Maduro e un'opposizione tutta femminile

In attesa di stabilire la data delle elezioni presidenziali, il governo Maduro prova a fermare un'opposizione a guida femminile. (Foto Correo del Orinoco)

La data delle elezioni presidenziali non è stata ancora ufficialmente annunciata, ma pare sia questione di poco. In quale direzione vada il Venezuela di Nicolás Maduro è, invece, piuttosto chiaro. Lo scorso 22 febbraio la Tass, l’agenzia di stampa del Cremlino, dava spazio all’entusiasmo del presidente venezuelano in occasione della nuova visita del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov. Mentre si fanno sempre più stretti i rapporti con la Russia, quelli con la comunità internazionale dei paesi democratici rimangono molto tesi.

Il presidente Maduro ha preso misure forti contro due donne che avrebbero potuto causargli problemi: María Corina Machado prima e Rocío San Miguel poi.

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Mentre cerca di riconfermarsi al potere, il presidente venezuelano Nicolás Maduro stringe rapporti sempre più stretti con la Russia di Vladimir Putin. Foto: Ciudadccd.info

La prima è (sarebbe) la candidata scelta dall’opposizione dopo la consultazione popolare dello scorso ottobre (primarie vinte con oltre il 93 per cento delle preferenze), ma è stata inabilitata dal Tribunale supremo (addirittura per quindici anni) per aver appoggiato le sanzioni degli Stati Uniti contro il Venezuela e Juan Guaidó come presidente provvisorio. In base a questa decisione la Machado non potrà partecipare alle prossime elezioni nelle quali, in caso di svolgimento regolare, sarebbero alte le sue possibilità di vittoria.

La seconda donna, avvocata e direttrice della Ong «Control ciudadano» (specializzata nel controllo delle azioni delle forze di sicurezza), è stata arrestata con la pesante accusa di essere parte di una cospirazione – nota come «brazalete blanco» – per assassinare il presidente Maduro. A metà febbraio, pochi giorni dopo l’arresto della San Miguel, Caracas ha ordinato la chiusura dell’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) e dato 72 ore al personale (tredici persone) per lasciare il paese. L’accusa è quella di essere una centrale di supporto a un’estrema destra di golpisti e terroristi e di avere un’attitudine colonialista.

Questa serie di eventi mette in serio rischio gli accordi di Barbados tra governo e opposizione sulle regole della competizione elettorale, accordi faticosamente raggiunti lo scorso 17 ottobre con la mediazione di Norvegia e Messico.

Evidentemente Caracas preferisce rafforzare i legami con i paesi in cui la prassi democratica non è contemplata o è considerata un’inutile perdita di tempo. La cooperazione tra Venezuela e Russia è forte perché forti sono gli interessi reciproci. Caracas vuole rompere l’isolamento internazionale e risollevare la propria economia in perenne affanno. Per parte sua, Mosca vuole rafforzare la propria presenza – politica, militare ed economica – in America Latina, già solidissima con il Nicaragua della coppia presidenziale Daniel Ortega e Rosario Murillo. In un caso e nell’altro si conferma che i dittatori s’intendono a meraviglia.

* Paolo Moiola è giornalista, rivista Missioni Consolata. Pubblicato nel sito: www.rivistamissioniconsolata.it

Sogno Amazzonico

"L'amata Amazzonia appare davanti al mondo con tutto il suo splendore, il suo dramma, il suo mistero" (QA, 1). 

Con questa illuminazione è nata la voglia di immortalare la bellezza della nostra amata Amazzonia e l’abbiamo fatto per mezzo di un colorato mural. Io sono un giovane a cui piace molto dipingere e creare spazi e momenti creativi, quindi, quando ho visto un grande muro bianco nel nostro Noviziato, la mia mente si è messa a lavorare ed è nata la proposta di realizzare un disegno allegorico che rappresentasse la presenza di Dio nella nostra Amazzonia.

Mi sono ispirato in immagini esistenti per pensare a un contenuto nuovo da esprimere nel nostro mural. Inizialmente avevo pensato in tre rappresentazioni separate che raccoglievano immagini che appartenevano ai nostri popoli nativi, ma poi, dopo essermi confrontato con il maestro e gli altri membri della comunità, sono arrivato alla conclusione che sarebbe stato meglio una sola rappresentazione che unisse tutti gli elementi. Tutti i membri della comunità hanno partecipato nella sua realizzazione: i miei fratelli novizi Ángel e Johan, fratel Tarcisio e il maestro padre José Martin, ci sono stati suggerimenti, collaborazioni e siccome la stessa Amazzonia è segno di diversità e comunità, anche questo lavoro in qualche modo lo era.

