Canonicamente diventiamo missionari della Consolata dalla professione dei Consigli evangelici. Tuttavia, la professione è il risultato di una sequenza di formazione, tra cui il noviziato che si vuole importantissimo secondo le parole del Padre Fondatore: “Il Noviziato è veramente il giardino di ogni congregazione religiosa. Voi novizi siete la pupilla degli occhi miei e dell’Istituto. Non si sbaglia né si esagera dicendo che dal Noviziato dipende tutto il vostro avvenire, tutto il bene che farete”.

È in questo senso che io, Camille Bachulu Midi, dopo aver compiuto la mia formazione filosofica Repubblica Democratica del Congo nell’estate del 2021, sono partito per Nairobi-Kenya in gennaio 2022 per imparare l’inglese e in agosto dello stesso anno sono stato destinato a Sagana nel Kenya per l’anno di Noviziato.

20240206Rivoli2Come è chiaramente indicato nelle nostre costituzioni, i miei compagni e io, abbiamo studiato e fatto concretamente l’esperienza della vita comunitaria, dei consigli evangelici seguendo la spiritualità del Padre Fondatore e la tradizione della nostra famiglia religiosa. Fu un periodo molto interessante, intenso e soprattutto prezioso, durante il quale con l’aiuto dello Spirito Santo, del Maestro e dei compagni ho capito di più il senso della chiamata a essere missionario della Consolata che è di essere anzitutto santo. “Prima santo, poi missionario” mai smetteva di ricordare il Padre Fondatore.

In sostanza ho fatto in modo pratico l’esperienza della vita religiosa e ho studiato la storia della congregazione e gli aspetti della missione ad gentes nell’orizzonte voluto dall’Allamano. Il noviziato, che bellissima esperienza missionaria! “Il noviziato è il tempo più felice ed accettevole”.

Sì, la vita e l’esperienza del noviziato, senza nessun dubbio, sono bellissime; in un momento ho pensato che non avrò mai più una tale esperienza però mi sono sbagliato perché dal noviziato sono andato all’incontro del Padre Fondatore a Rivoli in Italia. In effetti, dopo il noviziato sono stato destinato a Roma per lo studio della teologia ma c’è l’eterna sfida missionaria: la lingua; allora sono partito per Rivoli per studiare l’italiano. All’inizio pensavo solamente di imparare la lingua però dopo pochi giorni mi sono accorto che era piuttosto un’opportunità d’incontrare il padre Fondatore perché in realtà avrei potuto imparare la lingua altrove.

Rivoli, la Villa di Rivoli oppure la Villa Giuseppe Allamano è in effetti la ‘’presenza-luogo’’ dell’Allamano e la casa materna dei missionari e delle missionarie della Consolata perché era lì che l’Allamano, durante la sua convalescenza, si era reso conto della necessità di fondare una congregazione missionaria ed era lì che ha scritto la lettera di fondazione.

E più importante, dall’inizio il Padre Fondatore ha fatto di Rivoli un centro dove incontrava i missionari e le missionarie ogni settimana per formarli lui stesso. In questo modo e con tutte le reliquie che si trovano, Rivoli è la presenza-invisibile del Padre Fondatore; quindi essere qui è incontrarlo anche se non c’è fisicamente. Essere a Rivoli è camminare verso la santità. E come diceva Allamano: “Dobbiamo avere buone gambe non solo per non stancarci ad andare a Rivoli, ma per camminare ancora senza fermarci sulle vie della perfezione”.

* Bachulu Camille Midi, IMC, è studente professo congolese a Rivoli.

Al termine del loro anno di noviziato, i giovani Johan Caviche (della Colombia), Ángel Barazarte e Jhonny González (del Venezuela) hanno emesso la loro prima professione religiosa la sera del 27 dicembre, durante una messa celebrata nella comunità di São José, nella Zona Missionaria della Famiglia di Nazareth, a Manaus (Brasile).

Durante il Noviziato "il novizio approfondisce le ragioni della sua vocazione di Missionario della Consolata e intensifica il processo di maturazione attraverso una speciale esperienza di unione con Dio, fino a donarsi totalmente a Lui per la missione, con la Professione Religiosa" (Cost., 96). 

