Nella variegata e ricca semantica di cui il fuoco è portatore, non manca una molteplicità di significati dal carattere squisitamente religioso. Così, ad esempio, nel cristianesimo, e più specificamente nell’ambito della liturgia cattolica, la presenza del fuoco è prevista in particolari momenti rituali e celebrativi allo scopo di dare simbolicamente visibilità al messaggio teologico che si vuol trasmettere. Nonostante che non sia materia sacramentale (come lo è, ad esempio, l’acqua per il Battesimo), il fuoco ha infatti valore di segno che richiama sia la trascendenza e santità di Dio – come già illustravano le teofanie dell’Antico Testamento (cf. Es 3,2ss; Es 19,18ss; Is 7,1ss; 2Re 2,11) – sia la presenza e l’azione salvifica di Dio nel mondo.
Va subito detto, perciò, che la rilevanza del fuoco all’interno della liturgia cristiana è data innanzitutto dalla sua proprietà “immateriale” e “spirituale”. Ciò, infatti, assieme alla luce – di cui il fuoco è un prolungamento – lo rende più vicino alla realtà divina che, in se stessa, è appunto immateriale e spirituale. Lo stesso volgersi della fiamma verso l’alto richiama subito una dimensione verticale o celeste e immette naturalmente in una prospettiva trascendente, che è quella più consona al mondo di Dio. In tal senso il simbolismo del fuoco rappresenta un vettore di particolare pregnanza per chi desidera approssimarsi al mistero di Dio e cercare di comprenderlo, così come mantiene la sua importanza in riferimento ad alcuni aspetti della fede cristiana che il credente è chiamato a tradurre e a vivere nella quotidianità.
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