I “nuovi” movimenti sociali latinoamericani

Pubblicato in Missione Oggi
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Premessa

La globalizzazione in versione neoliberista estende ormai i suoi effetti, diretti o indiretti, sull’ intero pianeta, con la conseguente destabilizzazione sociale sia degli strati sociali più deboli come delle classi intermedie, causata dalla polarizzazione verso l’ alto delle ricchezze generate da un sistema economico avente indubbie capacità di produzione di beni ma non della loro ridistribuzione e portatore di paradigmi economici, culturali e sociali devastanti.


Gli effetti prodotti in America latina sono stati ampiamente descritti nel libro precedente al quale rinviamo per approfondimenti. L’ indebolimento - avvenuto sotto la spinta della dottrina del <Consenso di Washington> - sia degli stati nazionali che delle strutture politiche e sindacali tradizionali che consentivano, pur con molti limiti e contraddizioni, un certo numero di benefici, ha fatto nascere un po’ ovunque forme alternative di resistenza, frammentate, diversificate, talune emancipatrici ed altre regressive (fondamentalismi religiosi o culturali, identitarismi esasperati), aventi grado di consapevolezza diverso circa le cause della situazione, tutte accusatorie del nuovo modello dominante che, ricordiamolo, non è solo economico, come molti erroneamente interpretano, ma anche e sopratutto <ideologico> 1.

Questa galassia di nuove resistenze, movimenti etnici, ecologisti, femministi, pacifisti, dei diritti umani, antirazzisti, di economia solidale ecc. costituisce nel suo insieme il brodo di cultura dei cosiddetti <nuovi> movimenti sociali, cioè di quelle forze di nuovo conio capaci di darsi almeno un embrione di struttura ed alcuni obbiettivi politici, per lo più settoriali e geograficamente limitati, ma con una consapevolezza più o meno esplicitata della presenza di un nemico globale anche se male identificabile concretamente data la sua <opacità> 2.

La varietà di queste componenti dell’ odierna ribellione latinoamericana è un fattore di novità rispetto alle stesse ribellioni latinoamericane del passato. Alla diversità di attori sopra citata potremo aggiungere le rivolte dei maestri in Messico - da quella generosa e tragica capeggiata da Lucio Cabañas nello stato di Guerrero negli anni Ottanta a quella in corso a Oaxaca – o quella degli operatori della sanità in El Salvador che hanno riaperto una stagione di lotte sociali allargate dopo che gli accordi di pace del 1992 avevano fortemente attenuato per alcuni anni la lotta sociale. Ma certamente la novità più evidente, anche nei contenuti oltre che per l’ ampiezza, è costituita dall’ emergere delle lotte delle popolazioni indigene.

Altro fatto nuovo significativo delle recenti ribellioni è che esse sono sorte non contro regimi dittatoriali o oppressivi bensì contro governi democraticamente eletti:

In tutte queste ribellioni è emersa anche un’ esigenza di democrazia reale. Per la prima volta nella storia regionale una ondata di rivolte non affronta dei dittatori bensì presidenti costituzionali. Questa novità dimostra che le lotte latinoamericanr non si restringono ad una battaglia contro regimi totalitari. Esiste una percezione ormai generalizzata che l’ esistenza di sistemi costituzionali non risolve i drammi sociali. Si avverte che queste strutture politiche vengono utilizzate dalle classi dominanti per accrescere lo sfruttamento dei lavoratori 3.

Ultima notazione concernente la varietà delle componenti costituenti lo spettro delle resistenze, alcuni importanti analisti lamentano la secondarietò componente contadina nel momento attuale, forse ricordando la grande insurrezione zapatista del 1910 od altre, minori ma pur rilevanti, avvenute in vari paesi successivamente. Non concordiamo su questa visione di fronte al crescere, ad esempio, dell’ attività di Via Campesina o della Cloc, il Coordinamento latinoamericano delle organizzazioni campesine, o di quella dei Sem terra in Brasile, delle organizzazioni campesine in Paraguay o in Mesoamerica, senza dimenticare che molte delle ribellioni indigene hanno una forte componente contadina. Un recente libro di Silvia Perez-Vitoria, Il ritorno dei contadini 4, mostra come il mondo contadino stia recuperando a livello mondiale come in America latina un ruolo da protagonista.

Difficoltà di una definizione

Di fronte alla complessità del fenomeno molti studiosi, sociologi in primo luogo, hanno tentato analisi esplicative unificanti, enunciato teorie ed ipotesi, sezionandone i vari elementi e momenti : come nasce il passaggio dalla protesta individuale all’ azione collettiva, come questa tende a strutturarsi e ad operare, con momenti forti e momenti deboli alternati ecc. Come pure hanno tentato di identificare le politiche concrete capaci di produrre un profondo cambiamento del sistema. Operazioni non agevoli data la mobilità della situazione sia a livello globale che all’ interno dei singoli movimenti, soggetti alla turbolenza del sistema ma anche a dinamiche interne <irripetibili> dall’ uno all’ altro. Così le varie risposte volte a dare una definizione unitaria del fenomeno rappresentato dai movimenti sociali sono spesso contraddittorie fra loro. Un’ analisi brillante di queste interpretazioni è offerta da J. Alonso e che segnaliamo 5. Egli segnala fra l’ altro come le azioni di resistenza e di protesta collettiva non coincidano di per sé con il fenomeno dei <movimenti sociali>, anche se spesso sono propiziate da questi, e che i movimenti sociali <non sono una conseguenza automatica dell’ aggravio> delle situazioni materiali e <non nascono meccanicamente dall’ accumulo delle frustrazioni>, e come spesso essi abbiano all’ origine una natura più culturale che economica.

I. Wallerstein in un recentissimo libro, inquadra così il problema 6:

Movimenti sociali. Questa espressione è originaria del secolo XIX e fu originariamente utilizzata per riferirsi a movimenti che promuovevano gli interessi dei lavoratori dell’ industria, come i sindacati e i partiti socialisti. Più tardi il termine acquistò un significato più ampio facendo riferimento a tutti quei tipi di movimenti basati sull’ attività dei loro membri e rivolti all’ azione educativa e politica. Oggi, oltre ai movimenti dei lavoratori, anche quelli delle donne, ambientalisti, antiglobalizzazione, dei diritti dei gay e delle lesbiche, tutti sono denominati movimenti sociali.

Egli ha introdotto per primo la definizione di movimenti <antisistemici> per indicare tutti quei movimenti che, ieri come oggi, si sono dati come obbiettivo il cambiamento profondo delle strutture di potere vigenti, obbiettivo che, seppur con tempi e modi diversi, è proprio dei principali movimenti di cui ci occuperemo, mentre altri mirano invece a una <razionalizzazione> o <umanizzazione> del sistema (è ad es. il caso di alcuni movimenti ambientalisti), cosa che non esclude la possibilità di azioni talvolta congiunte.

