Formazione all’Evangelizzazione/Missione

Pubblicato in Missione Oggi
Introduzione

a) Alcune domande diffuse.
Di quale missione possiamo parlare oggi? In un mondo “globalizzato” e multiculturale, ha senso parlare ancora di missione “ad gentes”, quando le frontiere nazionali e culturali stanno scomparendo? Che significato possiamo dare ai termini “missione” e “evangelizzazione”?

Sono alcune domande ricorrenti che contengono già in se stesse l’indicazione di cambiamenti avvenuti o in atto e di nuovi cammini da intraprendere.

b) I termini.

Evangelizzazione (gr. evaggelizo) significa annunciare la buona novella, fare il primo annuncio secondo il mandato di Gesù agli Apostoli (cf. Mac 16,15). In questo senso, “evangelizzazione” è sinonimo di “missione”.
Nell’uso istituzionale, “missione” ha assunto una connotazione ecclesiale, indicando l’invio dalla parte dell’istituzione: il missionario è l’ “inviato”. Mentre “evangelizzazione” ha conservato una connotazione qualitativa, di contenuto: missione è evangelizzare con tutti i mezzi disponibili (annuncio, sacramenti, catechesi, opere sociali.....).

c) Senso e importanza della “formazione” alla missione.
“La fede – ha scritto il Papa – si conferma quando la si dona” (RM 2). La nostra vita si fà autentica quando diventa missionaria. In realtà, “la missione consolida la vita consacrata, gli dà un nuovo entusiasmo e nuove motivazioni, sollecita la sua fedeltà” (VC 78).

Di qui l’importanza di una buona formazione, iniziale e permanente, per l’evangelizzazione. La missione “ha bisogno di personalità solide, animate dal fervore dei santi. La nuova evangelizzazione esige dalle persone consacrate una piena coscienza del senso teologico delle sfide del nostro tempo” (VC 81).

E “per essere testimoni della Parola di Dio e annunziarla efficacemente, per collaborare al servizio della Chiesa e alla costruzione del Regno di Dio, i frati minori hanno bisogno che la loro formazione francescana, iniziale e permanente, si realizzi e si perfezioni attraverso una preparazione appropriata e solida” (RFF 157).

La missione è la nuova sfida del terzo millennio, e preparare bene i missionari di domani deve essere il nostro primo impegno.

I) I CAMBIAMENTI NELLA MISSIONE

1.Il principio teologico che tutta la Chiesa è missionaria (AG 2; RM 31) porta alcuni a non considerare più l’azione missionaria “ad gentes” come speciale, particolare, rispetto alle altre attività della Chiesa. Non si mette in discussione il fondamento teologico che fà della Chiesa l’erede e la continuazione della missione del Figlio, secondo il disegno del Padre. Il problema comincia a livello di strategie: se tutta la Chiesa è per la missione, qual’è allora il ruolo specifico degli istituti missionari o dei singoli missionari inviati “ad gentes”? La “missio ad gentes” può essere considerata una vocazione particolare?

Le risposte, a volte insufficienti, a queste questioni indeboliscono l’identità specifica dei “missionari”. Già il Concilio, affermando che tutta la Chiesa è missionaria, aveva detto che per conseguenza ogni chiesa particolare deve essere disponibile ad “inviare” e ad “andare”. La vocazione missionaria è, dunque, il mandato della Chiesa che “invia” alcuni dei suoi membri, è una vocazione “ministeriale” per un servizio particolare, e gli Istituti specificamente missionari “restano necessari per dare garanzia e continuità all’azione missionaria” (cf AG 20,27).

2. Riguardo alle “forme” dell’evangelizzazione, è stato introdotta la dimensione del dialogo unito alla proclamazione. Il dialogo, che è considerato inconturnabile, “non può semplicemente rimpiazzare l’annuncio, ma resta orientato verso l’annuncio” (NMI 56).

Ma come coniugare insieme dialogo, ascolto, rispetto dell’altro da una parte, e dall’altra la proclamazione esplicita del Cristo “verità”? Se il dialogo ha un valore in sé, cosa avviene della proclamazione, della missione tradizionale “ad gentes”? Esiste certamente una tensione tra le esigenze legittime del dialogo inter-religioso e le implicazioni di una teologia della missione.

