Inclusiva, lungimirante, sostenibile. Ecco l’Europa che vogliamo

Pubblicato in I missionari dicono

In occasione delle elezioni del 26 maggio per il rinnovamento del parlamento dell’Unione europea, noi missionari cattolici di diverse famiglie e provenienze che facciamo parte della CIMI (Conferenza Istituti Missionari Italiani) e che siamo presenti nel sud e nel nord del mondo vogliamo condividere il nostro sogno e le nostre preoccupazioni sull’Europa, a fianco delle vittime dell’umanità ferita a causa dell’attuale sistema economico-finanziario che uccide creature e creato,

Auspichiamo innanzitutto che l’Europa riconosca il contributo della comunità degli immigrati sul piano economico, sociale, culturale e religioso. Gli immigrati sono portatori di diversità che non è una minaccia all’unità ma un arricchimento per la società e una opportunità di crescita per tutti sulla base dei valori condivisi nel rispetto dei diritti umani, delle regole democratiche, nello spirito di fratellanza e solidarietà.

L’immigrazione di giovani uomini e donne, sebbene costituisca un impoverimento per i loro paesi di origine, è per noi una risorsa necessaria per rinnovare il continente europeo in fase di decrescita demografica con tassi di natalità sempre più bassi e con un aumento della popolazione anziana. Per mantenere costante la popolazione attiva l’Europa ha bisogno di 7 milioni di lavoratori stranieri nei prossimi venti anni. L’Italia per lo stesso periodo dovrebbe accoglierne 325mila in età di lavoro.

Siamo fortemente preoccupati per la deriva sovranista che si sta diffondendo un po’ ovunque in Europa e che, nella sua retorica populista, guarda agli immigrati soltanto come un pericolo per la sicurezza e una minaccia ai privilegi acquisiti, alimentando sentimenti xenofobi e di ostilità verso gli stranieri, soprattutto quelli di origine africana.

Siamo altresì preoccupati per l’assenza di empatia e l’indifferenza che percepiamo in Europa, anche tra non pochi cristiani, verso le sofferenze e le situazioni di gravi difficoltà in cui vivono molti fratelli e sorelle in tanti paesi del sud del mondo.

Riteniamo perciò inaccettabile la politica dei porti chiusi adottata dal governo italiano che impedisce a profughi in fuga da guerre, fame e persecuzioni e a migranti in cerca di opportunità di lavoro di trovare rifugio nel nostro paese. Siamo preoccupati ancora di più per la sorte di decine di migliaia di immigrati rinchiusi nei famigerati centri di raccolta in Libia dove le loro condizioni di vita sono ulteriormente peggiorate a seguito della guerra civile scoppiata recentemente. L’Italia e l’Unione europea si mobilitino per realizzare corridori umanitari che garantiscano il loro trasferimento in paesi dove ci sia pace e condizioni di vita migliore.

Riteniamo iniquo, immorale e contrario alle convenzioni internazionali l’ostruzionismo applicato dal governo italiano nei confronti di organizzazioni non governative che con le loro navi cercano di prestare soccorso in mare ai naufraghi. A causa di questo boicottaggio tanti nostri fratelli e sorelle profughi sono morti annegati e continueranno a morire per omissione di soccorso. La guardia costiera libica, sostenuta dal governo italiano, spesso non interviene per salvare in mare quanti sono in pericolo e, quando interviene, riportato indietro i profughi nei lager libici dove uomini, donne e bambini sono sottoposti a torture, violenze e privazioni di ogni tipo.

Inoltre, disapproviamo il decreto Sicurezza e immigrazione del governo che equipara la questione immigrazione a un problema di sicurezza, abolisce di fatto la protezione umanitaria per la concessione del diritto di asilo, smantella gli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e di conseguenza lascia per strada migliaia di migranti trasformati in clandestini.

Chiediamo che l’Italia aderisca al Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare (Global Compact), firmato da 164 paesi in sede Nazioni Unite a Marrakech (Marocco) il 10 dicembre 2018. È un testo quadro non vincolante volto a regolare le migrazioni internazionali a vantaggio sia dei paesi di arrivo sia dei paesi di partenza, nonché degli stessi migranti.

L’Europa che si appresta a votare il nuovo parlamento affronti con urgenza e lungimiranza l’emergenza clima e la gravissima crisi socio-ambientale a livello planetario. È necessaria e urgente una conversione ecologica. Lo dobbiamo alle giovani generazioni e a quelle future che rischiano di trovare un pianeta devastato perché noi, generazione adulta. non lo abbiamo saputo custodire. Il pianeta si va surriscaldando sempre di più ed è imperativo che l’Europa difenda il trattato Cop 21 di Parigi nel 2015 per contenere le emissioni dei gas serra e l’incremento della temperatura, e si impegni sempre più a fondo nella riduzione dei rifiuti e dell’inquinamento.

I nuovi eletti al Parlamento di Strasburgo ascoltino le proteste silenziose e pacifiche dei giovani che, sollecitati dall’esempio di Greta Thumberg, stanno dicendo a governi e istituzioni internazionali che il tempo delle chiacchiere è finito ed è ora di passare ai fatti per evitare la catastrofe.

La conversione ecologica è dovuta anche ai paesi più poveri del mondo che, sebbene contribuiscano in maniera minima al surriscaldamento del pianeta, pagano il prezzo più alto dei cambiamenti climatici. Le popolazioni di questi paesi si trovano più sprovviste di mezzi e competenze nell’affrontare i danni di prolungati periodi di siccità e devastanti alluvioni e cicloni.

Il nuovo parlamento europeo che uscirà dalle prossime elezioni si impegni con determinazione nel perseguire la transizione dalla produzione energetica basata sulla combustione di fossili alla produzione di energie pulite e rinnovabili.

L’Europa che ha fatto alcuni passi significativi per la riduzione di emissioni di gas a effetto serra metta in atto politiche che premiano esempi virtuosi che utilizzano energia pulita e sanzionino pratiche che continuano a inquinare e accrescono il tasso di emissioni nocive nell’atmosfera.

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