Suore indiane ‘le uniche che combattono il traffico di esseri umani’

Pubblicato in Missione Oggi

L’organizzazione Amrat raduna più di 100 suore in tutto il Paese. Fondata nel 2009, ha creato una rete di collaborazione tra gruppi civili e sociali. Ieri si celebrava la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la Tratta. In India almeno 18 milioni di persone vivono in condizioni di schiavitù.

 

“La verità è che in India le uniche che lavorano all’interno della Chiesa per combattere il traffico di esseri umani sono le suore”. Lo afferma ad AsiaNews Luke de Pulford, direttore della Arise Foundation, Ong londinese che collabora con Amrat (Asian Movement Of Women Religious Against Human Trafficking). Egli interviene sul tema della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la Tratta, che si è svolta ieri in occasione della memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita, la schiava sudanese divenuta santa. “Sono le suore – aggiunge – la principale arma della Chiesa contro questo male. Esse vivono insieme ai poveri per impedire che cadano nelle mani dei trafficanti. Spesso mettono a rischio la propria vita per denunciare le operazioni del crimine organizzato nelle aree in cui tali sforzi sono più pericolosi. La loro voce deve essere udita forte e chiaro”.

Nel novembre scorso a Bangalore si è svolta la convention annuale di Amrat, che ha radunato 105 suore da tutto il Paese. Fondata nel 2009 da sr. Jyoti SB, vuole proteggere e promuovere la dignità umana delle persone vulnerabili. L’organizzazione si impegna a indentificare e riunire altre associazioni e istituzioni per creare un network di contrasto al traffico di esseri umani.

De Pulford sostiene che “l’India offre un modello esemplare di come le religiose siano riuscite a creare una rete per il recupero e il reinserimento di migliaia di scampati a situazioni di sfruttamento e schiavitù”. Il lavoro delle suore, aggiunge, “ha qualcosa di miracoloso. Danno la loro vita per coloro che soffrono e spesso sono sovrastate da chi ha bisogno di aiuto. Lavorano per amore della persona che hanno di fronte. Non ci guadagnano nulla. Cooperare insieme con esse è per Arise un grande privilegio”. L’attivista aggiunge che all’incontro di novembre “una suora che lavora nel nord-est dell’India ha descritto la fuga di migliaia di bambini attraverso il poroso confine con il Nepal. Poi si rammaricava del fatto che non avesse abbastanza risorse per dare loro una casa, un pasto caldo e tutta la dedizione di cui ha bisogno una persona vittima di tale sofferenza e sfruttamento”.

Amrat sostiene l’immigrazione sicura e raccoglie dati sul traffico umano, che servono anche allo Stato per contrastare il fenomeno. Organizza campagne di consapevolezza del rischio della tratta e iniziative per la prevenzione nelle scuole e nei luoghi d’intervento.

In termini di numeri, ricorda de Pulford, “l’India è il Paese che si trova nella situazione peggiore a livello mondiale. Leggi recenti hanno portato a grandi progressi nel campo della prevenzione dello sfruttamento sessuale e lavorativo, ma manca ancora l’applicazione. Secondo le ultime stime dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), almeno 18 milioni di indiani vivono in condizioni di schiavitù. Intanto i processi giudiziari sono rari e le agenzie di collocamento sfruttano i lavoratori in tutto il Paese e rimangono per lo più non soggette a regolamentazione”. Poi conclude: “Mentre è giunto il tempo di riflettere su questo moderno male, è anche ora di celebrare chi con devozione gratuita lavora per eliminarlo”.

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