3. Il dialogo e il rispetto delle altre religioni suppone il riconoscimento in esse di qualche elemento positivo a carattere salvifico. È vero che Dio ha posto elementi di salvezza in tutte le religioni e pure che ogni salvezza avviene unicamente in e per mezzo del Cristo.

Ma come collegare armoniosamente la salvezza nelle altre religioni e la salvezza nel Cristo? Se i popoli delle altre religioni hanno già la salvezza a loro disposizione, vale ancora la pena partire per fare dei cristiani? Come pensare il pluralismo religioso nel disegno di Dio?

Le risposte estremiste dell’intransigenza esclusivista (l’antica comprensione di ‘extra Ecclesiam nulla salus’) e del relativismo sincretista (tutte le religioni sono uguali) sono evidentemente inadatte. La via media, che considera ogni elemento di salvezza sparso nelle diverse religioni come “incluso” nell’unica rivelazione e salvezza di Cristo, attende spiegazioni più approfondite. È importante ritornare al mistero dell’Incarnazione. Nonostante la presenza di “semi di salvezza” in tutte le religioni, il Figlio di Dio si è fatto uomo, si è donato ed è stato esaltato per la salvezza di tutti (cf Fil 2,6-11). Allora si può dire che “la vocazione missionaria, nel suo senso più pieno, costituisce un impegno a continuare nel tempo e fra tutti i popoli l’opera dell’incarnazione e della redenzione” (Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, Lettera circolare ‘Nello studio di rinnovamento’, 17/05/1970, n. 7).

Per la formazione alla missione, la questione è di grande importanza, poiché, se si può ottenere la salvezza completa dell’unico Dio nelle altre religioni, verrebbe a cadere la giustificazione della missione “ad gentes”. È dunque necessario ripensare e riscoprire lo scopo e la vera legittimazione della proclamazione e dell’annuncio a tutti i popoli.

4. Anche il contesto attuale influisce non poco sullo “spirito missionario”. Il fenomeno noto e discusso della globalizzazione sta apportando, tra l’altro, due cambiamenti importanti.

a) Le frontiere degli Stati-Nazioni stanno perdendo d’importanza, con la comunicazione mondializzata e con gli importanti spostamenti e migrazioni di varie popolazioni. La nozione di territorio sta cambiando – leggi: scomparendo – poiché ormai in una comunità particolare troviamo diverse “culture” e “religioni”. E cosa diventa la missione “ad gentes” che era organizzata per aree culturali o etniche, oppure per territori?

b) All’interno di questo nuovo mondo multiculturale e plurireligioso, la geografia stessa della missione è costretta a cambiare. In ogni regione del mondo troviamo una chiesa locale che ha bisogno di fare l’azione pastorale ordinaria per i fedeli, la “nuova evangelizzazione” per i cristiani “dimissionari” della loro fede, e di rivolgere il primo annuncio del Vangelo ai non credenti o non cristiani. Si cerca, allora, di ridefinire il termine “ad gentes”: si parla di missione ad gentes “ad intra” (nella comunità locale), oppure di missione ad gentes “ad altera” (indirizzata agli “altri” che non sono cristiani, sempre nella comunità locale ) o ancora di missione ad gentes “ad extera” (al di fuori della comunità locale).

Chiaramente le frontiere dell’ “ad gentes” cambiano e si spostano dal territorio verso l’ “altro”, dai luogi alle persone. E ciò solleva non pochi problemi di comprensione e di azione missionaria (cf RM 37, sulle nuove frontiere della missione).

5. Un altro cambiamento molto importante è avvenuto a livello di forze o di agenti di missione. La caduta rapida delle vocazioni in generale e dei membri degli Istituti missionari in particolare, sta riducendo al minimo la disponibilità di nuovi missionari. Le Province occidentali dei vari Istituti hanno già gravi difficoltà a gestire la realtà locale e i giovani religiosi avvertono di più i bisogni sempre più numerosi della loro gente di origine. Nelle chiese giovani, fondate dagli anziani missionari, questi non sono che dei gruppuscoli, che non hanno più il ruolo della prima evangelizzazione, mentre nuove forze autoctone stanno crescendo e prendendo le varie responsabilità della missione.

Tutti questi elementi stanno cambiando la visione della missione, stanno provocando un calo dello spirito missionario e dell’interesse per la missione, e rappresentano una sfida a tutta la Chiesa e ai francescani in particolare.