Se esistono divergenze nella definizione del termine <movimenti sociali>, esiste invece concordanza nelle ragioni della loro genesi: come detto all’ inizio essa risale alla globalizzazione capitalistica nella versione neoliberista e alle politiche successive alla crisi degli anni 70 volte a far pagare ai paesi della <periferia> - ma ora anche alle classi medie e basse del <centro> - i costi della crisi economica iniziata negli anni Settanta, esaurito il ciclo dei <trenta gloriosi>. A questa Atilio Boron ne aggiunge una specifica, quella del fallimento, in America latina, della formula del <capitalismo democratico> succeduta ai regimi militari 7:

In secondo luogo è necessario dire che il sorgere di queste nuove espressioni della politica di sinistra si relazionano intimamente con il fallimento dei <capitalismi democratici> della regione. Ci limitiamo a dire che la frustrazione generata dal disimpegno dei regimi chiamati democratici in questa parte del mondo è stato intenso, profondo e prolungato. E’ stato grazie a queste particolari <democrazie>, che a partire dagli anni Ottanta fiorirono nella regione, se le condizioni sociali peggiorarono drammaticamente.

“Nuovi” movimenti, perché?

L’ aggettivazione nuovi , da alcuni contestata col motivo che i loro obbiettivi sarebbero gli stessi dei <vecchi> 8, si riferisce a quelli apparsi negli ultimi 20 anni del secolo XX 9, per lo più durante e dopo la caduta dei regimi militari andati al potere in nome della <dottrina della sicurezza nazionale>, e moltiplicatisi fra gli anni Ottanta o Novanta con l’ arrivo dell’ ondata neoliberista. Essi sono stati definiti nuovi perché le loro caratteristiche, come vedremo, sono assai diverse da quelle dei movimenti sociali delle decadi precedenti.

Nel caso latinoamericano questi <nuovi> movimenti sono caratterizzati da 4 filoni di pensiero indicati come <autoctoni> da R. Zibechi e certamente estranei alla tradizione precedente agli anni 70: il <guevarismo>, la cultura indigena, la teologia della liberazione, la pedagogia della liberazione, il cui esponente più noto è stato Paolo Freire.

Wallerstein introduce un altro elemento di <novità> relativo ai <vecchi> movimenti che avevano ottenuto un’ ondata di successi, trasformatisi poi in fallimenti, dopo la fine della II guerra mondiale con l’ andata al potere delle forze di sinistra in molti paesi occidentali, e dei movimenti anticolonialisti nelle ex colonie ecc. Questi, segnala Wallerstein, erano andati al potere seguendo la teoria dei due tempi : prima prendere il potere, poi trasformare le strutture. Cosa che in genere non è avvenuta, per motivi che non possiamo qui analizzare malgrado l’ interesse 10. Il fallimento di questa formula ha fatto sì che essa non sia stata assunta come paradigma dai movimenti successivi. I quali, ricordiamo di sfuggita, non sono prodotti solo dall’ oppressione insita nel processo di produzione che aveva generato in passato la protesta organizzata in partiti e sindacati che facevano proprie le loro ragioni, bensì di <tutte le nuove forme di oppressione che oltrepassano le relazioni di produzione> 11.

Souza Santos sottolinea, di fronte alle accuse di <spoliticizzazione> spesso mosse ai movimenti, come essi, più che un rifiuto della politica, esprimano l’ esigenza di un suo allargamento al di là dei suoi limiti tradizionali attraverso:

una politicizzazione del personale, del culturale e del sociale. In questo modo si pensa e si organizza una cittadinanza attraverso nuove forme. Un segno di questa novità è il fatto che si combattono le dipendenze burocratiche, si incentivano le autonomie e si cerca di rinnovare il principio di comunità In queste dinamiche si preferiscono le strutture decentralizzate e fluide e si promuove l’ azione politica non istituzionalizzata. […] La sfida dei nuovi movimenti è che nelle loro ricerche possono trovare una sintesi fra soggettività, cittadinanza e emancipazione (Santos) 12.

Caratteristiche dei “nuovi” movimenti sociali latinoamericani

Per sottolineare le caratteristiche principali dell’ azione dei <nuovi> movimenti sociali partiremo dall’ analisi che del fenomeno fa Zibechi, che ne è studioso attento 13:

Sono la risposta al terremoto sociale provocato dall’ ondata neoliberista degli anni Ottanta che sovvertì i modi di vita dei settori popolari dissolvendo e componendo le forme di produzione e riproduzione, territoriali e simboliche, che disegnavano il loro intorno e la loro vita quotidiana.

Tre grandi correnti politico- sociali nate in questa regione, formano l’ ossatura etica e culturale dei grandi movimenti:
• le comunità ecclesiali di base legate alla teologia della liberazione
• l’ insurrezione indigena , portatrice di una cosmovisione diversa da quella occidentale
• il guevarismo , ispiratore della militanza rivoluzionaria.

Queste correnti di pensiero e di azione convergono originando un <meticciato> arricchente, che è una delle caratteristiche distintive dei movimenti latinoamericani 14.

Quelle che seguono sono più analiticamente alcune delle caratteristiche comuni che si ritrovano in movimenti, pur fra loro diversi e distanti geograficamente come i Sem terra brasiliani, i piqueteros argentini, gli indigeni ecuadoriani della Conaie, gli zapatisti del Chiapas o gli attori della <guerra dell’ acqua> in Bolivia 15:

• la territorializzazione dell’ azione in spazi fisici <recuperati o riconquistati con lunghe lotte aperte o sotterranee>, rispondendo così alla deterritorializzazione produttiva neoliberista. Questa territorializzazione è ben evidente negli insediamenti agricoli recuperati dei Sem terra, nei Municipi autonomi zapatisti o nelle fabbriche <recuperate>, dopo l’ abbandono da parte dei proprietari, in Argentina o Venezuela, o nelle lotte di Cochabamba, Achakachi e El Alto in Bolivia:

In tutto il continente vari milioni di ettari sono stati recuperati o conquistati dai poveri, facendo entrare in crisi le territorialità istituite e rimodellando gli spazi fisici della resistenza. Dai nuovi territori i nuovi attori inalberano progetti di ampio respiro, fra i quali emergono la capacità di produrre e riprodurre la vita nel tempo stesso in cui stabiliscono alleanze con altre frazioni dei settori popolari e delle classi medie

• la ricerca dell’ autonomia sia dagli stati che dai partiti politici, autonomia oggi resa possibile grazie all’ auto-organizzazione che non fa più dipendere completamente dallo Stato tutta una serie di persone e di gruppi penalizzati dal sistema

• la rivalutazione della propria cultura e l’ affermazione dell’ identità dei popoli e dei settori sociali, di cui parleremo in altri capitoli

• la capacità di formare i propri quadri intellettuali, in alcuni casi distrutti in tempi recenti o remoti (la decimazione degli intellettuali andini dopo le insurrezioni dell’ Ottocento o le migliaia di desaparecidos in Argentina e Cile all’ epoca delle dittature militari). Oggi i movimenti più forti stanno prendendo in mano la formazione e l’ educazione dei propri aderenti e anche dei propri dirigenti, non delegando più organizzazioni esterne come partiti e sindacati a rappresentarli e a parlare in loro nome. Anche di questo tema parleremo di nuovo successivamente.

