Riflessioni alla fine del convegno Murang’a 2

Pubblicato in Missione Oggi

Missionarie carissime e Missionari carissimi, provo a riprendere quanto condiviso, con mie parole, sperando di non perdere la ricchezza di quanto detto, gli stimoli e le provocazioni proposte ed indicare orientamenti, sogni e prospettive per il dopo Convegno

1. Il coraggio di sognare come Istituti della Consolata

«I problemi del mondo non possono essere risolti da scettici o cinici i cui orizzonti sono limitati da realtà ovvie. Noi abbiamo bisogno di uomini e donne che possono sognare cose che non sono mai state e si chiedono “perché no?”.» (J.F. Kennedy)

“Accendere un fiammifero vale infinitamente di più che maledire l’oscurità”. (Don Tonino Bello)

«Non possiamo in alcun modo predire l’avvenire. Possiamo soltanto inventarlo». (Denis Gabor)

Senza tenerezza, senza cuore, senza amore non ci sarò profezia né testimonianza credibile! Piano a snobbare i “sognatori” le “sognatrici”: sono capaci di sorprendere chi li crede ingenui e illusi. Uno per tutti: «Mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa..."». Il sogno è una cosa seria, non va scambiato con l’astrazione inconcludente di chi si chiama fuori dalla storia per costruirsi un mondo a parte. C’è il sogno che vede una realtà nuova, e ha bisogno di sottrarsi alla rassegnazione per alzare lo sguardo sul domani. È solo sognando che si può contemplare ciò che ancora non esiste e che tutti, attorno, ti spingono a credere inutile, faticoso, irrealizzabile. È l’inaudito che diventa credibile. Chi non sogna più smette anche di sperare, si contenta del menù passato da una vita al ribasso. I sogni sono importanti. Tengono il nostro sguardo largo, ci aiutano ad abbracciare l’orizzonte, a coltivare la speranza in ogni azione quotidiana. I sogni ti svegliano, ti portano in là, sono le stelle più luminose, quelle che indicano un cammino diverso per l’umanità. I sogni di futuro, veramente tali solo se in grande, e condivisi: diversamente si trasformano in miraggi o delirio di onnipotenza. Per questo hanno bisogno di Dio e del noi, garanzie di autenticità. Osare ci dà la consapevolezza che ci si può ritrovare nello spazio libero dei sogni e delle speranze grandi.

2. Di fronte a un mondo differente un carisma in movimento

I primi allievi e allieve, discepoli e discepole di Giuseppe Allamano videro sempre risplendere “un alone di santità” o di… straordinarietà attorno alla sua figura e ai suoi gesti, anche minimi. Sentendosi amati e amate, “coccolati e coccolate” da lui, si diedero da fare per conservare tutto di lui (anche i capelli e i bottoni della sua veste), soprattutto il suo insegnamento, le sue calde raccomandazioni, lettere o bigliettini che volentieri scriveva a molti e a molte di loro.
Più passa il tempo, più l’Allamano cresce. Più si scava in profondità, più lo si ritrova ingigantito e presente. Questo prete, defunto da quasi un secolo, affascina e stimola ancora. Per noi, missionari e missionarie della Consolata “fa ancora notizia”, non commemorazione, non rievocazione: fa ancora scuola.

Desidero mettere in evidenza tre perle, tra le tante, dell’insegnamento dell’Allamano che possono orientare ancora:

A. “fare bene il bene” come ricerca della qualità della vita! La "qualità della vita" viene indicata dall’Allamano, come "principio ispiratore" della nostra vita e missione: È soprattutto la qualità nell'essere e nel fare missione che, stimolati dal Convegno, vorremmo assumere come principio ispiratore del nostro futuro.

B. nella discrezione e semplicità. La vita più che le parole del Beato Fondatore ci insegnano uno stile fatto di discrezione, semplicità e garbo. Sono atteggiamenti che nascono spontanei nella persona che si dona senza mirare a diventare centro d'attenzione, che punta ad essere efficace nella sua azione senza giocare il ruolo del protagonista, che è semplice, accogliente dell'altro, aperta alla dimensione comunitaria. Esprime questo "stile allamaniano" il missionario, la missionaria che ha la coscienza di essere servo e serva, che sa ritirarsi a tempo opportuno senza pretendere, che propone ma non impone, che conosce il valore della gratuità.