II) SPUNTI PER UNA NUOVA “STRATEGIA” MISSIONARIA

Per formare alla missione/evangelizzazione di oggi, e di domani, è importante saper vedere dove ci conduce l’evoluzione che stiamo vivendo, cogliere non solo le sfide ma anche le nuove “strategie” che si aprono e s’impongono per la missione.

Anzitutto bisogna capire la convergenza che esiste tra la globalizzazione e la missione cristiana, da cui poi sgorgano nuove forme di missione.

A) Durante il periodo della colonizzazione, questa ha fornito alla missione l’infrastruttura (trasporti, protezione, sostegno finanziario) e le ha dato anche un modello d’organizzazione (tracce e metafore militari, come “conquista delle anime a Cristo”, “strappare le anime dalle grinfie di satana”, “estendere il regno della Chiesa”); la missione è diventata opera di civilizzazione. Nella colonizzazione, la missione aveva trovato:

- un territorio da cristianizzare (missione francese, belga, inglese, tedesca, cattolica o protestante);

- un modello di civilizzazione, portando alle popolazioni il Vangelo, l’educazione, la scuola, le cure mediche, che formavano insieme il villaggio tipico missionario composto dalla chiesa, dalla scuola e dall’ospedale;

- un modello di relazioni tra i missionari e le popolazioni, espressa ad esempio dalla “conquista” religiosa dei capi e da metafore che fungevano da slogans di propaganda.

B) La globalizzazione è come una nuova forma di colonizzazione che sta apportando – o imponendo- alla missione nuovi modelli e nuove “strategie”.

1. Alla missione-territorio si sta sostituendo la missione-comunità interculturale e inter-religiosa, dove

• si pensa in termini di persone più che di luoghi (nuova geografia missionaria)

• si mettono in atto contemporaneamente tutte e tre le dimensioni della missione ‘ordinaria-nuova-ad gentes’ (missione globale).

2. L’impegno missionario si fà più mobile e di breve durata, poiché la globalizzazione sviluppa una mobilità sempre più frequente e rapida. È finita l’epoca del missionario che parte per la vita. Oggi si accettano più facilmente i volontari missionari che danno la loro disponibilità per alcuni anni: gli stimoli possono essere più numerosi e le comunità d’origine non s’impoveriscono.

3. La missione deve ormai utilizzare una rete transnazionale, globale, di comunicazione, per neutralizzare l’azione uniformizzante della globalizzazione, che rende le persone della terra omogenee e anonime, e per avvicinare i popoli nella solidarietà dell’unica famiglia umana e imbastire tutta una rete di aiuti materiali e morali, rivolti soprattutto agli emigranti e ai rifugiati che sono sparsi ovunque.

4. L’evangelizzazione diventa oggi missione di riconciliazione. Di fronte ad una globalizzazione che frantuma il mondo in tanti frammenti e divide, la missione deve anzitutto guarire le società frantumate e ferite, per restaurare la dignità umana, per ricercare e dire la verità e la giustizia, in vista di un nuovo ordine di pace.

5. La missione ha nuove parole-simbolo, soprattutto ‘dialogo’ e ‘riconciliazione’. Queste parole-chiave sono offerte in parte dalla stessa globalizzazione, ma soprattutto caratterizzeranno un nuovo modo di fare missione. Non si predica più in maniera unilaterale, ma si annuncia dialogando. Non si lavora più solo per la chiesa propria, ma si lanciano ‘ponti’ che possono collegare sponde diverse, come etnie e culture diverse, e anche chiese locali diverse. E alla missione evangelizzatrice si aggiungono le dimensioni del dialogo interreligioso in particolare, dell’impegno per la giustizia e per l’inculturazione.

6. La missione si comprende come reciprocità o circolarità. La missione si fonda sullo “scambio dei doni” tra le diverse chiese locali (cf LG 13). Oggi non si distingue più una chiesa che invia i missionari e una chiesa che li riceve. Ogni Chiesa locale è nello stesso tempo una chiesa che invia e che riceve. La collaborazione, lo scambio, la reciprocità tra chiese locali è la vera forza e ricchezza della missione. Non c’è più un centro geografico da dove la missione parte. La missione parte dappertutto e va dappertutto!

7. La missione ha bisogno della collaborazione dei laici. Se ogni battezzato è un inviato, ogni laico è missionario. “La missione, che si effettua in forme diverse, è il compito di tutti i fedeli” (RM 71). Alcune chiese sono nate grazie all’impegno missionario dei laici.