Questo è stato il proposito che ha guidato i giovani missionari della Consolata, Johan Caviche, Ángel Barazarte e Jhonny González, durante l'anno 2023 nella comunità del Noviziato situata nel quartiere di Santa Etelvina, alla periferia di Manaus, nella regione amazzonica del Brasile. Guidati dal loro Maestro, padre Martin Serna, hanno vissuto una tappa speciale del loro cammino formativo che è culminato nella Prima Professione Religiosa, in cui hanno emesso i voti di povertà, ubbidienza e castità, secondo le Costituzioni dell'Istituto Missioni Consolata.

La celebrazione è stata presieduta dal Vice Superiore Regionale dei Missionari della Consolata in Brasile, Padre Moisés Facchini, parroco di Feira de Santana, e concelebrata dai missionari che operano a Manaus, con la partecipazione delle Suore Missionarie della Consolata, dei religiosi e dei fedeli delle comunità dell'Area Missionaria Famiglia di Nazareth, tutti testimoni di questo impegno solenne e stimolante. 

Promettendo una vita di servizio a Dio e alla Chiesa, i nuovi missionari hanno espresso la loro gratitudine per l'opportunità di dedicarsi pienamente alla loro vocazione religiosa e di continuare l'opera di evangelizzazione nella missione ad gentes come membri della Famiglia della Consolata, seguendo le orme del Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano.

"Siamo molto contenti che anche oggi ci siano giovani che vogliono diventare sacerdoti. Nessuno è obbligato a farlo. Un amore più grande ci fa lasciare le cose belle e buone per servire qualcosa di molto buono", ha sottolineato padre Moisés nella sua omelia parlando della vocazione dei tre giovani. "È molto bello formare una famiglia, ma è anche possibile amare Dio lasciando tutto per consacrarsi. Forse oggi qualche ragazzo o ragazza sentirà questa chiamata a fare ciò che loro stanno facendo ora", ha concluso il padre Moisés. 

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Il Maestro dei Novizi, padre Martín Serna, ha ricordato che "consacrarsi è camminare verso la santità", come insisteva il Fondatore: "prima santi e poi missionari". Ha incoraggiato i giovani professi a rimanere sempre fedeli al loro impegno, perseverando nel cammino scelto. "Consacrarsi significa mettersi al servizio di Dio per servire soprattutto i poveri. È su questo che abbiamo lavorato in questo anno di Noviziato", ha spiegato il Maestro, sottolineando che "la nostra missione è andare oltre le frontiere dove Gesù non è stato annunciato, nella missione ad gentes". 

Padre Oscar Liofo, Consigliere Regionale, ha ringraziato le persone delle comunità della Zona Missionaria Famiglia di Nazareth, dove i novizi svolgono il loro lavoro pastorale, per il loro contributo alla formazione dei giovani del Noviziato. Ha invitato i servitori dell'altare a risvegliarsi anche a questa vocazione. 

Ora i neo-professi passano all'ultima tappa della formazione di base con gli studi di teologia. Johan Caviche si unirà alla comunità del Seminario Internazionale di Bravetta di Roma e invece Ángel Barazarte e Jhonny González andranno alla Comunità Apostolica Formativa di Buenos Aires in Argentina.

Inaugurata il 6 gennaio 2021, la comunità del Noviziato del Continente americano di Manaus ha come protettore sant'Oscar Romero, profeta dei poveri e martire per la giustizia e la pace. Il Consiglio Continentale Americano aveva allora deciso di trasferire il noviziato da Buenos Aires a Manaus mosso dalle riflessioni del Sinodo per l'Amazzonia dell'ottobre 2019, che ha chiesto una formazione incarnata e inculturata nel contesto amazzonico che, nel continente americano, è una delle opzioni missionarie dei Missionari della Consolata. Questa realtà amazzonica deve essere valorizzata e sfruttata nel programma di formazione.

Nel continente americano il Noviziato Continentale ha già funzionato a Bucaramanga in Colombia (1981-1994) e a Martin Coronado in Argentina (1995-2019). I Missionari della Consolata hanno poi altri due noviziati in Africa: uno a Sagana, in Kenya, che quest'anno conta con dodici novizi, e un altro a Morogoro, in Tanzania, sempre con dodici novizi. 

