Una festa speciale!

Pubblicato in I missionari dicono

Il 20 giugno viene commemorata la Consolata. La Consolata è la patrona dell’Arcidiocesi di Torino e il nome Consolata deriva probabilmente dal dialetto piemontese usato per semplificare il nome latino ‘Consolatrix afflictorum’ (Consolatrice degli afflitti). Il suo culto è antichissimo e a Lei è dedicato il santuario più autorevole della città di Torino. L’attuale santuario sorge sui resti antichi, ancora visibili, di una delle torri facenti parte della muraglia di cinta costruita intorno alle prime colonie romane, la cosiddetta ‘Julia Augusta Taurinorum’. L'immagine che si venera nel Santuario della Consolata a Torino è un'antica icona bizantina che rappresenta la Madonna con il Bambino. L'origine e la storia del quadro sono strettamente collegate con il Santuario mariano di Torino.

Secondo la tradizione fu il primo vescovo di Torino, S. Massimo, a portare l'icona nella città piemontese alla fine del IV secolo, avendola ricevuta in dono da S. Eusebio vescovo di Vercelli al ritorno dall'esilio in oriente. Nel corso dei secoli le vicende che si sono succedute nella città piemontese sono state tante, ma ciò che è importante sottolineare è la grande devozione alla Vergine del popolo torinese in tutti i tempi.

La riscoperta dell'attuale immagine della Vergine, venerata sotto il titolo di Consolata nel Santuario di Torino, è avvenuta nel 1979 a seguito di un furto quando alla base del dipinto si poté individuare chiaramente una scritta formata da belle lettere maiuscole: "S. MARIA DE PPLO DE VRBE". È stato allora accertato che il quadro era una copia dell'Icona venerata nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma. L'autore della replica torinese è stato abbastanza fedele al modello romano pur lasciando la propria impronta sull'opera.

La Consolata di Torino è dipinta su tela ad olio e non a tempera, il fondo oro è stato riprodotto in verde scuro. La festa liturgica della Vergine Consolata è celebrata a Torino come patrona della città il 20 giugno (la storia narra che l'icona, già presente fin dal IV secolo in una chiesa dedicata a sant'Andrea, era stata smarrita ed un cieco proveniente da Briançon (oggi in territorio francese), proprio il 20 giugno 1104, ricuperò la vista cercandola. 

Il nostro Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, amava moltissimo la Madonna Consolata con un amore ed una devozione carissime. Tant’è vero che possiamo dire che nell’Allamano c’è impressa l’impronta di Maria! Scriveva uno dei biografi dell’Allamano: «Se alla morte si fosse aperto il suo cuore, vi si sarebbero trovate incise due parole, Consolata e Missioni», i suoi grandi amori, come i due polmoni che diedero il respiro all’intera sua esistenza. Dando inizio a due famiglie missionarie, il Fondatore volle che fossero plasmate dall’impronta di Colei che lui chiamava, con affetto filiale, la «cara» Consolata e di cui si definiva il segretario, «il tesoriere». Non è possibile, allora, parlare dell’Allamano, capirne la spiritualità, stupirsi della sua intensa attività, senza tenere conto della Madonna che per lui era semplicemente… la Consolata.

Parlando un giorno ai suoi missionari, gli scappò di dire: «Che volete… È una devozione che va al cuore. Se dovessi fare la storia delle consolazioni ricevute dalla Madonna in questi quarant’anni che sono al santuario, direi che sono quarant’anni di consolazione». La Consolata fu dunque per lui una presenza dolce e materna che l’accompagnò in tutti i momenti della sua vita: mentre si preparava a diventare sacerdote e perse la sua amatissima mamma; negli anni in cui fu rettore del più famoso santuario di Torino; ma soprattutto quando, aprendo la sua chiesa locale alla Missione in Africa, diede ai suoi figli e figlie, come obiettivo di vita quello di diffondere «la gloria di Maria alle genti», questa donna eccezionale, diventata per l’occasione anche «fondatrice»: «Non è infatti la SS. Vergine, sotto questo titolo, la nostra Madre e non siamo noi i suoi figli? Sì, nostra Madre tenerissima, che ci ama come la pupilla dei suoi occhi, che ideò il nostro Istituto, lo sostenne in tutti questi anni… La vera Fondatrice è la Madonna!».