C. L’amore alla gente. «L’Allamano ebbe a cuore la gente, non tanto le idee. E credo che se tornasse per indicarci qual è la prima cosa che dobbiamo fare, continuerebbe a dirci: “Abbiate cura della gente; abbiate a cuore la gente! Beato te perché, quando verrai a visitarci per presentarci la santità di Dio, ci dirai ancora una volta che la prima cosa che dobbiamo fare è avere tanta tenerezza verso tutti quelli che incontriamo”» (don Dario Berruto, rettore del santuario della Consolata)

3. Missione da vivere insieme come fratelli e sorelle

I nostri Istituti stanno facendo una grande riflessione sulla missione e anche stanno realizzando delle opzioni concrete per rispondere alle sfide missionarie di oggi interrogandosi sul nostro modo di essere missionari e missionarie per il futuro. Ognuno e ognuna dovrebbe sentirsi coinvolto e coinvolta in questo cammino. Per questa ferma decisione di ritornare alla missione e qualificarla maggiormente, non ci sono ricette, né modelli collaudati e approvati.
L’augurio è che questo tempo di “purificazione” sia di rinnovamento profondo e segno di entusiasmo ritrovato nella missione. Che possiamo camminare e passare da una missione assunta in comune ad una missione condivisa. Accogliamo con spirito disponibile ed aperto il messaggio del Papa Francesco ai consacrati nella lettera apostolica che presenta l'anno dedicato alla vita consacrata: “Non ripiegatevi su voi stessi, non lasciatevi asfissiare nelle piccole dispute della casa, non restate prigionieri dei problemi”.

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3. Missionari e Missionarie che s’ispirano a Murang’a

Il nostro metodo missionario si caratterizza da: vicinanza, incontro, dialogo e accompagnamento. La missione con i poveri aiuta a superare i rischi dell’autoreferenzialità, senza mai dimenticare che la missione nasce dall’incontro con Cristo. Il missionario, la missionaria prima di tutto deve essere audace e creativo, al punto di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi della missione, perché è necessario ripensare tutto alla luce di ciò che esige lo Spirito.

Alcune caratteristiche ed esigenze della missione oggi:
A. Una missione del piccolo resto: il fermento nascosto nella massa di un mondo conflittivo;
B. Una missione che deve dare una risposta di spiritualità alla ricerca del sacro e alla nostalgia di Dio;
C. Una missione di testimoni della trascendenza e presenza di un Dio compassionevole e misericordioso in società pluralistiche;
D. Una missione chiamata a rendere visibili i valori del Vangelo nell’impegno con i poveri, con la giustizia, partecipando ai movimenti che lavorano per la pace, per l’ecologia e per la difesa dei diritti umani;
E. Una missione che diventa presente nei posti di frontiera, al servizio degli emarginati, per testimoniare il progetto di Dio e denunciare tutto quello che a lui si oppone;
F. Una missione che favorisce la creazione di comunità nuove più semplici, oranti, fraterne, vicine al popolo;
G. Una missione che testimonia una nuova umanità a partire dall’impegno con le persone, con i loro diritti umani, con la giustizia in relazione reciproca di genere.

Per riuscire in questo, noi missionari e missionarie abbiamo bisogno di:
A. inserirci nella Chiesa locale e vivere in comunione coi pastori, con gli altri religiosi/e, laici;
B. ritornare al posto naturale dove noi dovremmo essere: i non cristiani, nella prima evangelizzazione, il mondo dei poveri e delle nuove povertà. Da esse rileggere il proprio carisma;
C. ripensare l'identità della vita consacrata in relazione al laicato, coi membri di altre religioni, coi non credenti, con l'uomo e la donna, con persone di diverse generazioni;
D. imparare a perdere il protagonismo. Accettare essere minoranza nella Chiesa e nella società pluralistica;
E. accettare le sfide della nuova cultura con discernimento, audacia, dialogo e provocazione evangelica;
F. rileggere il carisma guidati da alcuni criteri: la riflessione comunitaria, la capacità di essere segni, di farsi capire, di provocare, di porre interrogativi, di collocare alternative radicali;
G. prendere decisioni pratiche per la rivitalizzazione e la ristrutturazione delle presenze che siano significative ed interpellanti, povere, libere, liberatrici e fraterne, con un progetto ed azione missionaria

4. Conclusione

Siamo eredi di un passato, responsabili di un presente, costruttori di un futuro dalla nostra limitazione e povertà. Solidali coi nostri popoli e tra noi dobbiamo cercare di seguire il passo del Signore nel nostro oggi, qui e ora.
Bisogna sentire la necessità di essere persone “interamente disponibili per rispondere con flessibilità, senza attaccamenti ad opere e tradizioni insensate e con una carità straripante e capace di creare nuovi alvei di espressione nell’impegno profetico evangelizzatore che abbiamo come persone consacrate” (VC18).
In questo sforzo per rispondere al Signore, contempliamo Maria, missionaria dei cammini di Dio nella storia, "Vergine magnanima del Magnificat", stella dell'evangelizzazione "rinnovata”. Ella è per noi modello di autentica missione.

* Stefano Camerlengo è Superiore Generale dei Missionari della Consolata

Ultima modifica il Venerdì, 08 Luglio 2022 13:11

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