BIENNIO DELLA MISSIONE CAMMINO VERSO IL PMCE

Pubblicato in Missione Oggi

Testo approvato dall’Assemblea Continente Europa (21-26/01/ 2013) e completato dai contribuiti delle comunità e missionari della Regione Italia

 

 

“Il fine che ci caratterizza nella Chiesa

è l'evangelizzazione dei popoli...

questo fine deve permeare la nostra spiritualità,

guidare le scelte, qualificare la formazione e le attività apostoliche,

orientare totalmente l'esistenza” (Cost. 5)

 

 

Introduzione

Premesso che le nostre comunità missionarie in Europa, sollecitate da tutti i cambiamenti socio-religiosi, positivi e negativi, nei quali ci troviamo immersi, stanno riflettendo con buona volontà su come vivere ed essere fedeli alla intuizione dell’Allamano, che ci ha radunati ed inviati ad “evangelizzare i non cristiani” anche in Europa, accogliamo l’indicazione dei Capitoli generali di aprirci ad una maggiore mentalità/visione di Continente consapevoli però che la missione non acquista “qualificazione” dalla continentalità ma sempre dal “Vangelo di Gesù” vissuto e annunciato. La continentalità è uno spirito che deve stare alla base dei nostri rapporti, ma anche uno strumento strategico-operativo per aiutare le comunità missionarie in Europa a coordinare la vita, le opere e i criteri di scelta.

Per favorire questa coordinazione a livello continente, è certamente utile costruire un Progetto Missionario Continentale.

Dal X Capitolo Generale, celebrato a Sagana (Kenya), l’Istituto, fedele al suo carisma e attento ai segni dei tempi, guarda alla Missione e dentro se stesso, e scopre l’utilità di un cammino di Continentalità per servire in forma più contestualizzata e strategica la missione in ciascun continente.

Nel XII Capitolo Generale la Continentalità è accolta con rinnovata decisione, offrendo dei principi e delle indicazioni perché ciascun Continente faccia un cammino proprio nella organizzazione e scelte, così da favorire la contestualizzazione delle varie attività missionarie proprie del nostro carisma.

La Continentalità, viene precisato, non è soltanto una organizzazione, é prima di tutto uno spirito che esprime il comune desiderio di contestualizzare la nostra missione e il nostro carisma di evangelizzatori.

Per l’IMC in Europa la Continentalità:

  • è un cammino già in atto, graduale e costante, di qualificazione delle scelte missionarie comuni sul territorio;
  • cammino attraverso il quale ci inseriamo in un processo europeo più ampio che tocca la vita politica, sociale, economica, religiosa dei nostri paesi;
  • che ci spinge, come missionari, a diventare, tra l’altro, sentinelle di universalità e globalità all’interno delle chiese e delle realtà locali in cui operiamo;
  • è lo strumento attraverso il quale possiamo immaginare e realizzare una missione più aperta, condivisa ed efficace, nella responsabilità e nella sussidiarietà.

 

PARTE PRIMA: LA  REALTA'

A- Le sfide della realtà europea alla nostra missione “Ad Gentes”

Molte letture della realtà europea sono state fatte in questi anni in tutti i suoi ambiti: politico, sociale, religioso, economico e culturale, certamente con delle ottiche differenti dipendendo dalla cosmovisione dei suoi autori.

 

Nella relazione introduttiva al Sinodo per l’Europa, il cardinale di Budapest ha affermato che l’Europa ha bisogno di essere evangelizzata, ed elenca alcuni segnali di preoccupazione: “smarrimento della memoria dell’eredità cristiana, la nostra attività catechetica, soprattutto quella congiunta alle istituzioni dello Stato presenta molti limiti; la scristianizzazione è accompagnata da ripetuti attacchi giuridici, e talora fisici, contro la presenza visibile delle manifestazioni della fede; continuano ancora ad essere presenti in Europa tensioni nazionali ed etniche” (Ecc.inEu.,7). Inoltre che la crisi religiosa ha fatto risaltare che ci troviamo di fronte a “molti battezzati”, ma a “pochi cristiani”, con la conseguente presenza di una moltitudine di neo-pagani oltre che di indifferenti.

Come missionari vogliamo riflettere su questi e altri aspetti, tanto negativi come positivi, in quanto toccano la nostra identità come consacrati per la Missione: alcuni sono aspetti tra i tanti, ma altri sono delle grida che bussano alle nostre porte di fronte ai quali non possiamo restare indifferenti o muti come se non capitasse nulla. Elenchiamo, oltre ai segnali di preoccupazione, alcuni degli aspetti negativi:

 

a) La secolarizzazione dei nostri paesi che tradizionalmente erano o sono cristiani. Un certo laicismo che sottolinea un concetto ambiguo di libertà e di rispetto a tutti sta creando una cultura come se “Dio non esistesse”. Vogliono far tacere Dio, perché non credenti oppure per la mancanza di alcuni valori nella formazione.