8. L’evangelizzazione ha bisogno di una nuova spiritualità missionaria. I nuovi missionari non saranno più “fondatori” di nuove chiese, dovranno essere invece dei “testimoni” all’interno delle chiese giovani di una fede e di un amore senza riserve e senza confini. Questo nuovo missionario parte, dunque, per vivere radicalmente la propria fede, “va in misione per scoprire Dio!”. Certamente, egli va per annunciare il Vangelo, ma Dio lo precede ed egli non potrà dire nulla senza prima aver ascoltato lo Spirito e accolto nel suo cuore la Parola che annuncia.


II) FORMARE ALL’EVANGELIZZAZIONE

1. Riscoprire la vocazione missionaria

La missione è parte integrante della vocazione francescana fin dall’inizio: i seguaci di S. Francesco sono “chiamati” per essere “mandati per il mondo intero” (Lord 9). E l’Ordine dei Frati Minori è di per sé una “Fraternità evangelizzatrice inviata in tutto il mondo” (L’Ordine e l’Evangelizzazione oggi, 2, Capitolo Generale 1991). La chiamata è unica e già, fin dall’inizio, è vocazione missionaria. La missione è come la mèta e l’orizzonte della vocazione: “Chi ha incontrato Cristo, non può tenerselo per sé, deve annunciarlo” (NMI 40). Perciò, la missionarietà, l’andare per il mondo è questione di fede viva, è “l’indicatore esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi” (Redemptoris Missio 11). Per Francesco, l’evangelizzazione è l’espressione dell’incontro con il Cristo (1Cel 22). Per lui, vocazione e missione coincidono (LM 4,2), sia nei primi anni, sia dopo la crisi “contemplativa”, sia alla fine della sua vita.

Inoltre, l’evangelizzazione risponde alla logica del Regno, più che ai bisogni dei destinatari o a qualche altra necessità (cf. Mt 10,1-5, dove chiamata e missione s’identificano). E il Regno non può essere classificato o delimitato secondo i destinatari lontani o vicini (non è la scristianizzazione a mandarci anzitutto in missione), secondo i tempi (prima i vicini e poi i lontanti), secondo i luoghi (prima nelle chiese e poi nella case o lungo le strade), secondo le necessità di “casa nostra” o di altri popoli. L’annuncio, l’andare, è la dimensione fondamentale e permanente dell’evangelizzazione, è la logica del Regno, è il paradigma di ogni forma di missione. Il primo annuncio, la seconda evangelizzazione e la pastorale ordinaria (cf Redemptoris Missio 33) rispondono all’unico invio e costituiscono la stessa missione: sono tre modi o dimensioni strettamente uniti nel tempo e nello spazio, come unica fu la missione di Gesù nelle sinagoghe, nelle case, per le strade, con i giusti e con i peccatori. Ovunque e sempre siamo inviati per annunciare , esortare, rinnovare, consolidare la fede, per fare nuovi discepoli del Vangelo e fortificare i discepoli che sono già alla sequela di Gesù.

2. Formare alla missione in generale

Tenendo presenti i cambiamenti avvenuti o in atto nella visione e nella “strategia” della missione, ecco alcuni aspetti formativi che è bene tenere presenti.

a) Formare una nuova coscienza e sensibilità per la missione, come parte integrante della nostra vocazione francescana, riaccendere il “fuoco apostolico” nel cuore dei giovani, incoraggiare le aspirazioni e le richieste per la missione. Bisognerebbe far risuonare di nuovo le interpellazioni di Gesù: “Uomini di Galilea, perché state a guardare in cielo?” (At 1,11); “Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?” (Mt 20,6); “Andate anche voi nella mia vigna!” (Mt 20,7).

b) Trasmettere la visione teologica e contestuale che la Chiesa ha oggi della missione, inserendo dei corsi sulla missione durante la formazione iniziale e organizzando delle sessioni o degli incontri per la formazione permanente.

c) Preparare i giovani a conoscere i grandi mutamenti della società e a trovare i modi adeguati di evangelizzazione, per es. di fronte alla globalizzazione, all’interculturalità, alle altre religioni, ecc., in vista di un apostolato creativo.