Il risultato finale ha una forma di cuore ed è composto da molti elementi che appartengono alla nostra fede e all’ambiente amazzonico nel quale è immerso il nostro noviziato. Quest'opera cerca di risvegliare «il senso estetico e contemplativo che Dio ha messo in noi e che a volte lasciamo atrofizzare» (QA, 56). Ve la presento per parti:

SUL LATO SINISTRO si può vedere la figura di una donna, che rappresenta la Vergine Maria, dipinta con tratti indigeni, perché nostra Madre è sempre vicina ai suoi figli: la Madre che Cristo ci ha lasciato, pur essendo l'unica Madre di tutti, si manifesta in Amazzonia in modi diversi» (QA, 111). Sulla testa ha tre piume che rappresentano la sua verginità prima, durante e dopo la gravidanza.

Attorno ci sono dipinte tre farfalle che volano nel cielo; loro rappresentano l'umiltà, la purezza e l’ubbidienza, le virtù della nostra amata Madre che siamo invitati ad imitare, insieme ad altre che nel mural sono rappresentate dai fiori colorati. 

In braccio ha un bambino che non è solo Gesù ma rappresenta tutti i suoi figli adottivi, ai quali offre conforto e amore. L’Ara, uccello tipico dell'Amazzonia, vuole rappresentare lo Spirito Santo, che feconda, rafforza e fa fruttificare non solo il grembo di Maria ma anche il grembo delle madre terra e delle culture che popolano questo grande polmone vegetale.

SUL LATO DESTRO troviamo l’immagine Gesù Risorto. È dipinto sovrapposto alla mappa dell'America Latina e ci ricorda le sue stesse parole: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà» (Gv 11,25). Anche se risorto questo Gesù è sagomato come una croce per dirci che non c'è risurrezione, né vita nuova, senza croce e sofferenza. Anche questo Gesù presenta lineamenti e un pennacchio indigena, segno di autorità, che ci vuole ricordare la corona piena di Gloria che non appassisce e per la quale dobbiamo tendere (cfr 1 Pe 5,4).

La mappa dell'America Latina è dipinta con i colori primari, da cui derivano tutti gli altri colori, e questi vogliono rappresentare l’identità e allo stesso tempo il pluralismo e la diversità di paesi, culture e realtà del nostro continente. Il colore verde presente ci ricorda il grande polmone vegetale e altre zone selvatiche e boschive, presenti in questa porzione di mondo. 

Il fiume che attraversa la mappa ci ricorda che “in Amazzonia l’acqua è la regina, i fiumi e i ruscelli sono come vene, e ogni forma di vita origina da essa... l’acqua abbaglia nel gran Rio delle Amazzoni, che raccoglie e vivifica tutto all’intorno... [citazioni di testi poetici di Euclides da Cunha, Os Sertões (1946) e Pablo Neruda, Amazonas in canto general (1938) riportati in QA 43-44]. Queste acque confluiscono in Gesù, quindi, gli indigeni nella canoa si dirigono verso Lui, che è la fonte della Vita Eterna.

Il Tucano, appollaiato su un ramo, è un uccello sacro nelle tradizioni di molti popoli indigeni e permette il legame fra il mondo dei vivi e quello dei morti, la sua presenza ci ricorda il coraggio e la fatica dei nostri antenati, l'eredità che da loro abbiamo ricevuto come segno di ricchezza culturale, ricerca di migliori condizioni di vita e opposizione ad ogni oppressione. 

Anche in questo segmento del mural sono dipinte tre farfalle che rappresentano i pilastri della nostra fede: scrittura, tradizione e magistero.

Ci sono anche cinque frutti di guaranà, una frutta tipica dell'Amazzonia, molto apprezzata dagli indigeni brasiliani ancora molto prima dell'arrivo dei portoghesi, consumarla aumenta la resistenza negli sforzi mentali e muscolari. La loro particolare forma ad “occhio aperto” ci ricorda l’importanza della scrittura: le quattro vicine all’immagine di Gesù crocefisso e risorto rappresentano i vangeli e invece la quinta, più discosta, ci ricorda l'apostolo Paolo, grande predicatore del Vangelo. Sono rappresentati come occhi aperti perché esprimono la testimonianza di coloro che hanno visto con i loro occhi e l'incontro splendido di quegli uomini e donne che hanno incontrato il Risorto. Come lo ricorda la Dei Verbum  “i Vangeli costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro Salvatore” (n.18)

NELLA PARTE CENTRALE c’è un cuore che batte come segno di vitalità e forza. Ci ricorda le parole che il Signore comunicò al profeta Ezechiele: «vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36,26).