b) Il relativismo religioso e morale: in buona parte della popolazione è presente la visione che “tutto é possibile”, che non esiste niente di assoluto e quindi “possiamo fare quello che ci piace” senza che nessuno abbia il diritto di entrare nella coscienza e imporre  delle norme esterne a noi. Una delle realtà più colpite dal relativismo è la famiglia rimasta sola a difendere l’educazione e la formazione dei figli alla luce dei valori del Vangelo.

c) L’individualismo imperante per cui ognuno guarda a sé stesso senza badare alla comunità che le è intorno.

d) Le molte povertà che sono nate, e ogni giorno sono in aumento, a causa della situazione economica creata in questi anni e provocata dal capitalismo selvaggio: i ricchi crescono sempre di più, la classe media diventa povera e i poveri diventano miserabili. La vita é condizionata e misurata sull’economia.

e) La Chiesa ha perso i giovani come nel secolo XX perse il mondo operaio. Quelli più sensibili si dirigono a gruppi di forte impegno o a gruppi spirituali, che poco si coinvolgono con la realtà sociale. Conseguenze sul piano religioso, la quasi assenza di vocazioni ad vitam.

f) A questi aspetti va aggiunto, all’interno dei nostri ambienti, la diversa compressione del “concetto di missione”: ha creato e continua a creare confusione; la missioni di ieri è anacronistica e la nuova comprensione è ancora in costruzione.

 

Tutte queste situazioni (e altre ancora che non si possono ignorare), sfidano il nostro essere Missionari in Europa. La missione ha avuto sempre situazioni complicate da affrontare, ha saputo superarle con la forza del mandato missionario di Gesù. Oggi tocca a noi essere sentinelle per individuare gli aspetti problematici, discernere le situazioni e intervenire, senza dimenticare che le stesse situazioni possono risultare delle opportunità per rinnovare la nostra presenza in qualunque ambiente veniamo inviati.

 

B) Le sfide socio-politiche influiscono sui missionari e sulle comunità.

 

1) Sulle persone

 

- la propria stanza é un rifugio per tutte le situazioni, vederci soltanto nelle preghiere o nei pasti non é sufficiente per scambiare le opinioni e crescere nella comunità. Cresce l’individualismo e il computer, a volte, é il migliore amico che abbiamo. Passiamo delle ore non per formarci, ma per informarci, senza comunicarci (vi sono comunità dove non si prega insieme e altre che non si incontrano mai).

- le strutture, così come le abbiamo ereditate, non sempre favoriscono la comunità,  benché ci potrebbe essere, da parte di chi è responsabile, un maggior interessamento verso le singole persone che risiedono nelle strutture.

- il pessimismo davanti al cambiamento e paura per affrontare le nuove situazioni.

- vogliamo fomentare l’integrazione, mentre forse, nella situazione di multiculturalità, dovremmo insistere di più nella interazione.

- ci mostriamo “distratti” o “assenti” davanti alle nuove situazioni e realtà che ci interpellano.

2) Sulle comunità

- L’affermazione: “tutto é missione” ci fa perdere il senso profondo dell'“ad gentes” come pure una dimensione relativa del sacerdozio e della Missione.

- La confusione tra pastorale, Animazione, nuova Evangelizzazione e “ad gentes”.

- Non siamo preparati per essere presenti nelle nuove culture e popoli che arrivano in Europa e la comprensione-rispetto delle loro fedi e cultura.

- Facciamo ancora troppo la missione en relazione al partire dalla casa e dalla struttura, mentre l' Evangelizzazione è andare, è uscire e portare un buona notizia, “buona e nuova”.

- I continui spostamenti del personale non favorisce l'amicizia tra i soggetti e non si possono fare dei progetti a più ampio termine.

 

 

C) Le sfide sono accompagnate da aspetti positivi

 

La realtà Europea non è poi così disastrosa come qualcuno vorrebbe presentarla: si incontrano tantissime opportunità di evangelizzazione, sia tra i giovani come tra adulti ed anziani. L’espressione: “società liquida” non deve diventare una ossessione, come pure non ci deve spaventare il relativismo:questo è il momento storico nel quale viviamo e che siamo chiamati ad evangelizzare. Assieme ai molti che si sono allontanati, molti altri hanno trovato il loro ruolo nella Chiesa, cooperano in diversi campi e sono aperti, recettivi alla formazione religiosa. L’Europa, si legge nel messaggio finale del Sinodo, pur segnata da una secolarizzazione anche aggressiva e ferita dai decenni di regime e ideologie nemiche di Dio e dell’uomo, ha però creato una cultura umanistica capace di dare un volto alla dignità della persona e alla costruzione del bene comune. Le difficoltà del presente non devono quindi abbattere i cristiani, ma devono essere percepite come una sfida”. Anche all’interno delle nostre comunità, la stessa situazione ci stimola a formare comunità più significative, nello stile di vita, nella passione per la missione e nella testimonianza evangelica. Sottolineiamo alcuni aspetti positivi:

 

a) La fame e sete di speranza che si nota in molti (cfr. per esempio, la grande risonanza delle giornate mondiali della gioventù e le visite del Papa, Ecc.inEu.,7);

b) I numerosi gruppi ecclesiali, le varie forme di nuova evangelizzazione, la collaborazione tra le varie chiese e comunità cristiane, la crescita della coscienza dell’unità tra tutti i credenti in Cristo, la necessità del dialogo nel rispetto reciproco.

c) Le nuove culture e religioni, portate dal fenomeno migratorio, che convivono o sono presenti in tutti i nostri paesi. Da una parte sono certo una sfida, ma dall’altra sono una ricchezza, soggetti di evangelizzazione.

d) Inoltre: la facilità di viaggiare anche attraverso il turismo esotico, non ci fa essere unica voce della mondialità. E’ però da evitare, per quanto ci compete, che lo stesso “turismo missionario” finisca per tranquillizzare la coscienza di molti riguardo ad un impegno missionario più costante.

e) L’aumento numerico e di qualità del Volontariato, anche nelle parrocchie, specialmente nell’opera caritativa, la solidarietà dei pensionati. Benché il volontariato può relativizzare l’impegno missionario “ad vitam”, ugualmente esprime la coscienza di una sensibilità e attenzione per l’altro che si cristallizza nella solidarietà operativa.

f) E’ cresciuta la consapevolezza e convinzione che fare missione è “far sentire buono e bello l’annuncio della notizia buona del Vangelo”, come pure far sperimentare alla chiesa locale la freschezza e la giovinezza delle chiese di “missione”.

 

 

D) Il Carisma imc vissuto e offerto, fa parte degli aspetti positivi

 

Premessa per la riflessione: forse si continua ad utilizza in forma impropria il concetto di “Carisma”. Se per carisma si intende lo “spirito” di una istituzione religiosa, lo “spirito” non può essere identificato con  un qualsiasi aspetto positivo di un Istituto, o qualche sua caratteristica, ciò sarebbe riduttivo. L’Allamano ha ricevuto molti doni da Dio e che ha trasmesso a noi come: devozioni, indicazioni spirituali o di metodo, ecc.; il dono “Carismatico” o “intuizione” ricevuta da Dio è “andare ad evangelizzare i non cristiani”. Sarebbe dunque più corretto parlare di “Carisma della missione” da vivere “con la caratteristica materna della consolazione”,  ispirandoci al titolo della Vergine Consolata: fondati non semplicemente per consolare, ma per andare ad evangelizzare i non cristiani.

a) il CARISMA IMC della Consolazione (?)in questa “nuova” realtà sociale e religiosa, malata di pessimismo e di mancanza di speranza rimane più che valido e attuale, anzi, lo è forse anche in modo più valido che nel passato, in quanto le intuizioni del nostro carisma sono sempre attuali per la vicinanza alla gente, la presenza costante in determinati ambienti, presenze di consolazione inserite, come l’evangelizzare attraverso la promozione umana, l’attenzione ai temi della giustizia, della pace, della solidarietà, della fraternità, dei diritti, ecc…

b) Per vivere il carisma dentro il Continente Europa, è necessario formalizzare un progetto riscritto con una condivisione e scambi di opinioni maggiore tra tutti soprattutto dalle giovani forze che, arrivate da altre culture, lavorano, e lavoreranno domani, nel nostro continente.

c) Infine, per rispondere adeguatamente alle sfide che l’Europa ci presenta, vogliamo coinvolgere la collaborazione creativa ed arricchente delle Suore missionarie della Consolata e dei nostri Laici missionari.

 

 

PARTE SECONDA: L’ILLUMINAZIONE

 

A) Le nostre costituzioni

“Dio Padre, che vuole la salvezza di tutti gli uomini in Gesù Cristo (cf. 1 Tim 2,4-5), ha scelto il suo servo Giuseppe Allamano per fondare la nostra Famiglia missionaria religiosa per l’evangelizzazione dei popoli” (Cost. 1).

“L’Istituto è una famiglia di consacrati per la missione ‘ad gentes’ per tutta la vita, nella comunione fraterna, nella professione dei consigli evangelici, e avendo Maria come modello e guida” (Cost. 4).

“La forma e lo spirito voluti dal Fondatore conferiscono unità all’Istituto. Situazioni ecclesiali, sociali e culturali diverse richiedono che l’Istituto sia aperto al rinnovamento, all’inculturazione, al pluralismo. Garanzia di autenticità è la fedeltà alle direttive della Chiesa e allo spirito del Fondatore” (Cost. 6).

“La vita del missionario della Consolata è ‘una vita eucaristica’. Essere ‘missionari eucaristici’ significa per noi fare dell’Eucarestia la fonte e il vertice dell’evangelizzazione, il centro a cui tende tutta la vita spirituale dell’individuo e delle comunità, e, di conseguenza, la ragione profonda per vivere in continua azione di grazie (cf. Col 3,15.17)” (Cost. 12).

