RIFLESSIONE SULL'ANNO DELLA FEDE

Pubblicato in Missione Oggi

A cinquant’anni dall’ indizione del Concilio Vaticano II e a venti dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, il Santo Padre Papa benedetto XVI ha indetto l’Anno della Fede.

Il motu proprio, con il quale il Papa ha indetto questo evento di grazia, prende il nome dalle prime parole: “PORTA DELLA FEDE” tratte dal libro degli Atti degli Apostoli. Queste parole sono usate come ultime battute del capitolo quattordicesimo degli Atti per esprimere l’azione compiuta da Dio mediante Paolo e Barnaba nella loro missione, ricca di segni e prodigi, verso i pagani che mediante la loro predicazione hanno deciso di varcare la porta della fede che li ha introdotti all’incontro con il Crocifisso Risorto.

Appare quindi chiaro che per varcare la porta della fede “la Parola di Dio deve essere annunciata e il cuore si deve lasciare plasmare dalla grazia che trasforma” (Porta fidei 1). Attraversare la porta della fede, afferma il Papa, comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita. Ogni giorno, nelle diverse situazione di vita sempre nuove, siamo chiamati a professare la stessa fede nel Signore Risorto. Questo ci aiuta a comprendere che nel cammino di fede nessuno si può ritenere maturo e arrivato. Il cammino iniziato nel Battesimo si completa nell’ora della morte. Il teologo Carlo Molari afferma: 

Se l’uomo è in processo verso il suo compimento, la sua identità non sta all’inizio del cammino, ma alla fine. Noi nasciamo incompiuti, nasciamo “materia” per diventare progressivamente “spirito”, anima, per assumere la nostra identità definitiva, quel “nome che è scritto nei cieli” (Lc 10,20). 

La domanda che ci porremo al momento della morte sarà: Chi sei? Chi sei diventato? Non risponderemo con ciò che abbiamo fatto, perché questo è provvisorio, destinato a perire. Risponderemo se siamo diventati quella forma definitiva di vita che Dio ha fissato per noi, se siamo diventati figli di Dio. Alla nascita l’uomo è un complesso di possibilità vitali aperte ad innumerevoli sbocchi. 
L’identificazione della persona avviene progressivamente attraverso le scelte di ogni giorno, che annullano alcune reali possibilità per renderne attuali solo altre. Per questo tutte le decisioni vitali comportano perdite e spesso anticipano l’angoscia della morte. In realtà ogni scelta, soprattutto se irreversibile, qualifica la persona in un determinato modo annullando molte altre possibilità ugualmente reali” 
( Carlo Molari, Per una fede adulta, Cittadella Editrice, Assisi 2007,p.111). 
Da quanto affermato dal Santo Padre ed esplicitato dal teologo Molari, comprendiamo che la fede anima e dà senso al pellegrinaggio di ogni persona umana sulla terra. 

La fede segna non solo l’origine e la meta ma è anche la mappa che quotidianamente dovremmo scegliere di seguire. La fede, pur avendo questo valore costitutivo nell’esistenza umana, viene data per scontata e a volte anche banalizzata. Per superare questa situazione di crisi, il Sommo Pontefice afferma che: “l’uomo di oggi può sentire di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente , zampillante di acqua viva (cfr. Gv 4,14)” (Porta fidei 3). 
E’ molto importante per gli uomini e le donne di oggi fondare il proprio cammino di fede sulla persona di Gesù. Egli deve essere conosciuto e frequentato dai cristiani e annunciato a coloro che ancora non lo conoscono. 
Per conoscere la Persona è necessario riscoprire il primato della Parola di Dio, quotidianamente letta e meditata. San Paolo afferma: “La fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” ( Rm10,17). Ogni giorno dovremmo prendere tra le mani il Vangelo, leggerlo, meditarlo, ruminarlo, per contemplare Gesù e entrare in vivo dialogo con Lui. 
Alla Parola non possiamo non unire la comunione con il Pane della Vita. Comunicandoci all’Unico Pane Spezzato, ci inseriamo sacramentalmente alla comunione Trinitaria e alla comunione ecclesiale. L’anno della fede vuole porre al centro della nostra vita la persona di Gesù; Lui è la via, la Verità e la Vita. E’ Lui che ci riconcilia con il Padre. E’ Lui l’icona del Padre.
San Giacomo nella sua lettera afferma che se la fede non è seguita dalle opere, in se stessa è morta (Gc 2,17). La fede cresce quando è esperienza dell’amore di Cristo ed è vera quando si concretizza nella carità. L’amore rivelato da Gesù, ascoltato e accolto, diviene stile che informa l’esistenza del credente.

Il Papa nella sua lettera apostolica propone tre verbi per questo anno della fede: confessare, celebrare e testimoniare. Confessare la fede significa riscoprire i contenuti del Simbolo Apostolico e accoglierli nel proprio cuore. Celebrare la fede significa sintonizzare la propria vita con l’economia sacramentale; fare memoria dei sacramenti che ci hanno fatto cristiani, partecipare consapevolmente e attivamente alla Messa, riscoprire il valore del sacramento della riconciliazione come medicina dell’anima, rinnovare gli impegni sacramentali del proprio stato di vita. Confessando e celebrando la fede ci apriamo alla testimonianza che ci impegna a una vita cristiana onesta (cfr. Porta fidei 8).

La fede è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui” (Porta fidei 10). Questa espressione del Papa ci rimanda all’intimità della vita di preghiera. La preghiera presuppone la fede ma la alimenta. Nella preghiera decidiamo di stare alla presenza di Gesù, di gustare la sua dolcezza e di inebriarmi del suo amore. Nella preghiera viviamo il trasporto alle realtà sublimi che anticipano pallidamente le realtà celesti per le quali siamo creati. 

La fede è nello stesso tempo un patrimonio comune che impegna e interpella il singolo. Affermando “Io credo” non solo ci inseriamo nella comune fede della Chiesa ma ci impegniamo personalmente a vivere di essa. Questo aspetto della fede ci salva dall’essere battitori liberi e ci inserisce in una fitta rete di relazioni mistiche. Uniti nella stessa fede non ci sentiamo soli. Impegnandoci personalmente compiamo un atto di responsabilità, proprio delle persone adulte.

Se l’anno della fede non si traduce in una riscoperta della persona di Gesù per una rinnovata adesione a Lui corre il rischio di essere vanificato. Per questo Benedetto XVI afferma: 
In questo tempo terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, “colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” ( Eb 12,2 ): in lui trova compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano. La gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi la vuoto della morte, tutto trova compimento nel mistero della sua Incarnazione, del suo farsi uomo, del condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua Risurrezione. In lui, morto e risorto per la nostra salvezza, trovano piena luce gli esempi di fede che hanno segnato questi duemila anni della nostra storia di salvezza” (Porta fidei 13). 
Il Papa ci invita a tenere fisso lo sguardo su Gesù, a contemplare il suo cuore trafitto come ha fatto san Tommaso per gridare con lui: “Signore mio e Dio mio!” (Gv 28,20). Con gli occhi resi adulti dalla contemplazione del Cuore trafitto del Signore Risorto possiamo guardare alla fede di Maria, degli apostoli, dei discepoli, dei martiri e dei tanti uomini e donne che, sedotti dall’amore di Cristo, si sono arresi al suo amore nella radicalità della sequela.

Possa questo Anno della fede rendere sempre più saldo il rapporto con Cristo Signore, poiché solo in Lui vi è la certezza per guardare al futuro e la garanzia di un amore autentico e duraturo” (Porta fidei 15).

 

 

 

 

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 16:39
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