Dallo stesso cuore sgorgano acqua e sangue a simboleggiare la misericordia di Dio per l'umanità attraverso suo figlio Gesù, rappresentato da un pesce (simbolo che i primi cristiani utilizzavano per parlare di Gesù). Dallo stesso cuore poi, nella parte superiore, appare una mano che ci parla di lavoro e di un Dio Padre che si prende cura e risolleva i popoli sofferenti. 

hanno un valore simbolico anche le persone che sono rappresentante in questa parte del mural: un giovane e un anziano (la lotta e la saggezza dei popoli indigeni); una giovane donna e una adulta (la purezza e la bellezza dei popoli indigeni e della loro vocazione comunitaria). 

A loro volta sono presenti 2 uomini, 1 giovane e 1 anziano, che rappresentano, e 2 donne, 1 ragazza e 1 adulta, che rappresentano  arricchiti dalla grande cultura della comunità senso.

Tutti insieme ci ricordano che “la lotta sociale implica una capacità di fraternità, uno spirito di comunione umana” che vediamo nei popoli originari dell’Amazzonia. “Essi vivono così il lavoro, il riposo, le relazioni umane, i riti e le celebrazioni. Tutto è condiviso; la vita è un cammino comunitario dove i compiti e le responsabilità sono divisi e condivisi in funzione del bene comune. Non c’è posto per l’idea di un individuo distaccato dalla comunità o dal suo territorio” (QA 20)

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Infine, nella parte superiore del mural si intravede un cielo azzurro, che ci ricorda la meta e destinazione finale di tutto il nostro camminare, un cielo che è comunque vincolato con il verde delle foglie nella parte inferiore, simbolo di Speranza. Tutta la diversità dei colori rappresenta la diversità di culture, tradizioni, popoli ed esperienze che compongono la bellissima Amazzonia.

* Jhonny González è un novizio venezuelano del Noviziato San Óscar Romero dei Missionari della Consolata a Manaus

L'arcivescovo, assassinato mentre celebrava la Messa.

Oscar Romero, nato a El Salvador nel 1917, fu ordinato sacerdote nel 1942 e nel 1977 Paolo VI lo nominò arcivescovo di San Salvador, in un contesto politico di forte repressione, soprattutto nei confronti delle organizzazioni contadine. L'assassinio del sacerdote gesuita Rutilio Grande è considerato il momento della "conversione" di Romero, che iniziò allora a denunciare la repressione, la violenza dello Stato e lo sfruttamento imposto dai settori politico-militare ed economico, sostenuta dagli Stati Uniti.

La vita di questo discepolo missionario di Gesù Cristo è stata segnata dalla sua incondizionata fedeltà al Vangelo. Come uomo di Chiesa, divenne il grande araldo della fede e l'ammirevole maestro della verità. Le sue omelie, predicate in modo semplice ma profondo, rafforzavano e incoraggiavano il popolo nella sua speranza e denunciavano coraggiosamente le ingiustizie commesse. 

Molto famosa quella del Sabato Santo 1979 nella quale diceva, a proposito del martirio: "Grazie a Dio, abbiamo pagine di martirio non solo nella storia del passato, ma anche nel presente. Ci sono sacerdoti, religiosi, catechisti, umili contadini che sono stati uccisi o perseguitati per essere fedeli all'unico Dio e Signore. Anch'io ho ricevuto spesso minacce di morte. Devo dirvi che come cristiano non credo nella morte senza resurrezione. Se mi uccidono, io risorgerò nel mio popolo salvadoregno. Come pastore, sono obbligato a dare la mia vita per coloro che amo, che sono tutti salvadoregni, così come per coloro che mi uccideranno. Se riusciranno a portare a termine le loro minacce, d'ora in poi offrirò il mio sangue a Dio per la redenzione e la resurrezione del Salvador".

L'arcivescovo Oscar Romero fu assassinato mentre celebrava la Messa il 24 marzo 1980 per aver difeso i poveri. Fu ucciso "per odio verso la fede" per volere della giunta militare che dominava il Paese. Papa Francesco lo ha beatificato il 23 maggio 2015 e canonizzato il 14 ottobre 2018 insieme a Papa Paolo VI e ad altri tre Beati.