“Tendiamo ad acquistare lo spirito della preghiera continua (cf. Lc 18,1), affinché ogni nostra attività sia ispirata da Dio, abbia in lui il suo principio, si compia alla sua presenza e per lui solo. La ricerca di Dio nella preghiera e l’aiuto ai fratelli nell’apostolato si sostengono a vicenda e ci fanno crescere in santità” (Cost. 57).

B- La Parola di Dio

In questo nostro tempo di ricerca, incertezze, crisi siamo in ogni modo chiamati a non perdere la speranza, proprio come il Secondo e Terzo Isaia annuncia. "Consolate, consolate il mio popolo - dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati".

La parola del profeta (Isaia 40,1-2) ci aiuta a comprendere che il nostro carisma della consolazione è un grido di liberazione e quindi un invito a ricostruire quanto sembrava perduto: la relazione tra il popolo e con Dio.

La missione oggi non può pensarsi nelle grandi opere, ma esprimersi secondo il modello del “servo di Yahweh”, capace di ricostruire a partire dalla testimonianza umile e sofferente, ma non per questo debole. È il modello di Cristo (cf. 1 Cor 1,23), che dona la salvezza nel suo donarsi sulla croce. (Is 42,1-4; 49,1-6; 50,4-11; 52,13-53,12).

Se l’annuncio di speranza parte veramente dal cuore di Dio, il missionario non teme di osare la missione, anzi, nonostante la novità e l’incertezza del tempo che vive, prova stupore e gioia perché “io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria… Anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti – dice il Signore” (Is 66,18b-21).

 

C) La Chiesa oggi

“Andare nel mondo ad annunciare il Vangelo, ha detto il Papa ai neocatecumeni, consapevoli che «Dio ama l'uomo così com'è, anche con i suoi peccati» e che «Dio arriva sempre prima di noi, anche nelle culture più lontane», e dunque che è necessario saper «riconoscere l'azione che lo Spirito Santo ha compiuto nella vita di ogni popolo». 

Assieme a queste parole del Papa, due elementi fondamentali ci vengono suggeriti nel messaggio finale del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione (n.12): la contemplazione e i poveri. “Solo da uno sguardo adorante sul mistero di Dio, solo dalla profondità di un silenzio che si pone come grembo che accoglie l'unica Parola che salva, può scaturire una testimonianza credibile per il mondo”. “Ai poveri va riconosciuto un posto privilegiato nelle nostre comunità, un posto che non esclude nessuno, ma vuole essere un riflesso di come Gesù si è legato a loro”.

Come Istituto missionario siamo prima di tutto chiesa dentro la chiesa e per la chiesa. Questo chiede a tutti un impegno costante ad evitare atteggiamenti e attività che guardano  alla semplice ”autoreferenzialità”.

E’ compito della chiesa indicare e suggerire a tutti  i “paradigmi”, come lo sta facendo Papa Francesco: la chiesa tutta è missione, è chiamata ad uscire, ad andare verso le periferie, a convivere con l’odore delle pecore e di conseguenza senza sentirsi padrona delle pecore o dettando norme per loro: tutti, in campi diversi,  siamo servitori del Regno di Gesù e nessuno è padrone della missione se non Gesù Cristo.  

 

D) A livello personale e comunitario

Impegno fondamentale per un consacrato è, prima di tutto, l’essere costante nel tener viva la coscienza delle proprie motivazioni spirituali e vocazionali: sono esse che tengono vivo lo spirito e lo zelo missionario, sono le motivazioni spirituali che danno senso alla scelta di vita fatta, che danno forza “all’essere consacrato” evitandogli di cadere nelle varie forme di  semplice “attivismo” che alla larga portano ad ogni tipo di sterilità. E’ la riscoperta costante di una vita modellata sulla persona di Gesù e del suo Vangelo che garantisce l’efficacia del lavoro missionario. (cfr. l’invito del XIICG: “la necessità del salto di qualità in campo spirituale”).

In secondo luogo, il senso di appartenenza all’Istituto e alla sua opera: "non vi è identità senza appartenen­za" dice il Papa ai superiori generali. L'appartenenza infatti è rivelatrice dell'identità, anche se deve guardarsi da due pericoli: dalla ec­cessiva c1ericalizzazione della vita consacrata e dal ‘funzionalismo’: è la persona che è a servizio dell’Istituzione, dell’opera, e non viceversa

Ma non basta:  è imprescindi­bile per la  missione, una vita di fraternità, cioè una “vita da fratelli”. Il percepirsi tali è dato non per un riferimento istituzionale, ma solo se si vivono le stesse istanze, la prima delle quali è la comunione intesa come comuni­cazione della vita, in particolare la vita di fede che nella rela­zione ha il suo elemento cardine. La fraternità ha «un'enorme for­za di attrazio­ne» e presuppo­ne «l'accettazio­ne delle diffe­renze e dei con­flitti». Una per­sona incapace di vivere la frater­nità «non è adatta alla vita religiosa» (R. Cozza, in Testimoni).

