IL PENSIERO DI PAPA FRANCESCO - NARRARE LA MISERICORDIA DI DIO

Pubblicato in Missione Oggi

A cura di P. Giampietro Casiraghi


Papa Francesco ha una visione di Dio come luogo della misericor­dia. Essa è un vero e proprio baricentro del modo di vedere e ope­rare di Dio. «Non c'è alcun limite alla mise­ricordia», diceva do­menica 6 aprile 2014. E ancora: «Dio ha 
tanta misericordia con noi. Impariamo anche noi ad avere misericor­dia con gli altri, spe­cialmente con quelli che soffrono».

Come papa Francesco, anche Giovanni Paolo II sottoli­neava il tema della miseri­cordia: «Al di fuori della mi­sericordia di Dio non c'è nes­sun'altra fonte di speranza per gli esseri umani», e aggiungeva: «In Cristo Gesù, Dio ha assunto dav­vero un cuore divino, ricco di mi­sericordia e di perdono, ma an­che un cuore umano, capace di tutte le vibrazioni dell'affetto». Questo spiega come mai Gio­vanni Paolo II abbia istituito un giorno dedicato proprio alla mise­ricordia, la domenica dopo la Pa­squa, nonostante tutta la liturgia sia già, di per sé, piena di termini che rimandano a essa.

Ciò che caratterizza la catechesi di papa Francesco è il primato della misericordia in tutta la sua azione pastorale.

Il primato della misericordia, rife­rito a una delle Beatitudini («Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia», Mt 5, 7), è stato indicato dal papa an­che come tema della giornata mondiale della gioventù che si terrà nel 2016 a Cracovia, la città polacca dove Giovanni Paolo II fu vescovo negli anni 1964-1978. Ma il tema scelto da papa Bergo­glio ci suggerisce che sono miseri­cordiosi anche gli uomini capaci di sentire come proprie le miserie e le difficoltà degli altri, che si preoccupano e si danno da fare di fronte alla sofferenza altrui. È questa una grazia, un puro dono di Dio. Chi lo riceve rimane radi­calmente orientato a comportarsi allo stesso modo di Dio con tutti gli altri, uomini e donne, di qual­siasi età e condizione sociale. Papa Francesco parla continua­mente di misericordia, e la gente ha recepito subito e bene. Uno dei ricordini che a Roma i pelle­grini comprano dí più è la «mise­ricordina», una scatoletta simile a quelle dei farmaci con dentro un rosario. Non soltanto ai pellegrini papa Francesco parla in questo modo, ma anche agli intellettuali agnostici, come è successo con la lettera che ha scritto a Eugenio

Scalfari, il fondatore del quoti­diano la Repubblica: «La miseri­cordia di Dio è infinita, non ha li­miti, la verità di Dio è l'amore...». Papa Francesco definisce Dio come misericordia, così come l'e­vangelista Giovanni definisce Dio come amore; in fondo entrambi dicono la stessa cosa, perché per sua natura l'amore è misericor­dioso.

Vi è un testo molto bello nel libro del profeta Osea: «A Efraim io insegnavo a cam­minare, ma essi non com­presero che avevo cura di loro. lo li traevo con legami di bontà, con vincolo di amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Come po­trei abbandonarti, Efraim [...]. Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di com­passione [...] perché sono Dio e non uomo; sono santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira» (Os 11, 1-9).

Efraim è il secondo figlio di Giu­seppe, nato in Egitto, fratello di Manasse. I profeti usarono que­sto nome per indicare l'intero re­gno di Israele. Ma che cosa dice il testo?

* Dio si cura di noi e ci insegna a camminare, ci guida come un padre.

* Usa verso di noi legami di bontà e vincoli di amore.

* Ci porta in braccio fino a toc­care la nostra guancia con la sua. * Si china su di noi e non ci ab­bandona.

* Si commuove e freme di com­passione.

E tutto questo perché è santo e non si adira contro di noi.

Siamo di fronte al paradosso in­comprensibile dell'amore di Dio per noi. Dio è il santo, il trascen­dente: la sua santità, la sua na­tura misteriosa è il solo fonda­mento possibile della sua miseri­cordia verso chi si allontana da Lui e lo abbandona con il peccato (Gr 3, 12-19; 31, 20).