d) Educare i giovani al dialogo, a partire dalla fraternità formativa, nella chiesa locale, nella Provincia e nell’Ordine, con tutti gli uomini. Il dialogo come metodo e mezzo, “fondato sulla speranza e sulla carità”,considerato come una pedagogia “che tende alla purificazione e alla conversione interiore” (RM56)

e) Inviare i giovani verso i nuovi poveri di oggi, incoraggiare “esperienze concrete, accompagnate con prudenza dal formatore, per sviluppare le disposizioni apostoliche, le capacità di adattamento e lo spirito di iniziativa, di relazione con la cultura circostante” (VC 67).

f) Infondere le qualità interiori che sono più specificamente utili ad un buon missionario:

>la fedeltà alla vocazione e alla missione, anche quando si soffre un’ostilità esterna oppure la solitudine oppure l’apparente infruttuosità pastorale;

>l’onestà nelle relazioni e nella realizzazione delle opere, anche quando il contesto porta verso il profitto personale;

>il silenzio, come momento d’interiorizzazione e di contemplazione;

>la capacità di ascoltare i problemi e la sensibilità della gente;

>la libertà interiore, per poter “dare fiducia a Dio come se tutto dipendesse da Lui e, nello stesso tempo, impegnarsi con generosità come se tutto dipendesse da noi” (VC 73).

g) Sviluppare i valori missionari, come:

>la kenosis: esperienza dell’incarnazione e della missione del Cristo, che diventa spoliazione interiore e solidarietà;

>il discepolato: fondamento della vocazione e dell’azione missionaria;

>il servizio, nella sua gratuità e nella sua povertà, che lo rende a volte apparentemente inutile;

>l’essere inviato, per il Regno a tutti i popoli;

>il dialogo, come metodo per costruire l’incontro, la relazione, la comunicazione, l’annuncio.

h) Trovare un nuovo modello di comunicazione, in cui non si presentano tanto le grandi assemblee africane, la vistosità delle opere, i progetti sociali, quanto piuttosto i grandi testimoni, i “martiri” di ieri e di oggi.

3. Formare alla missione “francescana”

a) Formare ad una nuova spiritualità francescana missionaria, che è caratterizzata dai seguenti aspetti:

- una spiritualità d’inserzione nelle condizioni di vita del popolo, fondata sulla condivisione di Gesù nell’Incarnazione e nella Kenosis (Fil 6);

- una spiritualità della presenza: noi vogliamo e dobbiamo essere con il popolo, come Dio era con il suo popolo nella tenda dell’alleanza;

- una spiritualità della solidarietà e della compassione;

- una spiritualità della fraternità, come segno forte di evangelizzazione nel nostro mondo di potere, dominazione e avidità;

- una spiritualità della speranza, fondata sul potere dello Spirito di liberare e trasformare il mondo;

- una spiritualità più dinamica e creativa, che ci rende più docili e collaboratori dello Spirito (cf. H. Schalück, A Missionary vision for the Franciscan Family in the new Millennium, cit.).

b) Formare all’unità tra missione e contemplazione.

L’attività missionaria ha bisogno di essere alimentata, nutrita, ogni giorno, dalla Parola, dalla presenza del Cristo, dalla luce dello Spirito, dalla contemplazione del volto di Dio. Senza una profonda vita interiore non è possibile vivere la missione, la quale non è altro che la testimonianza e la manifestazione dell’amore di Dio per gli uomini.

Francesco ricordava ai frati: il Signore “vi mandò per il mondo intero, affinché rendiate testimonianza alla voce di lui con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c’è nessuno Onnipotente eccetto Lui” (Lord 8). E Chiara scriveva ad Agnese di Praga: “Ti stimo collaboratrice di Dio stesso e sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo ineffabile Corpo” (3LAgnese 8).

La dimensione contemplativa costituisce “la priorità che orienta e anima la nostra vita: la maniera con cui cerchiamo e viviamo la presenza di Dio nel nostro quotidiano determina il nostro stile concreto di vita e la nostra attività pastorale in fraternità” (Priorità del sessennio 1997-2002, 1). Infatti “l’unione stretta tra contemplazione e azione permetterà, oggi come ieri, di far fronte alle missioni più difficili” (VC 74). E molto importante è aiutare i frati a fare e a vivere “l’unità tra l’auto-evangelizzazione e la testimonianza, tra il rinnovamento interiore e il rinnovamento apostolico, tra l’essere e l’agire, facendo apparire che il dinamismo viene sempre dal primo elemento del binomio” (VC 81).

c) Formare alla “fraternità evangelizzatrice”.

