A pochi giorni dalla morte di decine di persone al largo delle coste ioniche, la denuncia della Chiesa locale contro l’anestesia delle coscienze e le politiche miopi ed inefficaci. Monsignor Fortunato Morrone, presidente della Conferenza Episcopale della Calabria: “All’Europa chiediamo una governance globale del fenomeno migratorio. L’accoglienza delle nostre strutture di volontariato sopperisce alle carenze delle nostre amministrazioni”

La voce della Chiesa calabrese torna ad alzarsi, sempre più forte. Questa volta per denunciare quella che i vescovi definiscono l’ennesima tragedia del mare anonima ed invisibile. Negli occhi hanno ancora le immagini del terribile naufragio di qualche giorno fa consumatosi a 120 miglia dalle coste ioniche e non possono dimenticare le decine di morti, tra cui molti bambini, e gli sguardi persi ed annichiliti dei superstiti sbarcati nel porto di Roccella. Sono di nuovo scioccati, i presuli, a tal punto che non esitano a gridare contro l’anestesia delle coscienze e contro misure politiche miopi ed incapaci di evitare simili tragedie.

Il veleno dell’assuefazione

Già, l’indifferenza. È uno dei mali che avvelena la politica, anche europea. Lo sostiene con vigore, monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio Calabria-Bova e presidente della Conferenza Episcopale calabra (Cec). “Queste stragi di migranti si ripetono con troppa frequenza e tutto ciò, purtroppo, crea assuefazione”, dice ai media vaticani. Poi, però, spiega che ad un certo punto l’indifferenza deve fare i conti con il mare che restituisce il suo carico di disastri. E di morti.

Ascolta l'intervista a monsignor Fortunato Morrone

Governance globale

I vescovi calabresi si auspicano che le dinamiche migratorie vengano presto gestite a livello globale da un'unica governance, perlomeno sul territorio europeo. “Lo scrive anche Papa Francesco in un intero capitolo dell’enciclica Fratelli Tutti”, afferma Morrone. E proprio all’Europa il presidente dell'episcopato calabrese ricorda che “l’umanità è sempre stata - e sempre sarà - in continuo movimento e dunque sul fronte migratorio appare inutile lavorare in emergenza. L’Europa deve essere una comunità di nazioni non di nazionalismi. Occorre uno sguardo politico di ampio respiro”.

Chiesa in prima linea

La complessa macchina dell’accoglienza che la Chiesa calabrese riesce a mettere in moto nei porti ogni volta che ci sono uomini, donne e bambini da soccorrere e sostenere testimonia l’impegno concreto di tanti volontari e volontarie che spendono la propria vita per essere fedeli al Vangelo. “A loro va tutto il mio grazie - aggiunge l’arcivescovo - perché portano speranza. Ma ci tengo a precisare anche un’altra cosa: il loro fondamentale lavoro sopperisce alle carenze delle nostre amministrazioni". E questa non è una cosa di poco conto.

*  Federico Piana - Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

Sono oltre 117 milioni le persone in fuga da guerre, persecuzioni e violenza a livello globale, almeno 1 persona ogni 73.

Il 20 giugno si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 4 dicembre 2000 in occasione della ricorrenza, che si sarebbe compiuta nell’anno successivo, del 50° anniversario della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, adottata il 28 luglio 1951.

L’iniziativa ha come obiettivo la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla condizione di milioni di rifugiati e richiedenti asilo che sono costretti a lasciare la famiglia, la propria terra e tutti i possedimenti e fuggire per la propria sopravvivenza minacciata dalle guerre e dalle violenze etniche e religiose.

Per noi, missionari della Consolata rappresenta un’occasione importante per rendere visibili alcuni aspetti del nostro carisma, in particolare la consolazione, l'accoglienza e l’accompagnamento di chi arriva nel territorio delle nostre missioni e sceglie di costruire con noi il proprio futuro. È anche un’opportunità per valorizzare la rete dei tanti soggetti della comunità e del territorio che collaborano con noi per la realizzazione insieme a noi dei progetti di inclusione dei profughi e che ogni giorno, e che si impegnano assiduamente per sensibilizzare le nostre città affinché siano sempre più accoglienti e inclusive.

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La guerra in Ucraina ha provocato il più grande flusso migratorio dalla fine della Seconda guerra mondiale. Foto: EPA

Al via la campagna di solidarietà #withrefugees. Tutti gli eventi dell’UNHCR, Agenzia ONU per i rifugiati: insieme troviamo soluzioni e rimuoviamo gli ostacoli all’inclusione

I rifugiati e richiedenti asilo nel mondo

Secondo UNHCR (the UN Refugee Agency), alla fine del 2023 erano 117 milioni le persone che sono state costrette a fuggire dalle loro case cercando rifugio all’interno o all’esterno dei propri confini nazionali. Di fronte a emergenze che diventano rapidamente catastrofi umanitarie i sistemi di protezione appaiono sempre più fragili e incerti.

