Ka Ubanoko: migranti ottengono nuova scadenza per liberare l’area

Pubblicato in I missionari dicono

Il Ministero pubblico federale (MPF) e l’Operazione Accoglienza in Boa Vista, Roraima, hanno definito che gli 850 migranti venezuelani appartenenti alla comunità Ka Ubanoko, localizzata nel quartiere Joquei Clube, zona Ovest di Boa Vista, vecchio Club dei Lavoratori, lascino il luogo in dicembre di quest’anno.

Nel pieno della pandemia da Covid-19, il giorno 17 di settembre, l’Operazione Accoglienza aveva comunicato che la comunità formata da indigeni di etnia warao, pemon, enepa e karina, ma anche da non indigeni, avrebbe dovuto lasciare l’area di Ka Ubanoko entro il giorno 28 di ottobre.

I leader di Ka Ubanoko (che significa «dormitorio comune» in lingua warao), comunità creata nel marzo 2019, non hanno accettato una decisione unilaterale e vogliono che siano rispettati i propri diritti di una «consultazione libera, previa e informata».

Leany Torres, Leader Warao. Foto: Archivio Personale

Leany Torres, leader warao, afferma che aver rimandato la scadenza al mese di dicembre non è stata una decisione concordata con la comunità di Ka Ubanoko e riafferma l’importanza di poter decidere del futuro insieme agli abitanti della comunità.

Leany spiega che il primo di ottobre, è stato loro comunicato dal generale Antonio Manuel de Barros, della Forza Tarefe dell’Esercito brasiliano, coordinatore della Operazione Accoglienza, il rinvio della scadenza. Una decisione, ancora una volta già presa senza consultarli. Secondo Leany, la popolazione indigena sta costruendo diverse proposte alternative e con questa nuova data «abbiamo la possibilità di aprire percorsi per nuove proposte. Noi e le istituzioni, abbiamo bisogno di più tempo per poter meglio organizzare. Per il momento vorremmo andare in un terreno che ci permetta di sviluppare le nostre attività secondo i nostri usi e costumi. Promuovere l’educazione, la salute, la piccola impresa, la cultura e la produzione, tra le altre cose, per integrarci nella società brasiliana. Il modello Rifugio (abrigo) non è una soluzione, perché vogliamo lavorare la terra e integrarci nella società, per questo è necessario un terreno», afferma.

Pensando alla possibilità che l’Operazione Accoglienza accetti, un’altra proposta che gli indigeni non scartano è partire per altre città brasiliane (interiorização). Questo perché molti indigeni, in particolare i giovani, vivono già in contatto con i non indigeni e vogliono lavorare la terra e vivere con le proprie famiglie del gruppo indigeno.

La comunità discute le proposte per il futuro di Ka Ubanoko. Foto: Leany Torres

Se dovessero andare in un Rifugio, gli indigeni non vogliono il modello di Pintolandia o di Pacaraima, ma vorrebbero che l’amministrazione fosse fatta insieme. «L’esperienza vissuta nella comunità Ka Ubanoko, con una coordinazione di capi indigeni (cacique o aidamo in warao), deve essere di modello. Vogliamo che gli aidamo, insieme con un amministratore, coordinino la gestione del Rifugio con informazioni e decisioni sul bilancio, per garantire l’educazione, la salute e le altre questioni importanti. Che sia un Rifugio adattato culturalmente con il nostro modo di vivere, dove possiamo essere protagonisti nella gestione interna a partire da un diagnostico comunitario».

Oltre all'amministrazione, gli indigeni suggeriscono pure di migliorare la struttura, con la piantumazione di alberi.

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Rifugio “Jardim Floresta” dove vogliono trasferire i residenti a Ka Ubanoko. Foto: Izaías Nascimento

Secondo Leany, l’ambiente adesso è più tranquillo e non si sente quella pressione psicologica che avevano sentito appena ricevuta la notizia dello sfratto. Così vogliono continuare le attività della comunità già pianificate, come celebrare il Giorno della Resistenza indigena (12 di ottobre), realizzare un incontro con indigeni brasiliani sul tema della salute e, per la parte religiosa, celebrare i battesimi dei bambini. Devono anche partecipare all'elaborazione del piano strategico 20121 con l’Alto commissariato per i rifugiati (Acnur / Unhcr).

Per il Procuratore della Repubblica, Allison Margual, «quello che preoccupa il MPF (Ministero pubblico federale) è l’inesistenza di piani che prevedano la consultazione della popolazione indigena e che incontri i diversi bisogni di questa comunità».

In accordo con l’Operazione Accoglienza, il trasferimento che era programmato non si trattava di ordine di sfratto agli indigeni, ma di compimento del piano di emergenza per le occupazioni spontanee, elaborato in marzo, che vuole chiudere le occupazioni nella capitale Boa Vista.

Sempre secondo OA, oltre alla proposta di portare i migranti in rifugi c’è la possibilità di farli andare in altre città, solo per i non indigeni, con appoggi per pagare l’affitto.

* P. Jaime C. Patias, con informazioni della comunità Ka Ubanoko. Traduzione dal portoghese di Marco Bello, giornalista.

Ultima modifica il Lunedì, 12 Ottobre 2020 08:34

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