• il nuovo ruolo delle donne, che occupano oggi posizioni di rilievo sia nelle stesse organizzazioni sia nei parlamenti o in altri posti statali. Inoltre:

l’ instabilità delle coppie e la frequente assenza degli uomini hanno convertito le donne in organizzatrici dello spazio domestico e in animatrici delle relazioni che si dipanano a partire dalla famiglia, che in molti casi si è trasformata in unità produttiva dove la quotidianità lavorativa e quella familiare tendono a riunirsi e a fondersi. Insomma, emergono una nuova famiglia e nuove forme di ri-produzione strettamente legate, nelle quali le donne rappresentano il principale vincolo di continuità e unità>.

• una diversa organizzazione del lavoro ed un diverso rapporto con la natura. La prima emerge nelle terre o nelle fabbriche occupate in cui vengono istaurati rapporti più orizzontali e ugualitari, senza una rigida divisione dei compiti resi meno alienanti. <Le forme organizzative degli attuali movimenti tendono a riprodurre la vita quotidiana, familiare e comunitaria, assumendo spesso la forma di reti di auto-organizzazione territoriale>

• infine la pratica di nuove forme di lotta più efficaci e più <autoaffermative> di quelle tradizionali : l’ <occupazione> delle città da parte degli indigeni che simboleggiano una riappropriazione materiale e simbolica di uno spazio estraneo per dargli un nuovo significato, l’ occupazione di terre da parte dei senza terra in molti paesi o di complessi abitativi in costruzione da parte dei senza tetto, i blocchi stradali praticati da indigeni e da operai in Argentina, Bolivia, Messico, le lunghe marce talora di centinaia di chilometri verso le città che aggregano le popolazioni lungo il percorso etc.

Molte di queste forme troveranno una esemplificazione concreta più oltre nell’ analisi di singoli movimenti, ma sottolineiamo che, fra tutte queste caratteristiche, sia Zibechi che altri autori, individuano nella <territorializzazione> delle lotte la caratteristica più importante a partire dalla quale è possibile iniziare ad invertire la sconfitta strategica subita con l’ avvento del neoliberismo. Infatti, nota, <il territorio è lo spazio in cui si costruisce collettivamente una nuova organizzazione sociale, dove i nuovi soggetti si configurano, costituendo il proprio spazio, appropriandosene materialmente e simbolicamente>.

Quello che verrà è una nuova civilizzazione transmoderna, e perciò transcapitalista, oltre il liberalismo e il socialismo reale, dove il potere era un tipo di esercizio di dominazione e dove la politica si era ridotta ad una amministrazione burocratica. La <sinistra> (quel posto occupato da gruppi progressisti in una delle assemblee della Rivoluzione francese) esige un completo rinnovamento etico, teorico e pratico. La sinistra ha governato dai Comitati centrali o dall’ opposizione. Passare alla responsabilità democratico- politica di esercitare un potere obbedienzale non è compito facile; è intrinsecamente partecipativa; senza avanguardismi; avendo imparato dal popolo il rispetto per la sua cultura millenaria, per le sue narrazioni mitiche nelle quali si è sviluppato il suo pensiero critico, le sue istituzioni che devono integrarsi in un nuovo progetto. Il secolo XXI esige una grande creatività […] E’ l’ ora dei popoli, di quelli originari e di quelli esclusi. (Henrique Dussel , 20 Tesis de política, 2007)

Unità, diversità, unità nella diversità

Uno dei problemi aperti e sul quale all’ interno dei movimenti si scontrano posizioni diverse è quello dell’ unità di obbiettivi e/o dell’ unità di azione. Alcuni reputano necessaria l’ identificazione di obbiettivi e di strategie comuni che superino le specificità delle singole lotte, per lo più di tipo locale e tematico, mentre altri vedono proprio in questa diversità la ricchezza e la possibilità di resistenza ad un nemico che ha mostrato una buona capacità di distruzione delle realtà fortemente strutturate e coese.

De Souza Santos, studioso fortemente impegnato sul campo, partendo dall’ osservazione delle varie situazioni, dubita che si possa elaborare una teoria unitaria di un insieme così vasto e diversificato di movimenti 16, opinione rafforzata da Ibañez 17 che sottolinea, come del resto fanno studiosi di altre discipline, come l’ azione umana non sia prevedibile. C’è invece chi sostiene la necessità dell’ elaborazione di strategie globali unitarie, come Atilio Boron 18, François Houtart 19 o Samir Amin 20, pur nel riconoscimento che la soluzione non è quella di un mondo diverso ma di una pluralità di mondi diversi. Così quest’ ultimo afferma che

senza dubbio la delegittimazione non basta. E’ necessario formulare alternative ed è necessario dire che, in questo ambito, il fiorire delle resistenze e delle lotte non ha elaborato ad oggi grandi proposte capaci di superare la dimensione micro […] Le nuove analisi che cominciano ad elaborarsi nei vari ambienti intellettuali non si sono ancora incarnate nell’ azione.


Dal momento che il sistema esistente non può più funzionare adeguatamente all’ interno dei parametri stabiliti, scegliere come uscirne, e scegliere il sistema futuro (o i sistemi futuri) da costruire è inevitabile. Ma prevedere quale sarà la scelta della collettività dei partecipanti è intrinsecamente impossibile. Il processo di biforcazione è caotico, il che significa che durante questa fase ogni piccola azione avrà probabilmente conseguenze significative. […] Abitualmente la soluzione definitiva richiede del tempo. Possiamo definirlo un periodo di transizione, i cui esiti sono assai incerti. A un certo punto, tuttavia, il risultato diventa chiaro, e ci si ritrova allora collocati in un sistema storico differente. Il sistema moderno in cui viviamo, che è quello di un’ economia-mondo capitalista, attraversa appunto attualmente, e già da un po’ di tempo, una crisi di questo genere. I. Wallerstein : Comprendere il mondo. Introduzione all’ analisi dei sistemi-mondo, Asterios editore, Trieste 2006.

