777 circa. Leggendo di questa “nuova dottrina” la riconobbero come vera. Nel giro di 12 anni, quando il primo prete cinese riuscì ad entrare in Corea, si sviluppò una chiesa che contava 4,000 battezzati, tutti laici. E nel 1796 erano 10,000.
* Missionario della Consolata, lavora in Corea del 1988