Un giorno per ricordare i missionari martiri

Dal 1993, il 24 marzo è stato scelto per celebrare ogni anno la "Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei martiri missionari". Nell'anno 2022, secondo le informazioni raccolte dall'Agenzia Fides, sono stati uccisi nel mondo 18 missionari: 12 sacerdoti, un religioso, tre religiose, un seminarista, un laico. Negli ultimi 20 anni, dal 2001 al 2021, sono stati uccisi in tutto il mondo 526 operatori pastorali, tra cui 5 vescovi.

Sant'Oscar Romero, vescovo e martire, ci ricorda che l'opzione della Chiesa per i poveri e gli ingiusti non è una questione secondaria, ma è il cuore dell'identità cristiana, della sequela di Gesù, del vero significato della missione.

*Padre Jaime C. Patias, IMC, Consigliere Generale per l'America

A Cali, ma in quasi tutte le città dell’America Latina ci sono quartieri che nascono e crescono senza un piano di urbanizzazione e servizi pubblici essenziali. Sono espressione di povertà, urbanizzazione disordinata conseguenza in molti casi di processi violenti che producono intere famiglie o villaggi sfollati. 

I quartieri marginali

In Colombia e in molti Paesi dell'America Latina e del mondo, un gran numero di famiglie è costretto a lasciare la propria terra e a migrare verso le città, dove non ha altra scelta se non quella di occupare terreni in luoghi inadatti all'abitazione. Costruiscono le loro baracche in modo improvvisato, senza sapere quanto tempo rimarranno lì prima di essere rimosse dalle forze dell'ordine urbano, spesso l'unica presenza del potere pubblico a "visitarli".

Mentre cercano altri spazi vanno nelle strade e nelle piazze e si impegnano in una economia informale che è una semplice espressione di lotta per la sopravvivenza in contesti scandalosamente diseguali che scartano i più poveri e miserabili.

Purtroppo le rappresentazioni sociali che collegano la povertà alla criminalità generano comportamenti che rafforzano i pregiudizi e contribuiscono ad aumentare l'esclusione e la negazione di questa popolazione. 

L'importanza dei lider 

Quando manca una presenza pubblica, emerge l'autodeterminazione dei leader e gruppi che organizzano la convivenza. È quello che abbiamo potuto costatare in tre insediamenti nella periferia della città di Cali (Colombia), che abbiamo visitato accompagnati da agenti di Pastorale afroamericana.

Con loro abbiamo camminato per vicoli, calpestando fango o terreno polveroso e superando come potevamo le macerie e i detriti edili scaricati sui pendii. Così abbiamo raggiunto il quartiere "Valladito" dove abbiamo incontrato Joana, una leader locale che, con il sostegno della pastorale sociale e afro dell'arcidiocesi di Cali, ha consegnato cesti di beni di prima necessità alle madri.

Abbiamo potuto conoscere la “mensa dei poveri", un vero miracolo di condivisione e solidarietà: una cucina comunitaria nella quale alcune signore preparano il cibo con gli ingredienti forniti dalla diocesi e con i quali si sostengono soprattutto le donne e i bambini di Valladito e Mojica.

L'impegno e la cultura

Le sfide sono enormi, ma c'è tanta arte e musica, colori e vita, sapori e conoscenza. "L'arte parla dove le parole non riescono a spiegare" recita un mural a Valladito.

Malgrado tanta povertà, ben visibile, non dobbiamo dimenticare che tutto contribuisce alla promozione umana integrale, al recupero dell'identità culturale, all'emancipazione delle donne, allo sviluppo dei talenti e alla condivisione delle conoscenze.

In questo luogo, invisibile alla società, l'unica consolazione è la gioia e la forza che è nel sangue della popolazione afro, perché la vita non è facile lì ed è necessario lottare per sopravvivere. 

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I Missionari della Consolata

In questo contesto si sviluppa l'impegno della pastorale afro dei Missionari della Consolata nella città di Cali e, in modo analogo, anche in quella di Buenaventura, sulla costa del Pacifico, a meno di due ore da questa. Nella zona, le urbanizzazione disordinate e abusive continuano a crescere con l'arrivo di sempre nuove famiglie e l'insufficiente o cattiva alimentazione, la mancanza di alloggi decenti e di servizi igienici di base rendono i bambini, gli anziani e le donne più vulnerabili e soggetti alle malattie. 

È una risposta concreta ed evangelica all'opzione dell'Istituto per le periferie urbane ed esistenziali.

 

 * Jaime C. Patias, IMC, è consigliere generale per l'America.

 

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