* Jaime C. Patias, IMC, con informazioni del Pascom dell'Area Missionaria della Famiglia di Nazareth a Manaus.

Sogno Amazzonico

"L'amata Amazzonia appare davanti al mondo con tutto il suo splendore, il suo dramma, il suo mistero" (QA, 1). 

Con questa illuminazione è nata la voglia di immortalare la bellezza della nostra amata Amazzonia e l’abbiamo fatto per mezzo di un colorato mural. Io sono un giovane a cui piace molto dipingere e creare spazi e momenti creativi, quindi, quando ho visto un grande muro bianco nel nostro Noviziato, la mia mente si è messa a lavorare ed è nata la proposta di realizzare un disegno allegorico che rappresentasse la presenza di Dio nella nostra Amazzonia.

Mi sono ispirato in immagini esistenti per pensare a un contenuto nuovo da esprimere nel nostro mural. Inizialmente avevo pensato in tre rappresentazioni separate che raccoglievano immagini che appartenevano ai nostri popoli nativi, ma poi, dopo essermi confrontato con il maestro e gli altri membri della comunità, sono arrivato alla conclusione che sarebbe stato meglio una sola rappresentazione che unisse tutti gli elementi. Tutti i membri della comunità hanno partecipato nella sua realizzazione: i miei fratelli novizi Ángel e Johan, fratel Tarcisio e il maestro padre José Martin, ci sono stati suggerimenti, collaborazioni e siccome la stessa Amazzonia è segno di diversità e comunità, anche questo lavoro in qualche modo lo era.

Il risultato finale ha una forma di cuore ed è composto da molti elementi che appartengono alla nostra fede e all’ambiente amazzonico nel quale è immerso il nostro noviziato. Quest'opera cerca di risvegliare «il senso estetico e contemplativo che Dio ha messo in noi e che a volte lasciamo atrofizzare» (QA, 56). Ve la presento per parti:

SUL LATO SINISTRO si può vedere la figura di una donna, che rappresenta la Vergine Maria, dipinta con tratti indigeni, perché nostra Madre è sempre vicina ai suoi figli: la Madre che Cristo ci ha lasciato, pur essendo l'unica Madre di tutti, si manifesta in Amazzonia in modi diversi» (QA, 111). Sulla testa ha tre piume che rappresentano la sua verginità prima, durante e dopo la gravidanza.

Attorno ci sono dipinte tre farfalle che volano nel cielo; loro rappresentano l'umiltà, la purezza e l’ubbidienza, le virtù della nostra amata Madre che siamo invitati ad imitare, insieme ad altre che nel mural sono rappresentate dai fiori colorati. 

In braccio ha un bambino che non è solo Gesù ma rappresenta tutti i suoi figli adottivi, ai quali offre conforto e amore. L’Ara, uccello tipico dell'Amazzonia, vuole rappresentare lo Spirito Santo, che feconda, rafforza e fa fruttificare non solo il grembo di Maria ma anche il grembo delle madre terra e delle culture che popolano questo grande polmone vegetale.

SUL LATO DESTRO troviamo l’immagine Gesù Risorto. È dipinto sovrapposto alla mappa dell'America Latina e ci ricorda le sue stesse parole: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà» (Gv 11,25). Anche se risorto questo Gesù è sagomato come una croce per dirci che non c'è risurrezione, né vita nuova, senza croce e sofferenza. Anche questo Gesù presenta lineamenti e un pennacchio indigena, segno di autorità, che ci vuole ricordare la corona piena di Gloria che non appassisce e per la quale dobbiamo tendere (cfr 1 Pe 5,4).

La mappa dell'America Latina è dipinta con i colori primari, da cui derivano tutti gli altri colori, e questi vogliono rappresentare l’identità e allo stesso tempo il pluralismo e la diversità di paesi, culture e realtà del nostro continente. Il colore verde presente ci ricorda il grande polmone vegetale e altre zone selvatiche e boschive, presenti in questa porzione di mondo. 