Una cifra in continua crescita anche a seguito soprattutto del perpetrarsi della guerra in Ucraina e dello scoppio del conflitto in Sudan che ha causato nuovi esodi di profughi.

Alla fine del 2023 i migranti forzati nel mondo erano:

43,4 milioni rifugiati: 30,5 milioni sono rifugiati sotto il mandato dell’UNHCR; 5,9 milioni sono rifugiati palestinesi sotto il mandato dell’UNRWA.

68,3 milioni di persone (il 58%) sono sfollati interni.

9,7 milioni sono richiedenti asilo.

I numeri confermano che sono sempre i paesi a medio e basso reddito ad ospitare la maggior parte delle persone in fuga. I 46 paesi meno sviluppati (che rappresentano meno dell’1,3% del prodotto interno lordo globale) ospitano più del 20% di tutti i rifugiati.

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Un rifugiato è una persona che è fuggita dal proprio Paese perché lì è in pericolo.  Foto: Getty Images

Il rapporto UNHCR del 2023 mostra che:

Il 73% delle persone in fuga all’estero provengono da: Siria (6,4 milioni), Afghanistan (6,4 milioni), Venezuela (6,1 milioni), Ucraina (6 milioni).

Anche se l’attenzione è spesso rivolta alle difficoltà dell’Europa nella gestione dei rifugiati, la maggior parte dei rifugiati del mondo vive altrove. La Repubblica Islamica dell’Iran è il Paese che ospita il maggior numero di persone rifugiate al mondo (3,8 milioni) seguito da Turchia (3,3 milioni), Colombia (2,9 milioni), Germania (2,6 milioni) e Pakistan (2 milioni).

La maggior parte della popolazione rifugiata (69%) vive nei Paesi limitrofi a quelli di origine. Il 75% delle persone in fuga nel mondo è ospitato in Paesi a basso e medio reddito. Il 69% dei rifugiati vivono in un Paese confinante con quello da cui sono fuggiti. Spesso si tratta di Paesi in via di sviluppo. Circa il 30% dei migranti forzati sono minori.

Come possiamo vedere, i migranti forzati sono una popolazione immensa, che aumenta costantemente anno dopo anno.

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Maria si è rifugiata in Egitto insieme a Giuseppe per salvare la vita al proprio figlio Gesù. Chiesa del Santo Salvatore in Chora, Istanbul, Turchia

I rifugiati e la Consolata

Un rifugiato è una persona che è fuggita dal proprio Paese perché lì è in pericolo. È andata in un altro Paese che ha accettato di proteggerla.

Il XIV Capitolo Generale (2023), nelle disposizioni sulla nostra “missione ad gentes” ha chiesto che “tutti i missionari s’impegnino nel servizio compassionevole di Consolazione verso i popoli bisognosi, come per esempio profughi e migranti, nomadi e popoli indigeni, ecc. tramite processi generativi di accoglienza, cura pastorale e promozione della dignità” (XIV CG 77).

Questo impegno deve esse ancora più forte e significativo quando ci rendiamo conto che questa Giornata Mondiale del Rifugiato coincide con la Festa della nostra Patrona, Maria Consolata celebrata il 20 giugno che a sua volta ha fatto esperienza di rifugiata in Egitto insieme a Giuseppe per salvare la vita al proprio figlio Gesù.

In questo mondo multiculturale e di crescente mobilità umana, la missione fatta d’accoglienza, accompagnamento e consolazione, contribuisce alla creazione di solidarietà. I rifugiati ci ricordano che non ci può essere inclusione senza una comunità aperta e solidale in cui tutti e tutte possano sentirsi a casa per mettere a frutto le proprie risorse e potenzialità.

Il questo giorno di festa, affidiamo alla Madre Consolata la realtà del nostro tempo, fatta di ombre e di luci e le chiediamo di aiutarci a guardarla con i suoi occhi pieni di compassione, solidarietà e consolazione per saper scoprire la bellezza di ogni popolo, di ogni cultura e di ogni persona, in particolare dei rifugiati.

* Padre Jaime C. Patias, Comunicazione IMC.

Sono passati due anni da quando la guerra in Ucraina è iniziata con l'invasione russa.  In tutto il mondo, le guerre uccidano, mutilano, separano famiglie, provocano distruzione, fame, sofferenza, malattie… Le guerre causano lo sfollamento di intere comunità cambiando la vita di molte persone.

Nel secondo anniversario dall’inizio della guerra in Ucraina, il missionario della Consolata, padre Luca Bovio, da Kielpin in Polonia ha raccolto alcune storie dei rifugiati ucraini la cui vita è stata completamente cambiata. “Non sappiamo quale sarà il nostro futuro, dobbiamo vivere il presente”, dicono i giovani rifugiati.