Altri come Zibechi vedono invece nella dispersione del potere fra le comunità di base una delle ricchezze dei movimenti, sottolineando che il loro compito principale è liberare la potenza insita nel quotidiano, e che

l’ organizzazione non deve necessariamente essere un macigno che pesa sui settori popolari ma può assumere come punto di partenza ciò che già esiste nella vita quotidiana dei più poveri. Per poi, naturalmente, espandere, migliorare e approfondire quel punto di partenza. 21

Sono solo due esempi fra le molte opinioni che Jorge Alonso analizza con chiarezza nel testo citato, ma va notato che le due posizioni non si contrappongono frontalmente e ciascuna delle due integra alcune ragioni dell’ altra.

Zibechi - <La dinamica interna delle lotte sociali va tessendo relazioni sociali tra gli oppressi. Relazioni che, in primo luogo, permettono loro di assicurarsi la sopravvivenza, tanto materiale quanto spirituale. Con il tempo e il declino del sistema dominante, sulla base di quelle relazioni, cresce un mondo nuovo, cioè diverso da quello egemone. Fino al punto che, arrivato il momento, la società presenta la forma di un mare di relazioni sociali <nuove> e alcune isole di relazioni sociali <vecchie>, che sono in genere le relazioni statali. La storia del XX secolo è piena di creazioni di mondi che incarnano relazioni sociali <vecchie>, un fatto drammatico che ha portato a conseguenze nefaste. In generale le rivoluzioni non hanno fatto nascere nuovi mondi poiché i rivoluzionari hanno sempre provato a costruire il mondo nuovo a partire dagli apparati statali. Nonostante le rivoluzioni abbiano migliorato le condizioni di vita delle popolazioni, un risultato certamente importante, non sono state capaci di costruire mondi nuovi. Al di là della buona volontà dei rivoluzionari, la cosa certa è che gli Stati non sono gli strumenti ideali per creare relazioni sociali che producano emancipazione. E’ un tema aperto alla discussione, sul quale comincia ad esistere un’ abbondante letteratura. Da questo punto di vista, la cosa più rivoluzionaria che possiamo fare è impegnarci a creare nuove relazioni sociali nei nostri territori, relazioni che nascono nella lotta e che si sostengono e allargano grazie ad essa.> (Disperdere il potere , p. 10)

Dalla resistenza alla proposta

Il passaggio dalla resistenza molteplice e differenziata ma frammentata ad una fase propositiva sta sviluppandosi da tempo e in tempi diversi per i singoli movimenti, sorti spesso da situazioni particolari e poi cresciuti nell’ acquisizione di una dimensione politica più ampia e dall’ elaborazione culturale nuova che in essi viene operata.

Questa evoluzione è favorita dalla presa di coscienza che senza un collegamento sia a livello nazionale che internazionale non si può incidere sulla realtà. Momenti di questa presa di coscienza sono stati l’ insurrezione zapatista che dette origine prima ad un tentativo di coagulazione nazionale poi di rete internazionale di lotte e di comunicazione (Incontro intergalattico del 1994, ripreso oggi in forma diversa con i tre Incontri dei popoli zapatisti con i popoli del mondo del dicembre 2006, luglio 2007 e dicembre 2007, quest’ ultimo dedicato alle donne), le campagne continentali quali quelle sul <debito> nel 2000 e quella di resistenza alla proposta statunitense dell’ Alca, che raggiunse il suo acme in occasione del Vertice delle Americhe di Mar del Plata del 2005.

Un ruolo rilevante è stato poi giocato dai vari Fori sociali mondiali, nati a Porto Alegre in Brasile, dai successivi Fori continentali e dai vari <controvertici> o <vertici paralleli>, moltiplicati in tutte le occasioni di riunioni di Capi di stato (Vertici <iberoamericani> o <eurolatinoamericani>, vertici delle Americhe, vertici regionali) o di riunioni di istituzioni quali l’ Omc etc. Nello scambio di esperienze in occasione di questi momenti di elaborazione comune si sono venute elaborando piattaforme propositive più ampie accanto ad altre settoriali, che oggi costituiscono un nucleo di pensiero alternativo sempre più ricco e consistente, esplicitato in documenti e in varie Dichiarazioni conclusive emesse al termine degli incontri.

Successi e limiti dell’ azione dei nuovi movimenti sociali

Secondo J.P. Stedile, uno dei leader popolari latinoamericani più realisti, i compiti più importanti per i nuovi movimenti sociali in questo momento storico sono:

• ritessere il lavoro di coscientizzazione politica ed ideologica della base sociale dei movimenti per creare le condizioni di lotte sociali di massa

• dedicarsi quotidianamente e permanentemente alla formazione di militanti e quadri perché leggano correttamente la realtà col fine di trasformarla

• costruire propri mezzi di comunicazione di massa

• dibattere e approfondire la conoscenza e articolare forze intorno a un nuovo progetto di sviluppo popolare 23

• essere creativi:

Prendendo in considerazione le trasformazioni socio-economiche che il neoliberismo e l’ imperialismo hanno prodotto nelle nostre società, dobbiamo costruire nuove forme di lotte di massa che affrontino il capitale. Sappiamo che le forme classiche come scioperi, blocchi stradali o marce sono insufficienti e perciò dobbiamo essere creativi. Abbiamo necessità di sviluppare nuovi strumenti di lotta che motivino la gente, agglutinino la gioventù e diano un sentimento di speranza alle nostre lotte. I sindacati e i partiti tradizionali hanno dimostrato di essere oggi strumenti insufficienti per le nuove lotte che il cambio del rapporto di forze esige. Quali sono questi strumenti che possono combinarsi con sindacati, movimenti e partiti? Nessuno lo sa ! Però devono essere creati: abbiamo bisogno di organizzazioni politiche e sociali di nuovo tipo, adeguati alla nuova realtà, come in passato altri fecero in accordo col tempo in cui vissero. Come si vede, stiamo lavorando con riflessioni, con sfide, con incertezze, senza formule né modelli predeterminati. Per questo dobbiamo approfittare di tutti gli spazi collettivi e di unità popolare, nei nostri paesi e a livello continentale, quali le reti, i vertici sociali, i Fori sociali mondiali, per ampliare il dibattito, riflettere, scambiare e incontrare collettivamente le vere strade che possono portarci a vincere gli interessi del capitale locale e internazionale. Fino a quando non incontreremo i modi per superare le sfide descritte permarremo, per lungo tempo, in un periodo di resistenza e di accumulo di forze (J.P.Stedile Los desafios de los movimientos sociales latinoamericanos).