“Noi siamo una fraternità e una fraternità evangelizzatrice. Qui si trova la nostra vocazione e la nostra ragione d’essere nella Chiesa e nel mondo [....]. La nostra funzione (munus) è di dare testimonianza in qualità di “piccoli fratelli” e di portare a conoscenza di tutti “il Bene, il Sommo Bene, il Signore Dio vivente e vero” (Priorità del sessennio, cit., 3,4).

E questo, concretamente, vuol dire:

>formare una fraternità che si lascia evangelizzare, in cui ci si lascia convertire sempre più e di nuovo, sia come singoli che come fraternità, al Signore, ai valori del Vangelo, ai segni dello Spirito (cf. CCGG 86);

>fare di ogni casa una fraternità evangelizzatrice per la semplicità della vita, la qualità delle relazioni interpersonali, l’apostolato con i poveri e gli emarginati, poiché i poveri sono i nostri veri maestri e formatori (cf. Formazione dei Professi temporanei francescani in Africa e Madagascar. Orientamenti pratici ad uso dei Formatori, Lusaka 1999);

>educare i frati a vivere “l’unità nella diversità”, a riconciliare le diversità, “suscitando, accogliendo e accompagnando le varie espressioni di vita francescana (contemplazione, inserzione con i poveri, itineranza....) o le diverse forme di evangelizzazione” (G. Bini, L’Ordine oggi, cit., p.30);

>educare i giovani ad impegnarsi per il progetto della fraternità, senza cercare un proprio progetto personale, e a essere evangelizzatore in nome e per mandato della fraternità.

d) Formare ai progetti missionari dell’Ordine

* I “progetti missionari”.
Alcune missioni particolari sono state proposte e assunte dalla Curia generale e sono divenute “progetti missionari dell’Ordine”.

Il primo è stato lanciato nel 1982 con la lettera “L’Africa ci chiama” di fr. John Vaughn, e ha avuto inizio l’anno seguente (1983) come Vicariato, passato poi a Vice- Provincia, con sede a Nairobi. Sei anni più tardi (1988), il Ministro generale fr. J. Vaughn faceva il bilancio della prima esperienza e estendeva a tutto il continente lo spirito del progetto Africa. Oggi ne abbiamo una descrizione nel fascicolo “Progetto Africa” (OFM 2000), dove si presentano le presenze francescane in 24 Paesi africani.

Nel 1984 aveva inizio il “progetto Thailandia”, per impiantarvi una presenza accanto ai malati di AIDS e come luogo di dialogo inter-religioso. Oggi è stata costituita la “Fondazione francescana di Thailandia”, che è affidata alla Provincia dell’Indonesia, ma sempre come progetto internazionale dell’Ordine.

Nel 1989, lo stesso Ministro generale J. Vaughn, valorizzando un’antica e ricca tradizione francescana, lanciava il “progetto Cina”, che recentemente è stato dotato di “Statuti speciali”.

Il Ministro generale fr. Hermann Schalück, nel 1994 dava inizio al “progetto Russia e Kazakistan” per installare e consolidare la presenza francescana, assistere pastoralmente i cattolici di rito latino e iniziare un rapporto fraterno con la tradizione religiosa della Russia, seguendo le indicazioni della Pontificia Commissione “Pro Russia” (1 giugno 1992).

* Le caratteristiche dei progetti missionari dell’Ordine

Questi quattro progetti sono nati nel periodo post-conciliare, quando la visione della missione si stava rinnovando, e l’Ordine stava riscoprendo la “identità francescana” delle origini.

Nel frattempo, l’immagine del missionario cambiava e la visione stessa della missione è confrontata agli interrogativi e alle sfide che le si pongono nel contesto contemporaneo (vedi I parte di questa relazione).

I progetti missionari dell’Ordine hanno assunto il nuovo “spirito” e si muovono sulle seguenti caratteristiche o priorità:

1. Il primo scopo è la “implantatio Ordinis”, che segue la “implantatio Ecclesiae” del periodo precedente. Il primo impegno missionario è quello della formazione dei frati autoctoni, per iniziare o consolidare e sviluppare la presenza francescana, secondo i bisogni e le forme delle diverse culture.