Vi è un altro testo del profeta Osea che mette bene in luce la bontà amorosa di Dio: «Ella inse­guirà i suoi amanti, ma non li rag­giungerà; li cercherà senza tro­varli. Allora dirà: "Ritornerò al mio marito di prima perché ero più felice di ora [...]. Perciò, ecco, l'attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò sul suo cuore

[...]. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giusti­zia e nel diritto, nella benevo­lenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu cono­scerai il Signore» (Os 2, 8-9. 16. 21-22).

Osea ha fatto l'esperienza di un amore che l'ha tradito, la sua donna lo ha lasciato.

Attraverso l'esperienza del pec­cato Israele ha penetrato a poco a poco la profondità della bontà e della misericordia di Dio.

Dio è sempre disposto all'amore per un figlio ingrato; è lo sposo sempre fedele, pronto ad acco­gliere la sposa infedele.

Dio è solidale con il suo popolo, lo mette davanti al suo peccato e lo provoca al pentimento.

Ma fino a che punto Dio si può impegnare con gli uomini? Fino a che punto arriva il suo per­dono e la sua misericordia? Gesù solo può rispondere a queste do­mande. Egli, infatti, ha il compito di rivelare la misericordia del Pa­dre. Fin dall'inizio del suo Van­gelo, Luca canta la misericordia di Dio: essa si estende di età in età, di generazione in generazione; si manifesta nella nascita di Gio­vanni Battista; Zaccaria proclama che Dio ha concesso la sua miseri­cordia ai padri antichi e che, con la nascita di Giovanni, inaugura l'opera della sua misericordia. Tutti gli atti di Gesù si pongono in questa linea: «lo voglio misericor­dia, non sacrifici», «Sono venuto per i peccatori, non per i giusti». È il suo programma di vita e di an­nuncio. E la misericordia di Dio. Per questo Gesù predilige i poveri, è l'amico dei pubblicani, siede alla loro tavola, lascia che gli si avvicini una peccatrice e con infinita deli­catezza la perdona. Gesù è venuto a «cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19, 10; cfr. Lc 4, 18; 7, 22.34.39; 19, 5).

Spesso gli evangelisti usano un verbo molto significativo per indicare la misericordia di Dio verso di noi: «Com­muoversi fin nell'interiora», sen­tire uno sconvolgimento simile a quello della madre verso il figlio portato nell'utero. Misericordia è come la dimensione materna del­l'amore. E questo termine è usato dagli evangelisti per descrivere le azioni di Gesù che ne evidenziano la missione. Ecco alcuni esempi: «Sbarcando, Gesù vide una folla numerosa e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a inse­gnare loro molte cose» (Mc 6, 34; cfr. Mt 14, 14). Matteo usa un'e­spressione che riassume il mi­stero di Gesù: «Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pe­core senza pastore» (Mt 9, 36). Gesù si comporta come il Dio di misericordia descritto nell'A.T., le cui viscere tremarono alla vista del popolo oppresso dai peccati e dalla schiavitù d'Egitto. Così Gesù appare senza difesa davanti alla miseria e alla sofferenza degli uo­mini, è la misericordia incarnata di Dio. La parabola del Figliol Pro­digo o, meglio, del Padre buono e misericordioso, del Padre con vi­scere di madre, è una chiara testi­monianza. Vi è evocata tutta la storia dell'A.T. Il figlio più giovane (come Israele), si allontana dal padre (da Dio), e fa esperienza di peccato, di povertà e fame. Ricorda il tempo dell'abbondanza e, come la sposa di Osea, dice: «Mi leverò e andrò da mio pa­dre». Il padre è lì in attesa e, quando il figlio è ancora lontano, lo vede, si commuove, gli corre incontro e lo bacia. Di fronte a questo atteggiamento, scribi e fa­risei sono sconcertati.

La misericordia di Dio si estende a tutti gli uomini. Lo sottolinea in particolare Paolo: «Dico infatti che Cri­sto si è fatto servitore dei circon­cisi in favore di Dio vero, per com­piere le promesse dei padri: le na­zioni pagane invece glorificano Dio per la sua misericordia» (Rm 15, 8-9). Pagani e giudei, tutti sono uguali davanti a Dio, perché tutti hanno peccato e tutti hanno assoluto bisogno della misericordia di Dio.

È questa la teologia contenuta nella lettera ai Romani, riassunta con incisività e vigore in Ef 2, 4-7: «Ma Dio, ricco di miseri­cordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere in Cristo; per grazia infatti siete stati salvati e ci ha risuscitati in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ric­chezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù». A causa della sua miseri­cordia Dio ci salva. La parola chiave di tutta la storia umana in relazione a Dio è dunque la mise­ricordia.