Un bilancio dell’ azione dei movimenti sociali annovera ovviamente successi e sconfitte o limiti. Fra i successi l’ influenza esercitata in molti stati sull’ ascesa al potere di coalizioni cosiddette di <centro-sinistra>, delle quali hanno influenzato in particolare la politica estera, oggi meno soggetta a imposizioni esterne e più orientata verso forme di integrazione regionale, ed in misura assai variabile da paese a paese anche le politiche sociali. Gli stessi movimenti però hanno incontrato talora difficoltà a condizionare le politiche dei governi <amici>, restandone anzi <impigliati>, situazione che approfondiremo nell’ analisi dei casi boliviano, ecuadoriano e venezuelano, pur assai diversi fra loro 24. Innanzi tutto i movimenti sociali hanno dovuto prendere atto che andare al governo non ha significato in genere prendere il potere, una parte consistente del quale resta nelle mani di potentati economici, militari, religiosi, culturali, nazionali ed esteri. La presenza di governi <amici> ha posto anche di fronte a problemi di cooptazione che hanno privato molti movimenti dei propri leader che sono stati coinvolti in politiche governative spesso più moderate di quanto atteso.

Quale atteggiamento avere di fronte a questi governi <amici> è stata la domanda che molti movimenti si sono posti e a cui sono state date risposte differenziate che in alcuni casi hanno creato spaccature all’ interno dei movimenti stessi. Così ad es. il movimento piquetero in Argentina si è diviso in tre anime, una favorevole alla collaborazione col governo Kirchner, un’ altra legata ai partiti della sinistra e la terza alla prosecuzione di una politica più critica e indipendente. In Ecuador il movimento indigeno ha pagato un duro prezzo per la decisione di far parte del governo Gutierrez, creduto progressista e poi rivelatosi nella sua vera natura di governo conservatore. Maggiore linearità ha conservato invece il Movimento dei Sem terra, di non ostilità a Lula ma neppure di attenuazione della propria politica delle occupazioni di terre. Tuttavia anche qui forse durante il primo mandato di Lula i Sem terra hanno tenuto una linea forse troppo morbida che ora, dopo il V congresso, sembra voler tornare ad essere più incisiva, con la ricerca di ampie alleanze a livello nazionale e internazionale (Via campesina, Esercito zapatista……). Su questo tema è interessante l’ intervista di J.P. Stedile ad un giornale greco nell’ agosto 2007 25:

Prima di tutto, sosteniamo che i movimenti sociali devono essere autonomi dai partiti, dalle Chiese e dalla Stato. L'autonomia in relazione ai partiti e ai governi non significa che siamo contrari ed ancor meno che facciamo opposizione. Si tratta di una autonomia organizzativa necessaria. Però movimenti sociali, partiti di sinistra ed un possibile governo popolare devono integrarsi rispetto al progetto politico […] Non siamo contrari alla lotta per il potere politico. Tutt’ altro. Alcuni di noi danno un'enfasi maggiore ad alcuni aspetti della lotta per il potere politico, come per esempio l'organizzazione per il potere popolare dal basso, negli spazi territoriali, e altri danno una maggiore enfasi alla lotta per cambiamenti nello Stato, a livello centrale. Tuttavia si tratta soprattutto di scelte, determinate a volte proprio dagli spazi in cui un dirigente opera o dalla sua vocazione. Non si tratta di divergenze politiche. Ora, rispetto alla situazione particolare del Brasile, il problema è che un partito di sinistra come il Pt ha vinto delle elezioni, ma questo è successo in un periodo storico avverso. […] Quindi noi diciamo che le vittorie elettorali possono cambiare il rapporto di forze solo se sono combinate con la ripresa del movimento delle masse. Con questi due fattori è possibile realizzare governi popolari che lottino per il cambiamento.

Da parte sua B. de Souza Santos, riprendendo le analisi di Wallerstein, è convinto che le nostre società stanno attraversando una situazione di instabilità sistemica, un periodo di <biforcazione> in cui un cambiamento minimo può produrre grandi trasformazioni in modo imprevedibile e caotico 26.

I movimenti sociali sono il “nuovo soggetto storico del cambiamento”?

Un altro interrogativo da cui scaturiscono risposte diverse è se i movimenti sociali possono (o potranno) essere da soli gli attori di un cambiamento radicale o se ne costituiranno una componente magari importante ma non decisiva. A noi sembra che la storia abbia insegnato come non esistano gruppi sociali <predestinati> a salvare il mondo da soli, pue essendo a volte motori di cambiamenti importanti. I testi di Stedile prima riportati sembrano propendere per questa seconda tesi, e Zibechi nell’introduzione ha sottolineato come l’ iniziativa dei cambiamenti più radicali sia oggi tornata in mano ai governi. Un’esasperazione dell’ interrogativo porta alcuni a chiedersi se all’interno dei movimenti vi dovrà e/o potrà essere un attore centrale attorno al quale si coagulino le forze del cambiamento. Per molti il ruolo messianico che in una certa volgata marxista avrebbe dovuto avere il movimento operaio viene ora attribuito ai movimenti sociali. Ma i più riflessivi sono portati ad escluderlo. Se non sono gli attori unici del cambiamento, essi però appaiono oggi, lo ripetiamo, come componente necessaria a promuoverlo ed a tracciarne i possibili percorsi 27.

La reazione del sistema all’ azione dei movimenti sociali

Il sistema ha reagito al pericolo rappresentato dai movimenti sociali attuando un dispiegamento di mezzi a sostegno di due obbiettivi fra loro interconnessi:

• <criminalizzazione> di ogni forma di protesta sociale ed in particolare dell’attività dei movimenti

• diffusione della paura a livello della società, ciò che porta il cittadino a accettare restrizioni alla libertà personale e collettiva in nome delle esigenze della sicurezza

La criminalizzazione, accompagnata dalla conseguente repressione, si sta dispiegando con nuove leggi, con l’ impiego dei militari in operazioni tradizionalmente di polizia (la ricordata repressione delle proteste indigene a Dayuma, in Ecuador, l’ impiego dei militari nella lotta alla droga in Messico e così via), con il potenziamento delle attività paramilitari (Messico, Colombia, Paraguay). A nuove forme di lotta corrispondono nuove forme di controllo e di oppressione.

Sullo sfondo permane l’ obbiettivo di convincere la gente a chiudersi nel suo privato, in cui può anche continuare a dissentire ma rinunciando all’ azione collettiva per cambiare. Su tutto questo i fatti dell’ 11 settembre sono caduti, come suol dirsi, come cacio sui maccheroni.

Nuove sfide per i movimenti sociali. Verso una nuova radicalità?

Queste nuove sfide sono state prefigurate da Zibechi nella sua introduzione. L’incipiente delusione di avere occupato in molti paesi lo Stato senza essere riusciti ad iniziare la costruzione di quel mondo nuovo cui si aspira allarga i dubbi già espressi dagli zapatisti col loro contestato <non vogliamo il potere perché vogliamo cambiare il mondo>. I testi di Viaña e Mamani sul caso boliviano esprimono questa frustrazione. Se lo Stato è una costruzione borghese, come è possibile cambiare la natura delle relazioni assumendolo come punto di partenza delle nuove politiche? La domanda si rafforza e si amplia: occorre andare al di là dello Stato e sperimentare forme nuove di aggregazione sociale? Non è una domanda nuova nella storia ed ora si ripropone con più vigore e in termini nuovi.

