Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama, “Oceano di Saggezza”

Pubblicato in Missione Oggi
Il Dalai Lama può essere considerato il simbolo vivente della cultura tibetana: è la principale autorità spirituale e politica del Tibet. Viene considerato dal suo popolo e da milioni di buddisti nel mondo una emanazione di Cenresig, il Buddha della Compassione. Molto singolare è la procedura attraverso la quale vengono scelti in Tibet i Dalai lama, e vale la pena raccontare, quasi fosse una magica fiaba, il riconoscimento del piccolo Tenzin Gyatso quale reincarnazione del precedente XIII Dalai Lama, il suo predecessore. Tenzin Gyatso nacque il 6 luglio 1935 nel piccolo villaggio agricolo di Takstern nella provincia dell’Amdo. Poco dopo la morte del XIII Dalai Lama, sul pilastro nord orientale ove giaceva il suo corpo, spuntò un gigantesco fungo a forma di stella, mentre ripetuti arcobaleni e curiose formazioni di nubi apparivano sempre in direzione nord orientale. Qualche giorno più tardi anche la testa del defunto Dalai Lama si voltò verso nord est.

Esiste un lago considerato sacro dai tibetani, chiamato Lamo Lhatzo, le
cui acque avrebbero il potere di mostrare il futuro: esse manifestarono ai grandi Lama sopraggiunti la visone di di un imponente monastero dai tetti d’oro e di giada. Dal monastero scendeva verso oriente un sentiero che conduceva ad una casa con tegole color turchese, un cortile, un bambino e un cane pezzato bianco e marrone. Apparvero infine tre lettere dell’alfabeto tibetano che indicavano, si presumeva, le iniziale del luogo e della provincia esatti. Guidata da questa visione, i gruppi di Maestri viaggiarono per mille miglia fino al monastero Kumbum, famoso per i suoi tetti d’oro e di giada. Da li’, alcuni monaci giunsero ad una casa del tetto color turchese e, travestiti da mercanti, chiesero ospitalità. Mentre un cane pezzato, bianco e marrone, abbaiava in cortile, un bambino corse verso di loro, chiamandoli per nome senza averli mai incontrati prima e reclamando vivacemente come suo un rosario che il lama più anziano aveva al collo, appartenuto al precedente Dalai Lama. Straordinario era il fatto che il bambino parlasse il raffinato dialetto di Lhasa, città residenza del Dalai Lama, dialetto che in quella provincia nessuno conosceva. Quando all’alba i Maestri si accinsero a partire, il bambino pianse a lungo pregandoli di portarlo via con loro. Riuscirono a calmarlo solo con la promessa che sarebbero tornati presto. Tornarono e sottoposero il bimbo ad una serie di prove, mostrando gli oggetti appartenuti al tredicesimo Dalai Lama confusi in mezzo a copie abilmente contraffatte: ogni volta il piccolo sceglieva correttamente ed affermava con forza che quegli oggetti gli appartenevano. Quando parti’ felice con il Lama alla volta di Lhasa, salutando tranquillamente i suoi genitori ed affrontando un lungo e faticoso viaggio fra gli altopiani del Tibet settentrionale, durato ben quattro mesi, aveva soltanto tre anni e mezzo. Giunti a Lhasa, vennero fatte ulteriori prove fra le quali il riconoscimento sul suo corpo degli otto segni appartenuti a tutti i Dalai Lama precedenti. Da quel momento, Tenzin Gyatso venne considerato supremo capo spirituale e tmporale del Tibet. Studiò scienze, matematica, inglese, fu definito impareggiabile nell’apprendimento della filosofia buddista e nel dibattito dai più grandi Maestri di Sutra e di Tantra, suoi tutori, mentre cresceva la sua curiosità per il mondo, la cultura e la scienza oltre i confini del Tibet. Il 7 ottobre 1950 la Repubblica Popolare Cinese invase il Tibet. A sedici anni non ancora compiuti, Tenzin