Papa Francesco a Caritas Internationalis: “Gesù non vuole la Chiesa modellino perfetto”

Pubblicato in Missione Oggi

Gesù non vuole che la Chiesa sia un modellino perfetto, che si compiace della propria organizzazione ed è capace di difendere il proprio buon nome”. Nella Messa che apre la 21esima assemblea generale di Caritas Internationalis, Papa Francesco chiede una organizzazione “in cammino, senza temere gli scossoni della vita” come Gesù, e sottolinea che “il Vangelo è il nostro programma di vita” e che "è lecito guardare una persona dall’alto in basso solo per aiutarla a sollevarsi, altrimenti non si può".

Sono parole che cadono all’inizio di una assemblea che porterà Caritas Internationalis ad eleggere un nuovo presidente (il Cardinale Luis Antonio Tagle va verso la riconferma per un secondo mandato) e un nuovo segretario generale, nonché i vertici dello stesso organismo che fa da ombrello a 165 realtà caritative della Chiesa nel mondo. Sono parole che hanno un significato particolare, perché nel 2012 Benedetto XVI diede a Caritas Internationalis dei nuovi statuti, legandola con più forza alla Santa Sede, proprio per evitare quella tentazione di efficientismo di cui parla ora Papa Francesco che aveva portato ad accettare sotto l’ombrello dell’organizzazione anche sigle con vedute non del tutto vicine alla dottrina sociale della Chiesa.

Lo spunto per l’omelia viene dato a Papa Francesco dalla lettura degli Atti degli Apostoli, in cui si racconta la prima riunione della storia della Chiesa. E si parla di pagani che decidono di essere cristiani, e di come i discepoli discutano se questi debbano adeguarsi alle norme della Legge degli ebrei o essere loro stessi.

Decisione difficile, fatta quando Gesù non era più tra loro, né aveva lasciato linee guida per affrontare la situazione. Contro la tentazione dell’efficientismo – dice Papa Francesco – e “del pensare che la Chiesa va bene se ha tutto sotto controllo, se vive senza scossoni, con l’agenda sempre in ordine” (che è poi la "tentazione della casistica") Gesù invia lo Spirito Santo che “non viene portando l’ordine del giorno, viene come fuoco”.

Il programma di vita è il Vangelo, continua Papa Francesco, che “insegna che le questioni non si affrontano con la ricetta pronta e che la fede non è una tabella di marcia, ma una via da percorrere insieme sempre insieme, con spirito di fiducia”.

Papa Francesco identifica tre elementi essenziali per la Chiesa in cammino: il coraggio della rinuncia, il carisma dell’insieme e l’umiltà dell’ascolto.

La rinuncia è quella di quei primi cristiani è quello di lasciare da parte l’identità religiosa, affermando che “l’annuncio del Signore viene prima e vale più di tutto” e dunque “per il bene della missione, per annunciare a chiunque, in modo trasparente e credibile, che Dio è amore, anche quelle convinzioni e tradizioni umane che sono più di ostacolo che d’aiuto possono e devono essere lasciate”.

Papa Francesco sottolinea che “la vera fede purifica dagli attaccamenti” e “per seguire il Signore bisogna camminare spediti e per camminare spediti bisogna allegerirsi, anche se costa”, non cercando “compromessi aziendali” né cedendo a “gattopardismi”, ma a slanci evangelici.

“Il Signore – sottolinea Papa Francesco – non vuole aggiustamenti cosmetici, vuole la conversione del cuore, che passa attraverso la rinuncia”.

Per questo, la riforma fondamentale è “uscire da sé”. E i primi cristiani hanno avuto questo coraggio partendo “dall’umiltà dell’ascolto”, perché “l’umiltà nasce quando, anziché parlare, si ascolta; quando si smette di stare al centro”.

Papa Francesco ricorda che “si cresce attraverso le umiliazioni”, che Gesù ha percorso “la strada del servizio umile”, e che “l’umiltà e l’ascolto significano orecchio teso ai piccoli”, ancora più importante per chi “deve seguire le vie della carità”, e ascoltare i piccoli, perché è attraverso i piccoli e gli ultimi che Dio si rivela.

L’ultimo punto è l’ascolto della vita, perché la Chiesa fa discernimento “non davanti al computer, ma davanti alla realtà delle persone”, e mette le “persone prima dei programmi, con lo sguardo umile di chi sa cercare negli altri la presenza di Dio, che non abita nella grandezza di quello che facciamo, ma nella piccolezza dei poveri che incontriamo”.

Papa Francesco ammonisce: se non guardiamo direttamente ai poveri “finiamo per guardare sempre a noi stessi e per fare di loro degli strumenti del nostro affermarci, e "usiamo gli altri”.

Tutto passa attraverso “il carisma dell’insieme” e infatti “nella discussione della prima Chiesa l’unità prevale sempre sulle differenze”, perché per ciascuno “al primo posto non ci sono le proprie preferenze e strategie, ma l’essere e sentirsi Chiesa di Gesù, raccolta attorno a Pietro, nella carità che non crea uniformità ma comunione”.

Ricorda Papa Francesco: “Nessuno sapeva tutto, nessuno aveva l’insieme dei carismi, ma ciascuno teneva al carisma dell’insieme”. E questo è essenziale perché “non si può fare davvero il bene senza volersi davvero bene”.

Papa Francesco poi ricorda che l’apostolo Giacomo, tirando le somme, “dice poche parole sue e cita molta parola di Dio”, e così “mentre le voci del diavolo e del mondo portano alla divisone, la voce del Buon Pastore forma un solo gregge”.

Per rimanere nell’amore di Gesù si deve stare “davanti al tabernacolo e davanti ai tanti tabernacoli viventi che sono i poveri”. Il Papa li chiama “tabernacolo fisso e tabernacoli mobili” e spiega che “lì si rimane nell’amore e si assorbe la mentalità del pane spezzato.

Se il Padre ha amato Gesù dandogli tutto, allora anche noi siamo chiamati a dare, dice Papa Francesco, perché “quando invece ci tratteniamo dal dare, quando al primo posto ci sono i nostri interessi da difendere, non imitiamo il come di Dio, non siamo una Chiesa libera e liberante”.

Conclude Papa Francesco: “Gesù chiede di rimanere in Lui, non nelle nostre idee; di uscire dalla pretesa di controllare e gestire; ci chiede di fidarci dell’altro e di donarci all’altro”.

La preghiera al Signore, dunque, è che “ci liberi dall’efficientismo, dalla mondanità, dalla sottile tentazione di rendere culto a noi stessi e alla nostra bravura. Chiediamo la grazia di accogliere la via indicata dalla Parola di Dio: umiltà, comunione, rinuncia”.

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