Il mio Primo Natale in Marocco

Pubblicato in I missionari dicono

Un amico mi ha chiesto come ho vissuto il mio primo Natale qui in Marocco. Sono arrivato più di due mesi fa in questa missione di Oujda, nella parrocchia Saint Louis, una realtà con la particolarità di lavoro e convivenza con persone immigrate che passano da qui dopo aver attraversato la frontiera di Algeria con il Marocco a soli 15 km da noi, quasi tutti loro con l’intenzione e la speranza di seguire il loro tragitto verso l’Europa. Tuttavia, abbiamo una sessantina di cattolici che sono a maggioranza studenti universitari subsahariani che frequentano la parrocchia.

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Ma allora, com’è stato il Natale? Semplice, dentro, interculturale, interreligioso, e con la venuta di “Gesù immigrato”! È stato un Natale semplice, senza le sottigliezze religiose e culturali come quelle dei paesi più cristiani. È stato dentro, inteso come spazio della chiesa ma anche “dentro” con il senso di interiorità, perché come sapreste, i cristiani siamo una minoranza e soprattutto le manifestazioni religiose sono per lo più “a porte chiuse” (come nel Cenacolo!?). La celebrazione liturgica di vigilia è stata alle ore 18 per poter finire prima del coprifuoco alle ore 20 in questo tempo della pandemia. Inoltre, è stato un Natale interculturale e interreligioso tenendo conto che anche se ci sono una quarantina di migranti (più del 96% di loro musulmani) alloggiati nella parrocchia, nella Messa di Vigilia di Natale alle ore 18 siamo stati una sessantina da vari paesi (Francia, Spagna, Italia, Kenya, Madagascar, Costa d'Avorio, Gabon, Guinea-Bissau, Camerun, Mali, ecc.), anche qualche marocchino che era venuto a vedere/conoscere. Il nostro umile presepe è stato fatto con delle coperte, simbolo da ciò che viviamo qui.

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Comunque, abbiamo ricevuto “Gesù immigrato”. La notte stessa di vigilia, un Gesù (guineano) è «nato» (arrivato) all'una. Dopo, alle ore 4 del mattino sono arrivati due «pastori» (sudanesi); alle ore 7 del mattino sono arrivati due “Re Magi” (camerunesi)...! Quindi così è stato il nostro Natale con “Gesù immigrato”, un giorno diverso ma uguale a tutti i giorni da queste parti. Un giorno diverso perché era Natale, sebbene fosse simile agli altri giorni, appunto con l’arrivo e l’attenzione alle persone immigrate.

Le rote della migrazione che passano per Marocco

Le rote della migrazione che passano per il Marocco

Altre esperienze e i giorni successivi

Ho avuto uno scambio allettante di idee con una amica marocchina che voleva sapere perché festeggiamo la nascita di ʿĪsā (Gesù) il giorno che secondo i musulmani è sbagliato, perciò gli ho spiegato il senso di Natale partendo dell’identità di Gesù per noi i cristiani e dalla incertezza della data storica. E il giorno 2 gennaio abbiamo avuto una Messa online organizzata dai Laici Missionari della Consolata a livello della Regione Europa, e in questo modo mi sono sentito ancora più vicino alla Regione Europa pregando insieme, e chiacchierando un po’.

Nella prima settimana dell’anno ho partecipato a un momento arricchente di formazione a Rabat per i nuovi agenti di pastorale arrivati alla diocesi in quest’ultimo anno, 22 (preti, religiosi e laici) di 15 nazionalità. Abbiamo approfondito di più sull’Islam, la cultura marocchina, la situazione della donna, senza dimenticare la realtà della chiesa e il fenomeno della migrazione in Marocco. Mi ha colpito la preghiera che facevamo del ’Abā-nā ladhî, Padre Nostro in arabo, invocando la comunione con la gente di questa terra. Il cardinale-vescovo Cristóbal di Rabat ha auspicato una buona integrazione nella società e nel lavoro pastorale.

Incontro di formazione per i nuovi agenti di pastorale a Rabat

Incontro di formazione per i nuovi agenti di pastorale a Rabat

Di ritorno a Oujda da Rabat sono passato da Meknés, conoscendo l’ammirabile lavoro della parrocchia con le persone immigrate e il coinvolgimento stupendo della comunità dei frati francescani (due italiani e un francese) nella vita della società marocchina al quartiere di Medina, con un centro di formazione per i ragazzi; e ho apprezzato enormemente soprattutto la fraternità fra i frati ma anche la loro relazione con la gente del posto. Mi auguro che possiamo essere messaggeri fedeli e felici di colui che è la Buona Notizia, malgrado la discrezione delle circostanze, perché siamo fratelli tutti! 

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