Vedi qui il video con alcune testimonianze

Cari fratelli e sorelle! 

Il senso ultimo del nostro “viaggio” in questo mondo è la ricerca della vera patria, il Regno di Dio inaugurato da Gesù Cristo, che troverà la sua piena realizzazione quando Lui tornerà nella gloria. Il suo Regno non è ancora compiuto, ma è già presente in coloro che hanno accolto la salvezza. La città futura è una «città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso» (Eb 11,10). Il suo progetto prevede un’intensa opera di costruzione nella quale tutti dobbiamo sentirci coinvolti in prima persona. Si tratta di un meticoloso lavoro di conversione personale e di trasformazione della realtà, per corrispondere sempre di più al piano divino. I drammi della storia ci ricordano quanto sia ancora lontano il raggiungimento della nostra meta, la Nuova Gerusalemme, «dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21,3). 

«Noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia» (2 Pt 3,13). La giustizia è uno degli elementi costitutivi del Regno di Dio. Nella ricerca quotidiana della sua volontà, essa va edificata con pazienza, sacrificio e determinazione, affinché tutti coloro che ne hanno fame e sete siano saziati (cfr Mt 5,6). La giustizia del Regno va compresa come la realizzazione dell’ordine divino, del suo armonioso disegno, dove, in Cristo morto e risorto, tutto il creato torna ad essere “cosa buona” e l’umanità “cosa molto buona” (cfr Gen 1,1-31). Ma perché regni questa meravigliosa armonia, bisogna accogliere la salvezza di Cristo, il suo Vangelo d’amore, perché siano eliminate le disuguaglianze e le discriminazioni del mondo presente.

Nessuno dev’essere escluso. Il suo progetto è essenzialmente inclusivo e mette al centro gli abitanti delle periferie esistenziali. Tra questi ci sono molti migranti e rifugiati, sfollati e vittime della tratta. La costruzione del Regno di Dio è con loro, perché senza di loro non sarebbe il Regno che Dio vuole. L’inclusione delle persone più vulnerabili è condizione necessaria per ottenervi piena cittadinanza. 

Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati significa anche riconoscere e valorizzare quanto ciascuno di loro può apportare al processo di costruzione. Mi piace cogliere questo approccio al fenomeno migratorio in una visione profetica di Isaia, nella quale gli stranieri non figurano come invasori e distruttori, ma come lavoratori volenterosi che ricostruiscono le mura della nuova Gerusalemme, la Gerusalemme aperta a tutte le genti (cfr Is 60,10-11).

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La storia ci insegna che il contributo dei migranti e dei rifugiati è stato fondamentale per la crescita sociale ed economica delle nostre società. E lo è anche oggi. Il loro lavoro, la loro capacità di sacrificio, la loro giovinezza e il loro entusiasmo arricchiscono le comunità che li accolgono Ma questo contributo potrebbe essere assai più grande se valorizzato e sostenuto attraverso programmi mirati. Si tratta di un potenziale enorme, pronto ad esprimersi, se solo gliene viene offerta la possibilità.

La presenza di migranti e rifugiati rappresenta una grande sfida ma anche un’opportunità di crescita culturale e spirituale per tutti. Grazie a loro abbiamo la possibilità di conoscere meglio il mondo e la bellezza della sua diversità. Possiamo maturare in umanità e costruire insieme un “noi” più grande. Nella disponibilità reciproca si generano spazi di fecondo confronto tra visioni e tradizioni diverse, che aprono la mente a prospettive nuove. Scopriamo anche la ricchezza contenuta in religioni e spiritualità a noi sconosciute, e questo ci stimola ad approfondire le nostre proprie convinzioni.

In questa prospettiva, l’arrivo di migranti e rifugiati cattolici offre energia nuova alla vita ecclesiale delle comunità che li accolgono. Essi sono spesso portatori di dinamiche rivitalizzanti e animatori di celebrazioni vibranti. La condivisione di espressioni di fede e devozioni diverse rappresenta un’occasione privilegiata per vivere più pienamente la cattolicità del Popolo di Dio.

Cari fratelli e sorelle, e specialmente voi, giovani! Se vogliamo cooperare con il nostro Padre celeste nel costruire il futuro, facciamolo insieme con i nostri fratelli e le nostre sorelle migranti e rifugiati. Costruiamolo oggi! Perché il futuro comincia oggi e comincia da ciascuno di noi. Non possiamo lasciare alle prossime generazioni la responsabilità di decisioni che è necessario prendere adesso, perché il progetto di Dio sul mondo possa realizzarsi e venga il suo Regno di giustizia, di fraternità e di pace.

MESSAGGIO COMPLETO IN ITALIANO E INGLESE

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