Infine, come singoli e come comunità, deve essere rafforzata la consapevolezza che, pur legati ad un Istituto ad gentes, siamo parte di un tutto più grande di noi, della Chiesa, chiamata tutta ad evangelizzare.

 

 

PARTE TERZA: IL FUTURO

 

Premesse per la riflessione: È un fatto: l'Italia, l’Europa sono diventate terra di missione a causa di una progressiva de­cristianizzazione, della plurietnicità, e la presenza di varie religioni non cristiane. Che cosa può, o deve fare in Italia, in Europa il “missionario di professione” (noi come missionari ad gentes) quando tutta la Chiesa è invitata a diventare missionaria secondo l’EvGm? L’ordinaria attenzione pastorale è prestata nelle strutture parrocchiali. E’ possibile allora una “prassi missionaria” fuori dalle strutture parrocchiali? Nella presente situazione, quale contributo può dare il “missionario di professione” alle parrocchie? Non fa certamente parte della “prassi missionaria” un semplice servizio di mercenario, di tappa buchi o altro simile. Chiederci e chiarirci dunque quali siano le vere competenze del “missionario di professione”, e che mancano al clero locale, è una urgenza, prima di stendere un PMC.

Alcune domande che il Card. Schönborn di Vienna ci pone: “La questione principale è quella di comprendere come gli uomini possano trovare nuovamente nel Vangelo e in Cristo il loro desiderio di spiritualità, di appartenenza religiosa, di orientamento. Se noi ce ne occupiamo soltanto con le nostre strutture, allora facciamo ciò che Papa Francesco ha criticato fortemente come autoreferenzialità della Chiesa. La questione fondamentale è se a noi sta a cuore individuare gli uomini che sono in ricerca e trovare una strada che porti a Cristo. Se solo una piccola percentuale di battezzati frequentano la Messa domenicale, dove si svolge la vita di tutti gli altri? Cosa muove i loro cuori? Quali sono le loro speranze e preoccupazioni? Le loro paure? Preferiamo come comunità parrocchiale, come comunità cristiana, starcene bene e tranquilli dentro le nostre mura, o ci brucia dentro la domanda se questi uomini conoscono Cristo? Questa è la sfida vera per la pastorale.

 

 

A) La Missione “ad gentes” in Europa

Oltre a chiarire la terminologia se è più corretto consideraci “ad gentes” o “inter gentes” in Europa, il servizio di pastorale missionaria deve comunque essere svolto sostanzialmente in comunione con il cammino delle Diocesi; per questo è coscienza comune che l'ambito parrocchiale è come lo spazio naturale dove offrire il nostro contributo specifico da missionari, è il luogo privilegiato dell’evangelizzazione. 

L’ambito parrocchiale infatti, favorisce l’inserimento in una comunità cristiana praticante da dove ci si muove verso le varie periferie del territorio e allo stesso tempo favorisce ogni tipo di lavoro-proposta che diventa automaticamente animazione missionaria e promozione vocazionale. 

La scelta di prestare il nostro servizio pastorale a partire da una comunità parrocchiale, diventa pure uno stimolo per le nostre comunità religiose, grandi o piccole, per superare la tentazione, purtroppo frequente, di rinchiudersi in se stesse o nelle proprie strutture. 

Essere presenti oggi in Europa come missionari significa non aver nessun complesso di non sentirsi tali. La nostra vita, le nostre opere e la nostra spiritualità saranno la nostra tessera di identità davanti alla Chiesa locale e al popolo che serviamo.

 

 

Ecco alcune iniziative che dobbiamo tenere presenti.

Diventare testimoni di una Missione “ad Gentes” come segno di compassione, non soltanto a parole ma con i fatti: sentirci responsabili e “sentinelle” dell’universalità del messaggio presso la chiesa locale e della sua apertura-accoglienza verso tutti attraverso, per noi, il carisma-ministero della consolazione..

- Fare più missionaria la Chiesa locale con il nostro inserimento nelle sue strutture pastorali e missionarie, nella convinzione urgente di fare sentire, come chiesa, che l’annuncio del Vangelo è “buona e bella notizia”, e da parte nostra, di raccontare-condividere con la chiesa locale la “freschezza” delle chiese di missione. “Svegliare la chiesa locale alla missione” attraverso la testimonianza di vita e di scelte.

- Aiutare la chiesa locale a identificare le periferie, e sceglierle noi stessi, tanto quelle geografiche come quelle culturali. Sovente le scelte non sono tanto di andare “lontano”, ma di “andare verso il lontano”.

- Insistendo e formando alla missionarietà i nostri gruppi giovani e adulti attraverso: aspetti di spiritualità - segni concreti - senso della cattolicità-universalità.