Nel suo intervento al Memorial Andres Aubry tenutosi al Cideci, vicino a San Cristobal de Las Casas, in Chiapas, all’ inizio del dicembre 2007, Gustavo Esteva, riecheggiando la tesi di Wallerstein della fase caotica e violenta che stiamo vivendo e che segna la fine dell’ era capitalista, ha detto 28:

I nuovi movimenti sociali contemporanei sono nati nell’ ambito della vecchia era e devono ormai affrontare tutta questa fauna politica che si afferra al passato. Non sempre riescono a capire la natura della situazione attuale e farsi antisistemici per diventare realisti. Due aspetti sembrano accompagnarli in questo passaggio. Uno si riferisce alla localizzazione, che appare come alternativa ad un tempo al localismo e alla globalizzazione. Comunità e popoli hanno racchiuso la loro resistenza al colonialismo e allo sviluppo nei propri territori, barricandosi in essi, e così cominciarono a diventare localisti e anche fondamentalisti. Nelle circostanze attuali tutti i movimenti localisti verranno cancellati dalla carta geografica. Per questo, senza cadere nella forma sradicata propria della modernità, gli scontenti si consolidano più che mai nei propri luoghi, però nel medesimo tempo si aprono ad altri, simili a loro, e formano ampie coalizioni. E’ la localizzazione. Se un movimento scende sufficientemente a fondo nel locale, si fa direttamente e immediatamente globale, di lunga durata. Ormai i movimenti adottano ogni volta di più la politica di un NO e di molti SI. In opposizione coi politici e coi partiti, sempre alla ricerca di successi generali che supportino le promesse che mai mantengono, la gente si unisce attorno a rifiuti comuni: una diga, una strada, una politica, un governante, un regime……Però riconosce la pluralità reale del mondo, le differenze di quanti condividono questo NO comune, il valore dei molteplici SI, delle loro affermazioni, ideali e progetti di vita diversi. Così anticipano un carattere centrale del nuovo mondo che stanno creando: un mondo in cui coesistano i molteplici mondi che siamo.

Esiste una consapevolezza crescente che né la natura né la società potranno sopportare per molti anni ancora il regime attuale. La gente si rende conto, inoltre, che all’ interno di questo regime non sembrano esserci scelte: non vi sono risorse concettuali né politiche per lottare contro le crescenti difficoltà. Nasce così, poco a poco, l’ anticipazione della fine di un’ era. I movimenti sociali contemporanei si fanno antisistemici nella propria dinamica, allorché riescono a dare profondità ai loro impegni e scoprono nella pratica la natura sistemica degli ostacoli che affrontano. Nelle presenti circostanze abbiamo bisogno di smettere di guardare verso l’ alto, verso i poteri costituiti e tagliare alla radice l’ ossessione di prendere il potere in qualunque modo. Dobbiamo abbandonare lo stato come orizzonte esclusivo della teoria e dell’ azione politica, per avventurarci nel mondo della pluralità e costruire lì nuove prospettive. La politica come senso del bene comune implica lasciarsi dietro nozioni obsolete, come la sovranità nazionale o l’ imperialismo statunitense, per fare fronte con lucidità alla nuova logica imperiale del capitale transnazionalizzato. Dobbiamo rinunciare seriamente al socialismo, riconoscere che sta giungendo alla sua fine e affrontare a pié fermo le conseguenze. Sapere che il futuro non è predeterminato, e che al capitalismo non segue il socialismo ma qualcosa che deve essere inventato, è molto inquietante per quanti siamo stati formati in questa tradizione e abbiamo dedicato buona parte della vita a lottare per questo ideale. Però affermare teoricamente e praticamente questa convinzione è un impegno urgente.

Naturalmente si tratta di affermazioni forti che suscitano, come hanno suscitato, forti reazioni. Ma esprimono un sentimento che si va diffondendo nelle componenti più avanzate dei movimenti latinoamericani che per anni hanno cercato di avere lo Stato come interlocutore non trovando risposte adeguate anche quando si trattava di un governo <amico>. E quindi pensano di andare oltre. Alcuni dei partecipanti al Memorial 29 prima ricordato, sono vicini a questa visione, e l’ incontro non è stato semplicemente la celebrazione di un amico scomparso ma un vero incontro politico che ha guardato con coraggio verso nuovi orizzonti. Pochi giorni prima si erano riuniti a Vicam rappresentanti di popoli indigeni di tutte le Americhe per scambiare esperienze di lotta per la difesa delle proprie culture e dei propri diritti 30. Anche qui la prospettiva è stata quella di andare <oltre gli Stati>, incapaci di affrontare le nuove richieste di dignità e di integrazione nella diversità proprie dei popoli indigeni 31. E’ da questo mondo indigeno forse che stanno emergendo le prospettive più nuove e più radicali con le quali anche gli altri movimenti sociali, e non solo quelli latinoamericani, dovranno confrontarsi.

1 E’ indubbio che i rappresentanti dei partiti politici tradizionali detti di sinistra in molti paesi latinoamericani fanno ormai parte della borghesia nazionale come pure (Petras, Katz e altri lo fanno rilevare nelle loro analisi) i quadri sindacali, spengendo e disorientando così le lotte sindacali. Il fenomeno è ben evidente in Brasile e in Argentina.

2 La <finanziarizzazione dell’ economia> in particolare rende mal identificabili gli attori, nascosti in <paradisi fiscali> e comunque privi di un volto fisico preciso

3 C. Katz, Las nuevas rebeliones latinoamericanas, Rebelión, febbraio 2008 (www.rebelion.org)

4 Perez-Vitoria S., Il ritorno dei contadini, Jaca Book, Milano 2007

5 Alonso J., Aproximaciones a los movimientos sociales, Ciesas, ww.coloquiointernacionalandresaubry.org /Alonso_ Movimientos_140907.doc

6 Wallerstain I., Comprendere il mondo. Introduzione all' analisi dei sistemi mondo , Asterios, Trieste 2007.

7 Atilio A. Boron, Crisis de las democracias y movimientos sociales en América Latina: notas para una discusión, Clacso, Osal www.clacso.org
 