Gyatso fu costretto ad assumere il pieno potere temporale, cercando un compromesso con i cinesi che sarebbe durato nove anni. Tuttavia, nel marzo del 1959 l’Esercito di Liberazione cinese uccise in un solo giorno più di 87.000 tibetani: il Dalai Lama fu costretto a fuggire da Lhasa, dove i generalli di Pechino volevano farlo prigioniero, seguito da più di 100.000 profughi che si sottrassero cosi’ alla brutale repressione e alla distruzione pressochè totale della tradizionale cultura tibetan. Dopo un drammatico viaggio di alcune settimane, il Dalai Lama arrivò in India, dove ottenne asilo politico. Dall’inizio degli anni Settanta, Tenzin Gyatso vive a Dharamsala, nell’India settentrionale, dove svolge un’instancabile attività in difesa del suo popolo e della preservazione della cultura tibetana, insieme al Governo tibetano in esilio, democraticamente eletto. E’ un instancabile Capo di Stato che medita sei ore al giorno, un uomo moderno, aperto alla Scienza, come dimostra una sua frase riportata su una pietra, all’ingresso di Votigno di Canossa: “I sacerdoti del futuro saranno gli Scienziati illuminati”. Il Dalai Lama è ammirato e rispettato in tutto il mondo come uomo di pace: egli ha costantemente praticato la politica della non-violenza, anche di fronte ad una brutale aggressione, un atteggiamento che lo ha portato ad essere insignito del Premio Nobel per la Pace, nel dicembre 189, primo cittadino asiatico a ricevere tale riconoscimento. I quasi settecento milioni di lire, ricevuti in quella occasione, sono stati da lui distribuiti a varie organizzazioni internazionali (fra le quali quella di Madre Teresa di Calcutta) impegnate nell’assistenza e nella solidarietà. In numerose conferenze e insegnamenti, nel corso di visite in vari paesi del mondo, ha toccato il cuore di moltissime persone di differenti culture e religioni con la semplicità, la profondità e l’universalità del suo messaggio per il rispetto di tutte le forme di vita e per la nascita di un “senso di responsabilità globale” tra le nazioni e i popoli di questo pianeta. Da anni chiede per il suo Tibet il rispetto dei diritti umani e vuole trasformare l’immenso territorio tibetano in un’oasi di pace e di ecologia, smorzando le tensioni militari di confine fra i colossi cinese ed indiano. “Non chiedo per il Tibet l’indipendenza - ha spesso affermato rivolgendosi ai cinesi - ma una vera autonomia. Per questo invito l’opinione pubblica e i Governi di tutto il mondo a fare pressioni sul Governo cinese per aprire con noi un serio negoziato di pace, nell’interesse delle due parti.” Questo appello non è purtroppo stato raccolto, fino ad oggi, dalla controparte cinese. Ecco il messaggio di fine millennio rivolto dal Dalai Lama il 01 Gennaio 2000, a Sarnath, a pochi chilometri da Benares, nel luogo dove Buddha ha parlato per la prima volta ai discepoli:

“Molte persone sembrano essere eccitate per il nuovo millennio. Ma il nuovo millennio in se stesso non ha niente di diverso. Comunque, se noi vogliamo veramente che il prossimo millennio sia più felice, più pacifico e più armonioso per il genere umano, dovremo fare degli sforzi per renderlo come noi lo desideriamo. Questa possibilità è nelle nostre mani, ma soprattutto nelle mani delle giovani generazioni. Abbiamo avuto molte esperienze durante questo secolo, sia costruttive sia estremamente distruttive. Dobbiamo imparare da queste esperienze, dobbiamo avvicinarci al prossimo millennio più olisticamente, con più apertura e lungimiranza. Se ci impegneremo nel modo giusto per rendere il futuro del mondo migliore, dovremo mettere enfasi sui seguenti punti che credo siano vitali.