- Ridisegnare le nostre presenze geografiche: dove siamo già da troppo lunga data; avere il coraggio di lasciare il territorio quando è già esausto.

- Riproporre e arricchire la Nuova Evangelizzazione con l'ad gentes attraverso una Teologia pastorale contestualizzata e con respiro mondiale; promuovere il cammino del catecumenato, delle comunità di base, e partire dai poveri.

- Il mondo pluriculturale e plurireligioso dell'immigrazione ci sfida ad un servizio intenso e sistematico attraverso un vero programma pastorale di autentica evangelizzazione.

- L'opzione per i giovani con accompagnamento personale per il discernimento.

- Inserimento nel mondo della cultura, della scuola, quale luogo dove si formano le coscienze e si prendono le decisioni che riguardano la vita delle persone, soprattutto in riferimento con le nazioni del sud del mondo.

 

Nota, in questo momento come imc in Europa non abbiamo ancora fatto autentiche scelte verso gli ultimi, i poveri se non una attenzione pastorale ai migranti.

 

 

B) URGENZE a livello COMUNITARIO

 

“Oggi siamo chiamati a far nascere nelle nostre comunità locali un nuovo stile di missione, in linea con il nostro carisma: in “unità di intenti”, con un progetto missionario contestualizzato, semplice ma condiviso e portato avanti da tutti. Ci sono richieste delle attitudini di umile testimonianza e la volontà di instaurare un dialogo da portare avanti tra tutti: con la cultura che ci ospita e con gli altri, diversi da noi. È nella comunità, insieme ai confratelli, che possiamo cercare modi sempre nuovi di annunciare il Vangelo” (XII Capitolo Generale, 11).

 

1- Spiritualità

- “prima santi e poi missionari” (G. Allamano), lasciando a Dio quello che è di Dio e mettendo Cristo sempre al primo posto.

- Rivedere e riqualificare i centri attuali di Spiritualità Certosa – Fatima (e altri significativi) e i luoghi della memoria IMC, perché diventino “luoghi per il Continente” con iniziative appropriate.

- Mettere maggior impegno a tutti i livelli nel attuare quel “salto di qualità spirituale” voluto dal XII  Capitolo.

- Passare dalla semplice e rutinaria “vita comunitaria” alla “vita vissuta in fraternità”.

 

2- Formazione continua

Il momento che stiamo vivendo ci richiede tempi e disponibilità a una formazione e riflessione di maggiore qualità se si vuole, anche come continente, trovare alcune risposte alle sfide dell’Europa di oggi. La formazione e la riflessione deve essere possibilmente mediata da persone o organismi competenti e con sussidi adatti, oltre che a lasciare spazio all’azione dello Spirito Santo e alla forza della testimonianza  missionaria di quanti vivono con generosità il servizio al Regno di Gesù.

Grande responsabilità e spazio in questa riflessione, che guarda verso il futuro, deve essere demandata alle nuove forze, anche e soprattutto non europee, che sono o verranno tra noi: è loro il compito maggiore di disegnare il futuro, e poi attuarlo, secondo i criteri le intuizioni del “nuovo”.

- Creare mentalità continentale condividendo le informazioni sulle varie attività

formative che si realizzano nelle Regioni.

- Organizzare degli incontri di Formazione Continua, a rotazione nelle Regioni, su temi teologici, pastorali, biblici, antropologici...

- Promuovere e partecipare a livello continentale a pellegrinaggi significativi (cammino di Santiago, in Polonia nel mese di Agosto per giovani...)

- Offrire un corso di contestualizzazione alla realtà nazionale e continentale, ai nuovi missionari che arrivano al Continente e ai missionari che tornano alla propria nazione dopo molti anni.

- Giovanni Paolo II parlò di una Chiesa che respira con due polmoni: l'Occidente e l'Oriente. L' Istituto ha fatto la scelta della Polonia per guardare anche all’Est.

- A partire dal Concilio il laicato missionario è espressione della missionarietà della Chiesa. I LMC siano valorizzati maggiormente nel proprio carisma, per portare il vangelo anche in situazioni di frontiera.

 

 

C) AMBITI  della Missione “ad gentes” in Europa:

 

Dalla scelta ormai concorde fra tutti di lavorare con e per la chiesa locale, è nata la disponibilità ad accogliere, nel limite del possibile, le varie proposte dei Vescovi: parrocchie, uffici, coordinazione degli aspetti missionari della diocesi, formazione, spiritualità, santuari. La regione Italia ha già avviato e sperimentato quattro ambiti di azione missionaria che possono essere parte del PMC: la parrocchia, in quanto spazio di evangelizzazione, di animazione missionaria e di promozione vocazionale, il mondo giovanile, gli immigrati e i mezzi di comunicazione sociale.