2. Le nuove fraternità devono essere “inculturate”, devono trovare il linguaggio, lo stile, la forma di vita che più conviene ad una cultura o mentalità particolare, sempre restando fedeli ai valori fondamentali del nostro carisma. È passato il tempo di esportare modelli europei in Africa o in Asia.

3. La fraternità ha la priorità sulle opere. Una comunità è francescana se vive e irradia la fraternità. I missionari sono presenti come “frati-fratelli”, mostrando con la vita che si può vivere insieme, nella comunione e nell’unità, pur essendo diversi.

4. Le fraternità missionarie sono internazionali, interculturali. Questo aspetto dà apetura e ricchezza alle fraternità, che diventano così “segno” della tolleranza, del rispetto dell’altro, della vera riconciliazione e della pace.

5. I frati abitano e vivono accanto al popolo, per ascoltarne i bisogni, e al servizio della Chiesa locale. Non si impone un progetto pastorale, ma si serve una chiesa e un popolo.

6. Le nuove presenze francescane si danno strutture nuove e flessibili, come case semplici, attività itineranti, ecc.

7. La nostra missione è fatta in collaborazione con la famiglia francescana. Anzi, nella “implantatio Ordinis” è compresa anche l’opera per la costituzione dei vari rami della famiglia francescana (Clarisse, OFS, Istituti secolari francescani).

* La formazione per le missioni dell’Ordine

Dall’ottobre 2000, l’Ordine ha una fraternità internazionale a Bruxelles per sostenere i progetti missionari. A questa fraternità sono stati affidati tre compiti:

- preparare i futuri missionari attraverso il discernimento della vocazione missionaria, l’accompagnamento personale e comunitario, e la formazione per acquisire gli strumenti necessari alla missione;

- accogliere i frati che sono in missione e che hanno bisogno di un periodo di riposo e di “aggiornamento” spirituale e culturale;

- cercare di vivere un nuovo tipo di fraternità francescana in Europa.

Per la preparazione dei nuovi missionari, la fraternità ha preparato un “progetto di formazione”, che si sviluppa attorno agli aspetti seguenti:

1. Vivere in una fraternità internazionale, che vuol dire:

guardare l’altro nel positivo, rispettarlo e accettarlo come fratello dato dal Signore; mettere al centro la persona, l’uomo (e non le abitudini o la maniera di fare) e i valori tipicamente evangelici (preghiera, comunione, unità...); costruire la fraternità e seguire il suo progetto (non il progetto personale), come impegno prioritario; favorire la creatività, l’unità nella diversità; sapere superare i conflitti interpersonali; sviluppare la comunicazione e il dialogo.

2.Vivere lo “spirito” di una fraternità missionaria, ossia la dimensione contemplativa ordinaria, le relazioni fraterne, i servizi della casa, i momenti “forti” della fraternità come il Capitolo locale, il ritiro mensile, la revisione di vita.

3.Fare le prime esperienze missionarie in qualcuna delle comunità cristiane “straniere” esistenti a Bruxelles, secondo la regione di destinazione (pastorale in una comunità africana o asiatica, incontrare comunità ortodosse o musulmane, ecc.).

4.Seguire i corsi sugli aspetti che riguardano la missione nel senso più ampio (storia e teologia della missione, teologie africane e asiatiche, ecumenismo e dialogo, religioni non cristiane, inculturazione, sviluppo umano, giustizia e pace, non-violenza attiva,ecc.).

4. Organizzare un “piano provinciale per la formazione alla missione/evangelizzazione”.

La “Ratio Formationis Franciscanae” è stata redatta in un periodo in cui la sensibilità dell’Ordine era rivolta specialmente alla formazione specificamente francescana, per cui la dimensione missionaria è restata un pò nell’ombra. Oggi la missione/evangelizzazione è emersa come la grande sfida del terzo millennio ed è la dimensione che qualifica la vita stessa delle nostre fraternità.

Si ritiene, pertanto, indispensabile che le Province completino la loro “Ratio formationis” con un programma organico e graduale, dalla formazione iniziale fino alla formazione permanente, per far crescere i frati nella nuova visione e nello spirito francescano della missione.