Uno degli aspetti essenziali della misericordia di Dio è la gratuità. Dal momento in cui Dio ha deciso di avvicinarsi all'uomo per farsi conoscere, ha già preso la deci­sione di perdonarlo. L'incontro di Dio con l'uomo è sempre in vista del perdono, della pace, della ri­conciliazione. La storia della sal­vezza non è altro che la storia di questo incontro, che diventa to­tale e decisivo fino a farsi defini­tivo in Cristo Gesù. «Quando però si sono manifestati la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiuta, ma per sua misericordia mediante il lavacro di rigenerazione e di rin­novamento nello Spirito Santo, ef­fuso da lui su di noi abbondante­mente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustifi­cati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna» (Tt 3, 4-7). Proprio perché totalmente gratuita, senza supporre nulla da parte dell'uomo peccatore, la misericordia chiede di essere accettata e creduta. ll Si­gnore è vicino all'uomo per do­nargli la sua misericordia.

Dire misericordia è dire qualcosa di inaudito sulla vita intima di Dio. Non vuole dire quindi solo che Dio ci riconcilia a Lui, ma anche che egli si svela come misericor­dioso. È questo un mistero che supera le nostre capacità di com­prendere Dio nella sua realtà. C'è un mistero di sovrabbondanza del dono di Dio, di misericordia, al punto che Paolo esclama: «Dio ha rinchiuso tutti nella disobbe­dienza in rapporto al peccato, per usare a tutti misericordia [...]. O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono impenetrabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha potuto cono­scere il pensiero del Signore? [...] O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio? Poiché da lui, grazie a lui sono tutte le cose» (Rm 11, 32-36). La misericordia di Dio non è dunque un attributo se­condario: è il volto stesso dell'a­more di Dio per noi. Per questo Dio non si pentirà mai di essere misericordioso. La misericordia impegna l'amore infinito ed eterno che è Dio: «Dio è amore», ha scritto l'evangelista Giovanni. Una misericordia che cancella to­talmente il peccato. La misericor­dia che si manifesta attraverso la persona di Cristo non è mai arro­ gante, ma è quella di un servitore dolce e umile di cuore. Non cade dall'alto, non mantiene le di­stanze, si fa semplice, vicina. Non è sentimentalismo. È la misericor­dia di Dio che cancella veramente il peccato. Il suo primo effetto è di perdonare, rialzare, guidare.

A volte si dice che l'insistenza del cristianesimo sul peccato ha os­sessionato patologicamente l'u­manità. Un certo modo di presen­tare le verità cristiane può avere favorito una tale interpretazione, e avere dinanzi certi confessori anche. Occorre sempre ricordare che non si può mai slegare il pec­cato dal perdono e dalla miseri­cordia di Dio. La misericordia ha la capacità di risvegliare il pecca­tore: «Se son caduto, mi rialzerò; se siedo nelle tenebre il Signore sarà la mia luce» (Michea 7, 7-9).

Infine la misericordia è la prima e ultima parola della fede. Le difficoltà e la durezza dell'esi­stenza, per chi accetta la parola di Dio, acquisiscono un tono, un si­gnificato diverso e nuovo. il mondo nella sua concreta realtà di bene e di male appare più accettabile. Accanto alla durezza della vita, il credente scopre la miseri­cordia materna e paterna di Dio. Solo in questa prospettiva si pos­sono comprendere il senso degli avvenimenti della nostra vita e della nostra storia umana. È que­sta la sconcertante rivelazione di fronte alle tragedie umane: «Voi siete i miei testimoni, che io mi sono scelto perché mi conosciate e crediate in me e comprendiate chi sono io». Chi crede osa leggere gli avvenimenti nel linguaggio della misericordia, dell'amore e della bontà di Dio per noi, e acqui­sisce la facoltà di illuminare la du­rezza dell'esistenza e della storia umana. Lo dice il salmo 103/102, 8: «Buono e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande nell'amore», frase che l'evangelista Matteo in­vita a tradurre in una Beatitudine: «Beati i misericordiosi, perché tro­veranno misericordia» (Mt 5, 7).

Ultima modifica il Venerdì, 27 Maggio 2022 17:51

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