1) Mentre ci occupiamo del progresso materiale e del benessere fisico dovremo, nello stesso tempo, porre eguale attenzione allo sviluppo della pace della mente e quindi al prenderci cura degli aspetti interiori del nostro essere.

2) Per quanto riguarda l’educazione, che generalmente opera soltanto sul versante accademico, dobbiamo sviluppare nelle menti delle giovani generazioni, che studiano nelle varie istituzioni educative, più altruismo e un senso di responsabilità e di solidarietà nei confronti degli altri. Questo può essere fatto senza necessariamente coinvolgere la religione. Si potrebbe allora chiamare questo tipo di educazione “etica secolare”, poiché, di fatto, essa consiste in qualità umane basilari quali la gentilezza, la compassione, la sincerità e l’onestà.

3) Il secolo passato, sotto alcuni aspetti, è stato un secolo di guerra e di spargimenti di sangue. Anno dopo anno, è stato testimone di un incremento, da parte di molti paesi del mondo, delle spese per la difesa militare. Se vogliamo cambiare questa tendenza, dobbiamo seriamente considerare il concetto di non- violenza, che è una espressione fisica della compassione. Nel fare della non-violenza una realtà, dobbiamo innanzitutto lavorare sul disarmo interiore e quindi procedere nel rendere fattivo il disarmo esterno. Con il disarmo interiore intendo eliminare in noi stessi tutte le emozioni negative che si manifestano nella violenza. Anche il disarmo esterno deve essere gradualmente attuato, passo dopo passo. Prima di tutto dobbiamo lavorare per la totale abolizione delle armi nucleari e, gradualmente, demilitarizzare totalmente il mondo intero. All’interno di questo processo dobbiamo anche impegnarci nel fermare il commercio delle armi, che viene ancora estesamente praticato perché molto lucrativo. Se faremo tutto questo potremo sperare di vedere, nel prossimo millennio, anno dopo anno, decrescere le spese militari delle varie nazioni e una graduale attività verso la demilitarizzazione. I problemi dell’umanità, naturalmente, continueranno a esistere, ma il modo di risolverli dovrebbe avvenire attraverso il dialogo e la discussione. Il prossimo secolo dovrebbe essere il dialogo e discussione anziché un secolo di guerra e di spargimenti di sangue.

4) Dobbiamo ridurre il divario fra i ricchi e i poveri, sia a livello nazionale che a livello globale. Questa ineguaglianza, che vede una parte della comunità umana vivere nell’abbondanza, e un’altra parte, nello stesso pianeta, soffrire la fame e anche morire di stenti, non è soltanto moralmente sbagliata ma , in pratica, anche una fonte di problemi. Egualmente importante è il tema della libertà. Fino a quando vi sarà la mancanza di libertà in molte parti del mondo, non vi potrà essere una pace reale e, in un certo senso, non potrà esservi una reale libertà anche nel resto del mondo.

5) Per il beneficio delle future generazioni, dobbiamo prenderci cura del nostro pianeta e del nostro ambiente. Il danno ambientale è spesso graduale e non si può constatare facilmente, e nel momento in cui ne prendiamo coscienza, è generalmente troppo tardi. Poiché tanti dei maggiori fiumi che scorrono in molte parti del sud-est asiatico sono originati nell’altipiano del Tibet, non è fuori luogo menzionare qui la cruciale importanza di prendersi cura dell’ambiente in questa area.

6) Infine, una delle più grandi minacce di oggi è l’esplosione demografica. A meno che non ci impegniamo a prendere seri provvedimenti a questo riguardo, ci dovremo confrontare con il problema delle risorse naturali inadeguate per tutti gli esseri umani su questa terra. Dobbiamo analizzare seriamente queste istanze che ci riguardano tutti, se vogliamo guardare al futuro con qualche speranza.


La traduzione del messaggio del Dalai Lama è stata curata dall’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 16:56
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