Nel “piano provinciale per la formazione alla missione” è importante prevedere due serie di elementi, che cerco di esplicitare brevemente a titolo di sussidio:

a) Gli obiettivi:

PER I POSTULANTI

-Riprendere e approfondire la missione del cristiano, che deriva dal Battesimo e dalla Cresima.

- Far sentire al Postulante che l’evangelizzazione e la missione “ad gentes” sono parte integrante e necessaria della vita francescana.

PER I NOVIZI

-Approfondire lo “spirito” e lo “stile” della missione francescana

-Presentare le qualità del frate minore missionario (interiorità, fedeltà, silenzio, ascolto, servizio...)

-Presentare la storia delle missioni dell’Ordine e della Provincia, e le figure più significative dei frati missionari.


PER I PROFESSI TEMPORANEI

-Approfondire la visione della missione nella Chiesa di oggi e nel carisma francescano.

-Formare il frate minore “missionario”

-Fare conoscere i progetti missionari dell’Ordine


PER LA FORMAZIONE PERMANENTE

- Rinnovare la mentalità, la visione e l’interesse della missione.

- Rianimare il Segretariato provinciale per l’evangelizzazione missionaria.


a) I mezzi:

PER I POSTULANTI

- Approfondire la missione nella vita di Gesù e degli Apostoli.

- Favorire informazioni, incontri, testimonianze: riviste missionarie, video sulle missioni e incontri con i missionari.

- Accompagnare le prime esperienze di evangelizzazione.


PER I NOVIZI

- La missione nell’esempio e negli insegnamenti di S. Francesco e nei documenti dell’Ordine.

- Storia dell’evangelizzazione, e in particolare delle missioni francescane.

- Spiritualità francescana missionaria.


PER I PROFESSI TEMPORANEI

- Teologia della missione.

- Progetti missionari dell’Ordine.

- Religioni non cristiane, Dialogo inter-religioso, inculturazione.

- Studio delle lingue straniere.

- Esperienze di missione.


PER LA FORMAZIONE PERMANENTE

- Sessioni, esercizi spirituali, ritiri mensili sulla missione/evangelizzazione.

- Invio di qualche frate – anche per un periodo limitato di anni – in un progetto missionario dell’Ordine.

- Incoraggiare, preparare e accompagnare i giovani laici francescani per esperienze e servizi missionari.

- Revisione delle strutture provinciali a proposito della missione (animazione, coordinamento, sostegno, collaborazione...).

Uno strumento utile per la formazione alla missione è il Corso fondamentale sul carisma missionario francescano, pubblicato dal Centro missionario francescano (Missionszentrale der franziskaner) di Bonn. Questo corso è il frutto della collaborazione di persone di tutta la famiglia francescana e di diverse parti del mondo.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 16:56
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Perù: prima assemblea dei popoli nativi

14-07-2024 Missione Oggi

Perù: prima assemblea dei popoli nativi

I rappresentanti dei popoli nativi dell'Amazzonia peruviana, insieme ai missionari, si sono riuniti nella Prima Assemblea dei Popoli Nativi, che...

Padre James Lengarin festeggia 25 anni di sacerdozio

13-07-2024 Notizie

Padre James Lengarin festeggia 25 anni di sacerdozio

La comunità di Casa Generalizia a Roma festeggerà, il 18 luglio 2024, il 25° anniversario di ordinazione sacerdotale di padre...

Nei panni di Padre Giuseppe Allamano

13-07-2024 Allamano sarà Santo

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L'11 maggio 1925 padre Giuseppe Allamano scrisse una lettera ai suoi missionari che erano sparsi in diverse missioni. A quel...

Un pellegrinaggio nel cuore del Beato Giuseppe Allamano

11-07-2024 Allamano sarà Santo

Un pellegrinaggio nel cuore del Beato Giuseppe Allamano

In una edizione speciale interamente dedicata alla figura di Giuseppe Allamano, la rivista “Dimensión Misionera” curata della Regione Colombia, esplora...

XV Domenica del TO / B - “Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due"

10-07-2024 Domenica Missionaria

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Am 7, 12-15; Sal 84; Ef 1, 3-14; Mc 6, 7-13 La prima Lettura e il Vangelo sottolineano che la chiamata...

"Camminatori di consolazione e di speranza"

10-07-2024 I missionari dicono

"Camminatori di consolazione e di speranza"

I missionari della Consolata che operano in Venezuela si sono radunati per la loro IX Conferenza con il motto "Camminatori...

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