          

1- Le comunità parrocchiali offrono molte possibilità di intervento pastorale e di animazione in chiave missionaria. E’ urgente però che l’impegno parrocchiale sia assunto con lo “stile e il cuore proprio della missione evangelizzatrice” per affrontare il tema della rievangelizzazione o ricostruzione del substrato religioso nelle famiglie e nella società. Sono pure da ritenere scelte valide le nostre presenze, oltre che nelle parrocchie, nei santuari o chiese pubbliche delle nostre case: garantiscono l’incontro con la gente, qualificano la nostra presenza missionaria e permettono attività di animazione  missionaria. Gli impegni che si assumono con la chiesa locale hanno però bisogno di continuità e perseveranza.

 

2- Una attenzione articolata al “mondo giovanile” da raggiungere nelle forme e luoghi a loro appropriate: giovani da accogliere e orientare con la nostra testimonianza e la proposta di vita modellata sul Vangelo di Gesù. L’attenzione ai giovani, anche a quelli delle nuove generazioni degli immigrati, è da considerarsi non solo il campo preferito per l’animazione missionaria ma anche e specialmente quello della promozione vocazionale, creando per loro cammini di formazione, di spiritualità e spazi di direzione spirituale.

 

3- Il “mondo” della migrazione è certamente un campo di particolare  attenzione missionaria: è un vero ad gentes tanto culturale, esistenziale come religioso. Le nuove culture e religioni che incontriamo sul territorio, sono una sfida per noi missionari. Il primo nostro atteggiamento nei loro confronti è quello di vivere la “cultura dell’incontro”, dell’accoglienza, della tolleranza, del rispetto unito all’attenzione pastorale verso i già battezzati e alla disponibilità di offrire il primo annuncio ai molti che non sono cristiani, proponendo, a tempo opportuno, il cammino catecumenale.

 

Pensando al mondo della migrazione, non possiamo dimenticare le altre realtà di emarginazione sociale e religiosa, il vasto mondo dei poveri. Forse oggi non siamo in grado di pensare ad opere sociali specifiche, ma possiamo “sentire il sociale” e cercare alcune risposte concrete a partire dalla pastorale.

 

4- I mezzi di comunicazione sociale oggi sono strumenti indispensabili per il dialogo con il mondo moderno e soprattutto con la gioventù. E’ necessario però garantire un utilizzo non fine a se stesso, ma per l’evangelizzazione; perciò devono essere gestiti in modo intelligente e professionale, da persone qualificate e incaricate ad hoc. Alla luce dei mezzi di comunicazione sociale va ripensata buona parte della nostra presenza e metodo di lavoro-proposte tanto nel campo della Pastorale come soprattutto in quello dell’AMV, il cui nome nuovo è: evangelizzazione.

Pur impegnati in queste o altre attività che nasceranno, quali missionari sempre e comunque inviati in Europa, non possiamo mai perdere la nostra vocazione “ad gentes anche geografica”, la disponibilità ad essere inviati alle situazioni di popoli e luoghi dove il Vangelo non é ancora conosciuto.

 

 

D) ECONOMIA di COMUNIONE ad intra e ad extra

 

- Si fa notare che nell’Istituto c’è sempre stata una economia di comunione. L’Europa, nonostante la crisi mondiale e la presenza di poveri in aumento, continua ad essere un paese ricco perciò in grado di continuare ad appoggiare le missioni e i missionari imc nel resto del mondo.

- Nelle nostre comunità generalmente non stiamo soffrendo la situazione del nostro popolo. Sono diminuite le entrate, ma non il tenore di vita delle nostre persone e della comunità; purtroppo qualunque opera esterna di tipo economico mostriamo, ha la sua ripercussione sulla nostra stessa credibilità.

- Vivere una economia di comunione esige certi atteggiamenti nuovi anche da parte dei Superiori ed Economi: consultazione, informazione e discernimento evangelico. Attenzione agli sprechi.

- La norma cristiana ci dice che i meno poveri aiutino gli ancor più poveri, nella consapevolezza che diventiamo ricchi quando siamo più generosi.

- Una economia di comunione si basa sulla solidarietà reciproca, anche tra regioni, con attenzione particolare verso la regione che ha più prospettive vocazionali,.

- L’ideale sarebbe di avere solo strutture essenziali proprie ma appoggiarsi maggiormente alle strutture parrocchiali per prestare il nostro servizio; altra possibilità, valorizzare le nostre case, adeguandole, per l’accoglienza o servizi a chi è nella necessità.

- E’ auspicabile avere un coordinamento di economia unico a livello europeo, monitorato dall’amministrazione generale, ma lasciando poi alle singole circoscrizioni la responsabilità delle proprie decisioni.

- A questo tipo di economia di comunione continentale ci si deve però prima formare; prima deve venire il sentirci una realtà europea, una comunità europea, con un progetto di vita europeo, poi si arriverà ad una mentalità comune.  Per questo si suggerisce che il Consiglio europeo programmi un percorso comune di formazione ad hoc su tale realtà.

