Questi due anni di sequestro li potrei dire in tre parole che portano a una quarta: sono catene, silenzio, preghiera e la quarta è perdono.
Le CATENE perché mi hanno accompagnato quasi tutto il tempo, ho vissuto molto tempo incatenato. Il giorno del sequestro mi hanno mi hanno messo una catena alla caviglia e questa era unita, all’altra estremità, a un albero. Per 22 giorni ero di giorno e di notte incatenato a un albero. Poi siamo arrivati al deserto, una prigione a cielo aperto, ma le catene le ho ritrovate il 14 settembre del 2019. Tutte le sere mi incatenavano e dal tramonto all’alba ero incatenato. Dormivo in catene. Conservo un anello aperto di queste catene che ho potuto portarmi via, lo custodisco come un ricordo di quella prigionia che alla fine mi ha fatto libero.
Il SILENZIO l’ho trovato soprattutto nel deserto, un silenzio esteriore che si traduceva anche in un silenzio interiore. Lo posso dire anche con tutta onestà, era anche il silenzio di Dio. Era la notte oscura della prova. Questo silenzio mi ha scavato dentro e mi ha dato la possibilità di vedere in altro modo la missione. Con uno sguardo che viene dal cuore. Come missionario ho sempre annunciato un Dio Parola, che si incarna, viene al mondo e noi missionari portiamo ovunque pero oggi vi viene da dire che Dio è prima silenzio. Come un grembo che genera la parola ma trova il suo spazio creatore in questo vuoto e grande silenzio. Quel Dio che noi pensiamo conoscere si rivela invece come totalmente altro, più in là, oltre la parola.
Poi nel silenzio ho trovato la PREGHIERA del cuore, quando sono stato sequestrato ero in pigiama, non ho avuto con me nei due anni della prigionia né la bibbia, né il breviario. Così la mia preghiera è stata diversa, fatta di comunione profonda con tutto quel che mi circondava.
In questi due anni mi sono fatto tante domande e mi sono chiesto che strada possiamo avere per superare l’opposizione armata e violenta e l’unica strada che ho trovato è stata quella del PERDONO e della FRATERNITÀ. Ho subito personalmente violenza e ho sofferto ma non voglio che questa sofferenza e questa violenza mi attraversi per fare del male ad altre persone e produrre una reazione uguale e contraria. Ho scaricato il mio cuore dal rancore e non ho mai voluto mettermi sulla strada dell’odio perché così perpetuiamo solo la ruota della violenza. A questi giovani che mi hanno custodito per due anni con il kalashnikov in mano ho perdonato dal più profondo del cuore.
*padre Pierluigi Maccalli è missionario della Società delle Missioni Africane, e ha vissuto una esperienza di sequestro durata due anni. Ha presentato la sua testimonianza in occasione della presentazione del Festival della Missione che si terrà a Milano nel mese di Settembre del 2022.
Il video con la sua testimonianza