"Basta violenza. Siamo stanchi di tanto sangue innocente. In 20 anni ci sono stati più di 8 milioni di morti. E il silenzio della comunità internazionale: ignoranza o complicità?” Questa domanda del padre Dieudonné Kambale, sintetizza il dramma che si perpetua nella Repubblica Democratica del Congo, paese dell'Africa centrale, recentemente tornato alla ribalta per l’ acuirsi della grave crisi politica, economica e sociale. I conflitti regionali e la morte di tanti innocenti, con la complicità del governo, diffondano paura fra la gente e costringono tanti a lasciare il paese.
Per informare l’opinione pubblica e denunciare questa situazione, domenica scorsa, 11 febbraio, la comunità congolese presente a Roma, ha organizzato una manifestazione per la pace e la democrazia nel Paese. Oltre 300 persone provenienti da diverse parti d'Italia, hanno partecipato alla Santa Messa nella chiesa della Natività in Piazza Pasquino. Canti, preghiere e testimonianze hanno ricordato le vittime della violenza; altri interventi invece hanno reiterato con forza l’appello per le dimissioni del presidente Joseph Kabila, che è al potere dal 2001.
Nonostante la chiesa fosse affollata, Imani Mihigi Saleh, bambina di 1 anno e 7 mesi, durante la celebrazione, continuamente si liberava dalla presa delle braccia della mamma, per correre e giocare davanti all'altare. Imani rappresenta il sogno di tanti bambini congolesi di poter crescere sani e, soprattutto, in pace. Gli occhioni di Imani, ci ricordano della domanda lanciata pochi giorni fa, dal pastore David Ekofo: "Che tipo di Congo lasceremo ai nostri figli?" A causa delle critiche mosse al governo di Kabila, il pastore è stato costretto a fuggire negli Stati Uniti per salvare la vita.
Dopo la messa, è iniziato il corteo che ha raggiunto Piazza San Pietro. Lungo il percorso i passanti e i pellegrini hanno potuto leggere i poster e gli striscioni e capire il motivo della manifestazione. In Piazza nella preghiera con Papa Francesco oltre al Congo si è stato ricordato anche il terribile conflitto che investe il Sud Sudan.
Molti i presenti alla manifestazione, molti preti, religiosi e religiose, ma non solo, anche gruppi ed associazioni ecclesiali che hanno dato la loro adesione al nostro appello che si sono uniti a noi.
Padre Syvestre Kumbo Du Sa Adesengie, cappellano della comunità cattolica congolese a Roma, ha chiesto la difesa di un'unica bandiera: "l'unità e l'integrità del paese". Il padre gesuita, Rigobert Kyngu, ha rafforzato l'appello con una dichiarazione in inglese rivolta a tutti gli amici del Congo.
In Piazza San Pietro, gremita di pellegrini, con gli occhi rivolti a Papa Francesco, la signora congolese Elenga Antonietta, in Italia dal 2000, riassume il sentimento del suo popolo. "Siamo qui per ringraziare Papa Francesco, per il suo impegno a favore della pace in Congo. E anche per denunciare il silenzio del mondo mentre giorno e notte, nel nostro amato Paese, muoiono molte persone ... È un massacro. Basta versamento di sangue innocente! Abbiamo bisogno di pace per creare un futuro migliore per i nostri figli”, ha esclamato Antonietta.
La piccola Imani che durante la messa giocava, nella marcia vieni portata alle spalle. Una bambina, sveglia, attenta, come se intuisse l’importanza di quello che stava succedendo, e il coraggio dei suoi connazionali “grandi” per garantire a lei e ai bambini come lei, un futuro di pace.
Stupisce e nello stesso addolora il silenzio della comunità internazionale, d’altra parte comprensibile nella logica degli interessi dei grandi potentati economici internazionali che mantengono Kabila al potere in cambio di poter continuare a saccheggiare, impunemente, le innumerevoli ricchezze del Congo.
Per capire il caso
Il presidente Kabila si è rifiutato di lasciare la carica alla scadenza del suo mandato in 2016 e non ha ancora indetto nuove elezioni. Le manifestazioni antigovernative, promosse soprattutto dal coordinamento dei laici della Diocesi della capitale Kinshasa, sono spesso finite nel sangue. L’ultima, il 22 gennaio scorso, ha visto la morte di sei persone, oltre settanta feriti e l’arresto di 115 attivisti tra cui dieci sacerdoti. La Conferenza Episcopale del Paese ha emanato una dichiarazione denunciando l’inasprirsi del clima di odio ed ostilità verso i religiosi cristiani, vittime di violenze e sequestri, come successo la scorsa settimana a padre Sebastien Yabo, residente nella periferia di Kinshasa.
Sulla situazione generale in cui versa il Paese, sugli scontri tra l’esercito e alcune milizie ribelli nelle regioni orientali del Kivu, l’Onu ha espresso più volte preoccupazione, chiedendo il rispetto del processo di pace stabilito dagli accordi di San Silvestro del 2016, che vietavano a Kabila di candidarsi per un terzo mandato, e, nello stesso tempo, gli chiedevano di indire nuove elezioni entro la fine di quest’anno.
La solidarietà del Papa
Alla fine dell’Angelus Papa Francesco ha salutato la comunità congolese presente in piazza con parole di incoraggiamento, promettendo preghiere per la pace nella Repubblica Democratica del Congo. Il Santo Padre ha poi ricordato la Giornata di preghiera e digiuno indetta per il prossimo 23 febbraio per la pace e la giustizia in Congo e in Sud Sudan.
Una voce fuori dal cuore, quella del nostro Papa, che già nell'Angelus del 15 agosto 2016, aveva criticato il "silenzio vergognoso" che favorisce la perpetuità dei conflitti e la morte di innocenti senza "peso nell'opinione mondiale".
I missionari della Consolata lavorano nella Repubblica del Congo dal 1972 in diversi contesti di evangelizzazione. In mezzo alla sofferenze di tanti e inseriti nella Chiesa locale, i missionari cercano di essere segni di consolazione. Oggi i missionari della Consolata in Congo sono 22 sacerdoti, quattro fratelli e un diacono nelle diocesi di Kinshasa, Kisantu, Isiro-Niangara e Wamba. I missionari della Consolata congolesi sono 61 tra questi, 34 sacerdoti, quattro fratelli, 17 studenti professi e sei novizi.