 

NOTA: Oltre a tener presente i numerosi interventi della DG sul “come vivere la povertà e il voto, è stato annunciato l’anno della Vita Consacrata (2014-15). “Tra i documenti in fase di preparazione presso il dicastero, uno è sulla "gestione dei beni da parte dei consacrati". Forse, per completare le indicazioni operative sul tema “economia di comunione”, si dovrà aspettare qualche indicazione al riguardo.

 

 

E) RISTRUTTURAZIONE DELLE NOSTRE OPERE

 

Premesse per la riflessione: Non è da oggi che si impone un ripensamento sulle nostre opere che pesano molto sulla nostra economia e sulla immagine di consacrati poveri, anche se le nostre strutture non devono apparire unicamente come segni di contro-testimonianza alla povertà; sono pure strutture che accolgono missionari “poveri in salute”, ma disponibili alla testimonianza di vita e al servizio ministeriale, nel limite delle loro possibilità.

Pensare nella ristrutturazione a livello o con criteri di continente, è un po’ complicato in quanto il Portogallo, Spagna e Italia hanno vita propria e diversificata. La presenza in Italia è la più complicata per la tradizione e le grandi strutture ereditate dal passato e che ci condizionano pesantemente. Purtroppo, in questo momento, si è costretti a creare comunità per mantenere le strutture senza prospettiva di futuro.

Il ridimensionamento esige liberarsi delle strutture pesanti, perché obsolete. Strutture che non hanno più senso, ma impegnano personale e finanze. Nessuno purtroppo ha la formula magica, anche se però non si può neppur sempre aspettare; forse sarebbe meglio “svendere” prima che altri regalino o rubino.

Un criterio per la ristrutturazione dovrebbe venire soprattutto dalle forze provenienti dalle giovani chiese: saranno loro i nuovi soggetti di pastorale e di scelte missionarie qualificate in Europa nel prossimo futuro.

 

- Prima però di ristrutturare le pareti, sarà necessario rinnovare la mentalità: che sia positiva, aperta ai nuovi carismi e scelte possibili.

- Riflettere realisticamente sulle forze di cui disporremo tra dieci, quindici anni tirandone le conseguenze per cui ristrutturare tenendo presenti progetti concreti o nuovi sbocchi con alternative possibili come: parrocchie, centri di spiritualità.

- Le nostre strutture siano aperte all’accoglienza, per esempio agli studenti, anche gli stranieri che vengono in Italia. Una alternativa, lavorando insieme alla chiesa locale, mettere le nostre strutture a sua disposizione, nel limite del possibile.

 

 

F) MEZZI e ORGANISMI di appoggio alla Continentalità

 

Prima di creare nuovi organismi e strutture è necessario creare un sentire comune nella “base”, tra i missionari presenti i Europa. La nostra opinione è pure quella di non moltiplicare commissioni: ci sembra sufficiente il Consiglio  europeo composto dai Superiori Regionali. Visto poi i tempi che viviamo e i mezzi a disposizione, ci sembra prudente anche che siano ridotti, dove è possibile, i viaggi e incontri.

- Oltre al Consiglio europeo composto dai Superiori Regionali possono essere create commissioni per aree specifiche: Formazione, AMV (specialmente per i giovani), la Missione, le Pastorali.

- Prevedere, a livello continentale, dei Servizi specifici, limitati nel tempo, in collaborazione con organismi locali, creando un servizio itinerante con membri di tutte le Regioni, soprattutto quando si producono grandi tragedie nel mondo (un'Equipe itinerante?)

- Una attenzione tutta speciale deve essere data, a livello di continente, all'inserimento dei nuovi arrivati o di coloro  che rientrano dopo molti anni; per entrambi c’è bisogno di un tempo di studio, di ascolto e di riflessione guidata. 

 

 

Indicazioni per una ulteriore riflessione:

1- Tutto il cammino di preparazione, e posteriormente di stesura del PMC, dovrebbe essere riletto e riflettuto con l’irrompere del “fenomeno” Francesco e la spinta missionaria che sta dando a tutta la chiesa. A partire dalla lettera apostolica Evangelii Gaudium, come pure dell’ormai significativo dialogo del Papa con i Superiori generali, diventa ancor più urgente dare una risposta alla domanda: quale ruolo specifico hanno gli Istituti missionari ad gentes nella chiesa in genere e per noi IMC in Europa?

2- Inoltre, in concetto “ad gentes” ha pure bisogno di una maggiore chiarezza: si potrebbe, per esempio, differenziare il lavoro pastorale in una comunità cristiana già stabilita, dal lavoro di servizio di primo annuncio a chi non fa parte della comunità ecclesiale: la “pastorale” di una comunità cristiana già stabilita è "formazione alla fede" o mistagogia, attraverso la catechesi, l’ accoglienza e formazione in modo responsabile dei nuovi candidati o catecumeni; la “missione” invece è il servizio dell'annuncio (evangelizzazione) offerto a chi non lo ha ancora sentito o assimilato. (L’evangelizzazione è cosa ben differente dalla catechesi). 

 

 

 

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 16:35

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