8 Verdaguer ad es. contesta questa definizione di nuovi perché, egli dice, essi sono mossi da motivazioni già presenti nei movimenti degli anni Settanta, epoca in cui nacque l’ espressione movimenti sociali. Anzi, egli nota, <il concetto sarebbe erede diretto del concetto di movimento operaio e la sua affermazione non cercherebbe altro se non di conservare dal punto di vista teorico due paradigmi consustanziali a detto modello interpretativo: la concezione della trasformazione sociale come processo lineare, soggetto alla legge della causalità e pertanto suscettibile di essere spiegato mediante riduzione a legge di secondo livello […] in stretta relazione col concetto razionalista di progresso, base di tutta l’ ideologia della modernità; la credenza in un soggetto della trasformazione sociale o settore della società le cui condizioni obbiettive lo situano in una posizione privilegiata per convertirsi nel motore di detta trasformazione sociale, sempre che sia capace di dotarsi di una teoria globale del sociale che gli permetta di svelare le chiavi di detta trasformazione.> Verdaguer C. in Los movimientos sociales, de la esperanza al desconcierto, Bollettino C.F.+S,, numero speciale sulla Partecipazione sociale, http://habitat.aq.upm.es/boletin/ n3/acver.html

9 Il movimento dei Sem Terra brasiliano è apparso nel 1984, la Conaie ecuadoriana è nata nel 1989, il movimento zapatista messicano, apparso pubblicamente nel 1994, è stato fondato in clandestinità nel 1983, i piqueteros argentini sono nati all’ inizio del 2000 con la grande crisi argentina, e le Madres de plaza de mayo all’ epoca della dittatura militare.

10 Wallerstein I., Qué significa hoy ser un movimiento anti-sistemico?, Osal n. 7 gennaio 2003 (www.clacso.org).

11 Riferimento alle analisi di B. de Souza Santos ricordate nel citato testo di J. Alonso.

12 In J. Alonso, op. cit.

13 Los movimientos sociales latinoamericanos: tendencias y desafios, Osal n. 9 , gennaio 2003.

14 In alcuni testi più recenti Zibechi include una quarta componente: l’ educazione popolare e l’ influenza avuta su di essa da Paulo Freire.

15 Ibidem

16 Santos, B. De S. Los nuevos movimientos sociales, Osal settembre 2001, pagg 177-184.

17 Ibañez T., Contra la dominación, Gedisa, Barcellona 2005.

18 Borón A., Crisis de las democracias y movimientos sociales en America latina. Notas para una discusión , www.liberacion.press.se e Neoliberalismo vs movimientos sociales en America latina, rivista Osal.

18 Houtart F., La mundialización de las resistencias y de las luchas contra el neoliberalismo www.forum desalternatives . org Doc_FMA/FMA_boletin_02es.htm

18 Economista egiziano cui si deve la creazione del <Foro delle alternative>, una delle prime e più prestigiose reti di denuncia e contrasto delle politiche neoliberiste.

18 Zibechi R. Disperdere il potere. Le comunità aymara oltre lo Stato boliviano , Carta – Intra Moenia, Roma 2007.

18 Aggiunge significativamente, cosa che sottolinea come su punti importanti le visioni divergano all’ interno dei movimenti, <siamo tuttavia lontani da un socialismo latinoamericano e non possiamo sperare in esso. Senza dubbio dobbiamo invece sconfiggere l’ imperialismo e il neoliberismo.. C’ è una sfida da vincere in questa transizione: quale modello economico dobbiamo costruire per sconfiggere le forze del capitale internazionale, in questo lungo processo di trasformazione delle nostre società?> (Los desafios de los movimientos sociales latinoamericanos – www.argenpress.info/nota.asp?num=038857). Una visione opposta è espressa ad es. da J. Petras su Rebelión (Opinión : repensar el desarrollo de America latina y el Caribe para el siglo XXI : settembre 2007, testo che contiene analisi interessanti sul retrocedere dell’ America latina verso forme <prenazionali>) : <Sono presenti nel momento attuale tutti gli ingredienti di base per una trasformazione strutturale come mai si erano avuti prima>.

18 Vedi i successivi testi di Pablo Mamani e di Jorge Viaña, e in misura minore nel capitolo sui movimenti sociali in Venezuela.

18 Intervista concessa da Stedile ad un giornale greco nell’ agosto 2007. Reperibile su www.comitatodrmt.it

18 Questo concetto di <biforcazione> possibile e con una soluzione non predeterminata è stato mutuato da Wallerstein dalle teorie scientifiche di Ilya Prigogine, ed a questo si riferisce Souza Santos. Quando un sistema fisico si allontana dall’ equilibrio e attraversa un periodo di instabilità, l’ alternativa fra le varie possibili per il nuovo equilibrio non è determinabile a priori con certezza, e saranno variazioni anche piccole che potranno determinare la scelta. E’ il discorso che era diventato popolare qualche anno fa nella forma <il battito di ali di una farfalla negli Stati uniti può provocare un uragano> nel Golfo del Bengala. Le analogie sono sempre pericolose ma a volte servono a comprendere l’ essenza di un fenomeno. La società mondiale sta attraversando un periodo di forte instabilità e di crisi sistemica. E’ possibile affermare che il punto di arrivo sarà un sistema differente, ma non predire come sarà. Ma il risultato sarà anche frutto di piccole azioni esercitate oggi. E’ una ipotesi suggestiva e non necessariamente irreale.

18 Wallerstein I., Conocer el mundo. Saber el mundo. El fin de lo aprendido. Una ciencia social para el siglo XXI. Ed Siglo XXI, Città del Messico 2007

18 Il Memorial Aubry ha riunito per sei giorni un numero straordinario di personalità, dal Subcomandante Marcos al padrone di casa del Cideci Raymundo Barraza, da Pablo Gonzales Casanova a Henrique Dussel, da Jean Robert a Naomi Klein, da John Berger a Gustavo Esteva e molti altri, fra i quali rappresentanti dei Sem terra, di Via campesina etc.

18 A Vicam sono convenuti 537 rappresentanti di 56 popoli indigeni di 21 paesi, inclusi il Canada e gli Stati uniti, per celebrare il <Primo incontro dei popoli indigeni dell’ America>, mentre a Fortaleza e a Rio alla <Prima conferenza internazionale Voces de nuestra america> sono convenuti 2000 partecipanti appartenenti a movimenti sociali significativi per le loro lotte e esperienze, dai Sem terra, che erano gli ospitanti, ai piqueteros argentini, a movimenti indigeni e sociali boliviani, venezuelani, nicaraguesi e salvadoregni.

18 Nei suoi lavori Wallerstein sente l’ esigenza e vede i sintomi di un superamento della forma Stato, tuttavia riconosce come gli Stati, in questa fase transitoria verso il post-.capitalismo, possano avere ancora una funzione per garantire un minimo di protezione ai diritti dei più deboli.

18 Il Memorial Aubry ha riunito per sei giorni un numero straordinario di personalità, dal Subcomandante Marcos al padrone di casa del Cideci Raymundo Barraza, da Pablo Gonzales Casanova a Henrique Dussel, da Jean Robert a Naomi Klein, da John Berger a Gustavo Esteva e molti altri, fra i quali rappresentanti dei Sem terra, di Via campesina etc.

