Quando pensiamo alla prigione, che cosa ci viene subito in mente? Magari persone prive della libertà, delinquenti che non sono in grado di cambiare la loro vita e macchinano vendetta e delitto. Non sempre è così. Nella nostra comunità formativa di Mendoza abbiamo avuto la fortuna di avvicinarci a questo mondo con occhi nuovi e abbiamo fatto l’esperienza di imparare come una persona priva di libertà può anche insegnare ad avere prospettive nuove sulla vita.
L’occasione ci è stata offerta dagli incontri di ESPERE (Scuole di Perdono e Riconciliazione) nel carcere di Almafuerte, la più grande prigione di Mendoza con una capacità di mille trecento detenuti. Per raggiungere la cappella, dove abbiamo avuto i colloqui, abbiamo dovuto attraversare ben 9 cancelli di ferro e con il padre Roberto e la signora Diana Sosa (direttrice del Collegio della Consolata di Mendoza), che sono giunti alla fine di tre anni di formazione sul tema del perdono, abbiamo lavorato con un nutrito gruppo di detenuti.
Con un metodo partecipativo -fatto di lavoro personale, in gruppo e anche celebrazione- si è cercato di affrontare le conseguenze delle trasgressioni che producono ferite difficili da sanare e mettono a repentaglio le relazioni sociali, il senso della vita e la fiducia in se stessi. Spesso si cerca di scaricare la colpa delle nostre trasgressioni su altri evadendo le responsabilità personali invece una cultura di convivenza e pace sostenibile esige affrontale in noi stessi prima di confrontarci con l'altro.
Nel primo passo si cerca di creare un ambiente sicuro. Si comincia con la conoscenza di se, guardando nel libro della storia personale gli eventi che hanno marcato positivamente o negativamente la propria esistenza, le cicatrici che ci siamo procurati o abbiamo ricevuto in momenti significativi nella vita.
Nel secondo passo trattiamo di uscire dall'oscurità alla luce: in questo passo cerchiamo di elaborare e gestire la rabbia. La ragione più ovvia per il perdono è liberarci dagli effetti della rabbia cronica e del risentimento che sono le due emozioni che arrecano danno a noi stessi prima che ad altri. Queste due emozioni prosciugano le nostre energie, ci lasciano sordi ai nostri sentimenti profondi e impediscono il perdono.
Il terzo passo è la decisione di perdonare. Si comincia guardando come ci comportiamo generalmente quando siamo offesi e ci sentiamo vittime. Riconosciamo gli impatti che vediamo in noi stessi, in che modo è lesa la nostra stessa salute e che effetti si producono nella nostra esistenza. Solo con queste condizioni si può prendere la decisione di perdonare: è prima di tutto un processo che insegna ad amare e accettare noi stessi e aiuta a far luce su paure, giudizi e critiche che sono diventati la nostra prigione dalla quale non riusciamo a liberarci. Perdonare è come una nuova nascita è legata all'esperienza della compassione e dell’amore verso noi stessi.
Il quarto passo ci invita a guardare con occhi nuovi. Il perdono è un processo che esige un nuovo sguardo; vediamo in modo nuovo tutto ciò che si è prodotto nella nostra vita; riconosciamo con tranquillità le cose che ci offendono e i nostri sentimenti quando siamo offesi o offendiamo. Dopo questo passo cambiamo i nostri punti di vista e le nostre prospettive e a questo punto anche la visione che possiamo farci dell’aggressore.
Solo a questo punto, nel quinto passo cerchiamo di capire colui che ci ha offeso. È un passo importante che allarga l'orizzonte di non giudicare da noi stessi fino agli altri. Qui il perdono ci porta a cambiare il nome da colpevole a vicino, rompe le catene e pulisce il dolore. In questo modo ci liberiamo e ci impegniamo a iniziare un nuovo e fruttuoso cammino bruciando i dolori del passato.
Dopo aver partecipato a questi incontri sappiamo molto chiaramente che la vita è una lotta e un conflitto che molto spesso obbliga a combattere e difenderci. L'unico strumento che abbiamo a disposizione per liberarci dai nostri fardelli di rabbia, risentimento e desiderio di vendetta è il perdono. Il perdono è una decisione definitiva che offre nuove armi per superare i normali conflitti della vita: il dialogo e la tolleranza.