Il fiume che attraversa la mappa ci ricorda che “in Amazzonia l’acqua è la regina, i fiumi e i ruscelli sono come vene, e ogni forma di vita origina da essa... l’acqua abbaglia nel gran Rio delle Amazzoni, che raccoglie e vivifica tutto all’intorno... [citazioni di testi poetici di Euclides da Cunha, Os Sertões (1946) e Pablo Neruda, Amazonas in canto general (1938) riportati in QA 43-44]. Queste acque confluiscono in Gesù, quindi, gli indigeni nella canoa si dirigono verso Lui, che è la fonte della Vita Eterna.

Il Tucano, appollaiato su un ramo, è un uccello sacro nelle tradizioni di molti popoli indigeni e permette il legame fra il mondo dei vivi e quello dei morti, la sua presenza ci ricorda il coraggio e la fatica dei nostri antenati, l'eredità che da loro abbiamo ricevuto come segno di ricchezza culturale, ricerca di migliori condizioni di vita e opposizione ad ogni oppressione. 

Anche in questo segmento del mural sono dipinte tre farfalle che rappresentano i pilastri della nostra fede: scrittura, tradizione e magistero.

Ci sono anche cinque frutti di guaranà, una frutta tipica dell'Amazzonia, molto apprezzata dagli indigeni brasiliani ancora molto prima dell'arrivo dei portoghesi, consumarla aumenta la resistenza negli sforzi mentali e muscolari. La loro particolare forma ad “occhio aperto” ci ricorda l’importanza della scrittura: le quattro vicine all’immagine di Gesù crocefisso e risorto rappresentano i vangeli e invece la quinta, più discosta, ci ricorda l'apostolo Paolo, grande predicatore del Vangelo. Sono rappresentati come occhi aperti perché esprimono la testimonianza di coloro che hanno visto con i loro occhi e l'incontro splendido di quegli uomini e donne che hanno incontrato il Risorto. Come lo ricorda la Dei Verbum  “i Vangeli costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro Salvatore” (n.18)

NELLA PARTE CENTRALE c’è un cuore che batte come segno di vitalità e forza. Ci ricorda le parole che il Signore comunicò al profeta Ezechiele: «vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36,26).

Dallo stesso cuore sgorgano acqua e sangue a simboleggiare la misericordia di Dio per l'umanità attraverso suo figlio Gesù, rappresentato da un pesce (simbolo che i primi cristiani utilizzavano per parlare di Gesù). Dallo stesso cuore poi, nella parte superiore, appare una mano che ci parla di lavoro e di un Dio Padre che si prende cura e risolleva i popoli sofferenti. 

hanno un valore simbolico anche le persone che sono rappresentante in questa parte del mural: un giovane e un anziano (la lotta e la saggezza dei popoli indigeni); una giovane donna e una adulta (la purezza e la bellezza dei popoli indigeni e della loro vocazione comunitaria). 

A loro volta sono presenti 2 uomini, 1 giovane e 1 anziano, che rappresentano, e 2 donne, 1 ragazza e 1 adulta, che rappresentano  arricchiti dalla grande cultura della comunità senso.

Tutti insieme ci ricordano che “la lotta sociale implica una capacità di fraternità, uno spirito di comunione umana” che vediamo nei popoli originari dell’Amazzonia. “Essi vivono così il lavoro, il riposo, le relazioni umane, i riti e le celebrazioni. Tutto è condiviso; la vita è un cammino comunitario dove i compiti e le responsabilità sono divisi e condivisi in funzione del bene comune. Non c’è posto per l’idea di un individuo distaccato dalla comunità o dal suo territorio” (QA 20)

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Infine, nella parte superiore del mural si intravede un cielo azzurro, che ci ricorda la meta e destinazione finale di tutto il nostro camminare, un cielo che è comunque vincolato con il verde delle foglie nella parte inferiore, simbolo di Speranza. Tutta la diversità dei colori rappresenta la diversità di culture, tradizioni, popoli ed esperienze che compongono la bellissima Amazzonia.

* Jhonny González è un novizio venezuelano del Noviziato San Óscar Romero dei Missionari della Consolata a Manaus

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