“La S. Scrittura rende perfetti coloro che la studiano e li prepara a compiere ogni opera buona … È il nostro libro. … Ah, la Scrittura! Più si legge, più si studia e più uno la ama e vi si diletta! Nell’Istituto la S. Scrittura ha sempre avuto il primo posto e sarà così sempre. Questo è il primo studio, il sommo che forma materia di tutti i corsi teologici, e che deve essere continuato. In missione dovrà essere la vostra lettura quotidiana e la vostra consolazione. Nei momenti di sconforto studiate la S. Scrittura. Bisognerebbe studiarla tutta e meditarla. Questa è una scuola che non cessa mai. Amiamola molto la S. Scrittura, specialmente il Vangelo e le Lettere di S. Paolo. Desidero che prendiate affezione alla S. Scrittura!” (Così Vi Voglio 174)
La Sacra Scrittura è fonte dell’evangelizzazione e tutta l’evangelizzazione è fondata su di essa, ascoltata, meditata, vissuta, celebrata e testimoniata.
La Bibbia è tutta attraversata da appelli a “non tacere”, a “gridare con forza”, ad “annunciare la parola al momento opportuno e non opportuno”, ad essere sentinelle che lacerano il silenzio dell’indifferenza. Le strade che si aprono davanti a noi non sono ora soltanto quelle sulle quali si incamminava san Paolo o i primi evangelizzatori, ma quelle dei bassifondi ove si annidano sofferenze e povertà, umiliazioni e oppressioni, emarginazioni e miserie, malattie fisiche e psichiche e solitudini.
Anche nella moderna città secolarizzata, nelle sue piazze e nelle sue vie –ove sembrano dominare incredulità e indifferenza, ove il male sembra prevalere sul bene, creando l’impressione della vittoria di Babilonia su Gerusalemme– un anelito nascosto, una speranza germinale, un fremito d’attesa. Come si legge nel libro del profeta Amos, «ecco verranno giorni in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare la parola del Signore» (8, 11). A questa fame vuole rispondere la missione evangelizzatrice della Chiesa.
Nel suo testamento apostolico (At 20,32), Paolo non affida la Parola ai ministri, ma affida i ministri alla Parola! I destinatari del testamento dell'Apostolo hanno la missione di predicare, di diffondere, di tenere viva la Parola in mezzo alla gente, ma - cosa sorprendente! - qui Paolo affida i ministri alla Parola. Prima che la Parola sia loro affidata, sono essi stessi affidati alla Parola; prima di essere portatori della Parola, essi stessi sono portati dalla Parola di Dio! Noi portiamo la Parola agli altri solo se siamo portati dalla Parola.
Il missionario per primo deve sviluppare una grande familiarità personale con la Parola di Dio: non gli basta conoscere l’aspetto linguistico o esegetico, che pure è necessario; gli occorre accostare la Parola con cuore docile e orante, perché essa penetri a fondo nei suoi pensieri e sentimenti e generi in lui una mentalità nuova.
Solo se per primi abbiamo ascoltato la Parola che dobbiamo annunciare, solo se in primo luogo ha risuonato così nel nostro cuore, questa si trasmetterà in un modo o nell’altro alla gente, perché “la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda” (Mt 12,34).