Il 29 gennaio ricorre il 114° anniversario della nascita di monsignore Leonidas Proaño. Nelle celebrazioni di commemorazione vengono messe in evidenza alcune caratteristiche che meritano una riflessione: il suo coraggio e il suo impegno pastorale; la sua identità, basata sulla sua origine e sulla sua evoluzione come figura ecclesiale e sociale; il suo impegno per una causa, ecc.
Leonidas Eduardo Proaño Villalba nacque a Ibarra (nella regione di Imbabura, Ecuador) il 29 ottobre 1910 in una casa e una famiglia povera. Potremmo dire di lui che era un sopravvissuto poiché i suoi tre fratelli prima di lui morirono in tenera età e i suoi genitori si guadagnavano il loro magro sostento e mantenevano la famiglia lavorando come artigiani tessitori di cappelli, così come facevano la maggior parte dei loro compaesani.
In questo contesto Leonidas ricevette un'educazione cattolica e disciplinata, mentre aiutava i genitori Agustín e Zoila. Lui iniziò la sua formazione al sacerdozio cattolico nel 1923, quando entrò nel Seminario Minore "San Diego" di Ibarra. Sette anni dopo fu inviato dal suo vescovo a Quito per continuare la sua formazione filosofica e teologica presso il Seminario Maggiore "San José". Il 4 luglio 1936 fu ordinato sacerdote. I suoi primi incarichi pastorali furono nella sua diocesi di Ibarra e poi come vescovo a Riobamba dal 1954 al 1985.
Valorizzare il suo ricordo
Sorgono alcune domande a proposito delle fonti della sua audacia e del suo stile di vita; sull'interesse a conservare il suo ricordo e a studiarlo evitando così il pericolo di dimenticarlo; sulla sua importanza oggi per l'Ecuador e per la Chiesa in generale. In questa riflessione in occasione della sua nascita sviluppo solo il tema della valorizzazione del suo ricordo.
È evidente che la traiettoria di Mons. Proaño non può essere riassunta in poche parole. Possiamo però mettere in evidenza alcuni tratti. La sua costanza nell'essere una buona notizia per i poveri della provincia di Chimborazo. Il coraggio e la forza della sua parola e della sua testimonianza che hanno aiutato e aiutano tuttora a far scendere dalla croce gli indigeni, in un quadro socio-politico di violenza, povertà e migrazione, che produce morte, paura e sofferenza per donne, bambini e anziani.
Non si tratta di mettere sul tavolo della discussione questi temi, ma di ricordare Taita (padre in lingua kichwa) Proaño e di capire come la sua figura possa illuminare le sfide di oggi e aiutare soprattutto la Chiesa nel suo compito di accompagnare il Calvario del XXI secolo. Si ritiene che la traiettoria pastorale e sociale di Proaño abbia avuto un impatto significativo sulla Chiesa di Riobamba, in particolare sugli indigeni e sui poveri, nei quali è stato fonte di speranza.
Artista: Pablo Sanaguano, 2024.
Il Taita è ancora vivo
La commemorazione stessa è una dimostrazione che egli è ancora vivo in mezzo ai poveri e a coloro che sono solidali con la sua causa, provenienti da molte parti del mondo. Dobbiamo ricordare che questa presenza non è fisica ma simbolica: è la "lotta" contro le forze contrarie alla celebrazione della sua memoria, insensibili al dolore degli altri.
Sfogliando i libri dei canti che si usano a Riobamba scopriamo la canzone "Tu te ne vai" ma la strofa continua dicendo: "ma restano gli alberi che hai piantato". A trentasei anni dalla sua morte, un buon gruppo di noi lo ricorda ancora, leggendo i suoi libri e facendo ricerche sulla sua vita e sul suo lavoro. Questi sono i semi piantati che ora sono alberi.
Le celebrazioni sono state molto ricche e varie: culturali e artistiche; accademiche e teologiche; evidentemente non sono mancate le celebrazioni eucaristiche. In tutte si è vista una nutrita partecipazione di cittadini e anche stranieri. Si è trattato di vere e proprie manifestazioni popolari che hanno ricordato il maestro, il padre, che ha dato tutto per la liberazione degli oppressi, degli emarginati e degli sfruttati.
Il popolo festeggia più di trent'anni di vita solidale con i poveri, i bambini, le donne e gli uomini, tutti maltrattati e disprezzati. Le manifestazioni confermano un lavoro pastorale di resistenza e perseveranza, alla ricerca della liberazione integrale. Allo stesso tempo, esprimono l'impegno a continuare la lotta per la liberazione dei poveri, ringraziando Dio per la loro fedeltà al Vangelo.
Perseverante e instancabile
Tra il 1954 e il 1988, Proaño ha lottato instancabilmente per la giustizia, la dignità umana e la vita dei poveri. Non si è mai vergognato di stare al fianco degli indigeni, malvisti e trattati crudelmente dalla società e dalla stessa Chiesa. Così, tenendo conto della nuova ecclesiologia del Concilio Vaticano II (1962-1965), del Patto delle Catacombe che vari vescovi avevano firmato in quell’occasione, della Dottrina sociale della Chiesa, dei documenti di Medellin (1968) e Puebla (1979) e della realtà della provincia del Chimborazo, ha invertito la storia e ha presentato il Risorto a coloro che desideravano risorgere.
La proposta di valorizzare la sua memoria va oltre la conservazione di archivi e biblioteche. La visione cristiana della risurrezione è percepita come una correlazione di forze: negazione e accettazione, silenzio e annuncio. Lo deduciamo dall'omelia di Proaño nel primo anniversario del leader indigeno Lázaro Condo, ucciso nella lotta per la terra: "Lázaro è risorto". Pertanto, Proaño e la sua opera sono ancora presenti e sono risorti nonostante il potere dei contrari.
* Padre Maurice Sheith Oluoch Awiti è un missionario della Consolata del Kenya-Africa in Colombia.