La Consolata, da lui amata, invocata e annunciata, oltre che modello di vita consacrata per la Missione, diventò così Consolatrice, la Madonna missionaria che, con lo slancio dei discepoli missionari, donne e uomini di Vangelo, cammina sui sentieri dei continenti, visita le case dei poveri, entra nel cuore dei popoli come segno di speranza e di consolazione. E fu con il suo nome sulle labbra e nel cuore che i missionari aprirono nel Kikuyu (Kenya) il primo campo di apostolato dell’Istituto; fu alla Consolata che dedicarono la prima stazione di Tusu a cui si aggiunsero tutte le altre e che il Fondatore volle fossero dedicate alla Madonna.

Con questa «impronta mariana», voluta e vissuta dal loro Fondatore, anche oggi i missionari e le missionarie della Consolata non si stancano di annunciare Gesù, figlio di Maria e vera consolazione del mondo. Quest’anno ho avuto l’onore di poter celebrare la nostra festa della Consolata nella comunità missionaria di Gambettola (Cesena).

È stata una festa molto particolare e sinceramente sorprendente perché ho visto molte persone volontarie che insieme, naturalmente ai cari missionari, si sono rese disponibili e hanno animato con impegno e grande generosità tutto il dedicato alla Consolata. La festa è stata caratterizzata da una settimana di animazione missionaria fatta di preghiera: ogni giorno la Santa Messa presieduta dai sacerdoti parroci vicini ai missionari. Infine, il sabato sera si è svolta una bella processione per le vie cittadine con una folla che partecipava e l’immancabile musica e danze che sempre scaldano il cuore dei romagnoli.

Ma, la festa della Consolata ha anche i contorni missionari, per cui sono stati allestiti degli banconi dove le persone potevano acquistare da mangiare: polenta, piadina…a volontà, insieme ad una pesca ricca di premi, tutto per avere occhi e cuore aperti al mondo con la speranza di poter lasciare anche un segno concreto di solidarietà, grazie a tutti i partecipanti: a tal fine i promotori hanno scelto due progetti a cui verranno devolute le offerte raccolte nel corso dell’evento: aiuto e sostegno per due missionari della Consolata: padre Angelo Casadei, missionario nostrano di Gambettola, padre Vedastus Kwajaba missionario in una zona povera e abbandonata del Tanzania. Un modo per ricordare che la missione invita tutti a fare qualcosa di concreto, ognuno con le proprie possibilità.

La festa era aperta è stata dedicata a tutti, nessuno escluso: passanti, cittadini, bambini, giovani, adulti, anziani che hanno potuto toccare con mano che la missione è sempre possibile, se a metterla in moto c’è Gesù: “Senza di me non potete far nulla” dice il Maestro nel Vangelo di Giovanni (15,5), ma con Lui possiamo tutto.

La festa è stata anche arricchita dalla presenza del vescovo di Cesena, Monsignore Douglas Regattieri che ha partecipato alla processione e poi, ha rivolto una riflessione ai fedeli presenti commentando la corono del rosario missionario fatta di cinque colori diversi per indicare i diversi Continenti del mondo, la diversità delle persone e delle culture, ma l’unione e la solidarietà affinché rimanga Rosario unito e sia segno della fraternità universale che Cristo ha portato e che la missione con i suoi missionari persegue. Il Rosario missionario ha lo scopo di far pregare per la pace nel mondo e per la conversione di tutti gli uomini. I cinque colori diversi rappresentano i cinque continenti e richiamano l’intenzione secondo la quale si deve pregare. La decina del Rosario, quella bianca è per la vecchia EUROPA, perché sia capace di riappropriarsi della forza evangelizzatrice che ha generato tante Chiese; la decina gialla è per l’ASIA, che esplode di vita e di giovinezza; la decina verde è per l’AFRICA, provata dalla sofferenza, ma disponibile all’annuncio; la decina rossa è per l’AMERICA, vivaio di nuove forze missionarie; la decina azzurra è per il continente dell’OCEANIA e dell’Australia che attende una più capillare diffusione del Vangelo. 

Grazie di cuore a tutti e siamo consolatori perché consolati. Come diceva l’Allamano: “Il nome che portate, deve spingervi a divenire ciò che dovete essere!”: Auguri e grazie!

Coraggio e avanti in Domino.

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