18 A Vicam sono convenuti 537 rappresentanti di 56 popoli indigeni di 21 paesi, inclusi il Canada e gli Stati uniti, per celebrare il <Primo incontro dei popoli indigeni dell’ America>, mentre a Fortaleza e a Rio alla <Prima conferenza internazionale Voces de nuestra america> sono convenuti 2000 partecipanti appartenenti a movimenti sociali significativi per le loro lotte e esperienze, dai Sem terra, che erano gli ospitanti, ai piqueteros argentini, a movimenti indigeni e sociali boliviani, venezuelani, nicaraguesi e salvadoregni.

18 Nei suoi lavori Wallerstein sente l’ esigenza e vede i sintomi di un superamento della forma Stato, tuttavia riconosce come gli Stati, in questa fase transitoria verso il post-.capitalismo, possano avere ancora una funzione per garantire un minimo di protezione ai diritti dei più deboli.

18 Il Memorial Aubry ha riunito per sei giorni un numero straordinario di personalità, dal Subcomandante Marcos al padrone di casa del Cideci Raymundo Barraza, da Pablo Gonzales Casanova a Henrique Dussel, da Jean Robert a Naomi Klein, da John Berger a Gustavo Esteva e molti altri, fra i quali rappresentanti dei Sem terra, di Via campesina etc.

18 A Vicam sono convenuti 537 rappresentanti di 56 popoli indigeni di 21 paesi, inclusi il Canada e gli Stati uniti, per celebrare il <Primo incontro dei popoli indigeni dell’ America>, mentre a Fortaleza e a Rio alla <Prima conferenza internazionale Voces de nuestra america> sono convenuti 2000 partecipanti appartenenti a movimenti sociali significativi per le loro lotte e esperienze, dai Sem terra, che erano gli ospitanti, ai piqueteros argentini, a movimenti indigeni e sociali boliviani, venezuelani, nicaraguesi e salvadoregni.

19 Nei suoi lavori Wallerstein sente l’ esigenza e vede i sintomi di un superamento della forma Stato, tuttavia riconosce come gli Stati, in questa fase transitoria verso il post-.capitalismo, possano avere ancora una funzione per garantire un minimo di protezione ai diritti dei più deboli.

20 Houtart F., La mundialización de las resistencias y de las luchas contra el neoliberalismo www.forum desalternatives . org Doc_FMA/FMA_boletin_02es.htm

21 Economista egiziano cui si deve la creazione del <Foro delle alternative>, una delle prime e più prestigiose reti di denuncia e contrasto delle politiche neoliberiste.

22 Zibechi R. Disperdere il potere. Le comunità aymara oltre lo Stato boliviano , Carta – Intra Moenia, Roma 2007.

23 Aggiunge significativamente, cosa che sottolinea come su punti importanti le visioni divergano all’ interno dei movimenti, <siamo tuttavia lontani da un socialismo latinoamericano e non possiamo sperare in esso. Senza dubbio dobbiamo invece sconfiggere l’ imperialismo e il neoliberismo.. C’ è una sfida da vincere in questa transizione: quale modello economico dobbiamo costruire per sconfiggere le forze del capitale internazionale, in questo lungo processo di trasformazione delle nostre società?> (Los desafios de los movimientos sociales latinoamericanos – www.argenpress.info/nota.asp?num=038857). Una visione opposta è espressa ad es. da J. Petras su Rebelión (Opinión : repensar el desarrollo de America latina y el Caribe para el siglo XXI : settembre 2007, testo che contiene analisi interessanti sul retrocedere dell’ America latina verso forme <prenazionali>) : <Sono presenti nel momento attuale tutti gli ingredienti di base per una trasformazione strutturale come mai si erano avuti prima>.

24 Vedi i successivi testi di Pablo Mamani e di Jorge Viaña, e in misura minore nel capitolo sui movimenti sociali in Venezuela.

25 Intervista concessa da Stedile ad un giornale greco nell’ agosto 2007. Reperibile su www.comitatodrmt.it

26 Questo concetto di <biforcazione> possibile e con una soluzione non predeterminata è stato mutuato da Wallerstein dalle teorie scientifiche di Ilya Prigogine, ed a questo si riferisce Souza Santos. Quando un sistema fisico si allontana dall’ equilibrio e attraversa un periodo di instabilità, l’ alternativa fra le varie possibili per il nuovo equilibrio non è determinabile a priori con certezza, e saranno variazioni anche piccole che potranno determinare la scelta. E’ il discorso che era diventato popolare qualche anno fa nella forma <il battito di ali di una farfalla negli Stati uniti può provocare un uragano> nel Golfo del Bengala. Le analogie sono sempre pericolose ma a volte servono a comprendere l’ essenza di un fenomeno. La società mondiale sta attraversando un periodo di forte instabilità e di crisi sistemica. E’ possibile affermare che il punto di arrivo sarà un sistema differente, ma non predire come sarà. Ma il risultato sarà anche frutto di piccole azioni esercitate oggi. E’ una ipotesi suggestiva e non necessariamente irreale.

27 Wallerstein I., Conocer el mundo. Saber el mundo. El fin de lo aprendido. Una ciencia social para el siglo XXI. Ed Siglo XXI, Città del Messico 2007

28 www.coloquiointernacionalandresaubry.org o in www.enlacezapatista.ezln.org.mx

29 Il Memorial Aubry ha riunito per sei giorni un numero straordinario di personalità, dal Subcomandante Marcos al padrone di casa del Cideci Raymundo Barraza, da Pablo Gonzales Casanova a Henrique Dussel, da Jean Robert a Naomi Klein, da John Berger a Gustavo Esteva e molti altri, fra i quali rappresentanti dei Sem terra, di Via campesina etc.

30 A Vicam sono convenuti 537 rappresentanti di 56 popoli indigeni di 21 paesi, inclusi il Canada e gli Stati uniti, per celebrare il <Primo incontro dei popoli indigeni dell’ America>, mentre a Fortaleza e a Rio alla <Prima conferenza internazionale Voces de nuestra america> sono convenuti 2000 partecipanti appartenenti a movimenti sociali significativi per le loro lotte e esperienze, dai Sem terra, che erano gli ospitanti, ai piqueteros argentini, a movimenti indigeni e sociali boliviani, venezuelani, nicaraguesi e salvadoregni.

31 Nei suoi lavori Wallerstein sente l’ esigenza e vede i sintomi di un superamento della forma Stato, tuttavia riconosce come gli Stati, in questa fase transitoria verso il post-.capitalismo, possano avere ancora una funzione per garantire un minimo di protezione ai diritti dei più deboli.


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