Mi ha sempre impressionato fratel Paolino con il suo silenzio operativo... Ci siamo conosciuti quando lui aveva un’età già avanzata, e per quello la sua foto da giovane sull’altare con una cazzuola in mano mi ha colpito molto. Era una foto presa durante la consacrazione del cattedrale di Iringa nel momento in cui si mette la reliquia sull’altare.

Paolino nasce a Roncola San Bernardo (Bergamo) il 13 Aprile 1937. Si avvicina all’Istituto molto giovane e fa la prima professione il due ottobre del 1956 nella Certosa di Pesio con solo 19 anni e i voti perpetui ad Alpignano, nella casa di formazione dei fratelli, lo stesso giorno di tre anni dopo, nel 1959. Dopo di allora in Italia rimase solo due anni e nel 1962 raggiunse la Tanzania e visse fra di noi per ben 61 anni, fino alla sua morte avvenuta il 15 Febbraio 2023. 

Era forse piú tanzaniano lui che molti di noi! Lasciare quindi la sua sepoltura in mezzo alla sua gente a Tosamaganga è stata forse la scelta più opportuna.

Quella sua immagine sull’altare con una cazzuola descrive bene la sua storia e personalità. Raccontava lui stesso che quando era venuto in Tanzania sperava di continuare a lavorare come falegname, era quella la sua attività professionale,  ma ha finito per fare il muratore. In una occasione il Vescovo di Iringa, Mons. Beltramino, gli chiese di accompagnarlo in Seminario per costruire una scala...

–Eccelenza non posso farlo, disse al vescovo, io sono un falegname!

–Non ti preoccupare, rispose in vescovo, io ti insegno come si fa.

Certamente erano altri tempi, ma era anche ben rappresentata la volontà di servizio e la disponibilità di fratel Paolino... e così la sua professione di falegname si trasformò in una professione di muratore. Si unirono l’altare, la sua consacrazione religiosa, con la cazzuola il suo nuovo lavoro che l’accompagnò per anni.

Prese l’avvio in questo modo l’avventura missionaria di Paolino, che girava dappertutto costruendo chiese, altari, scuole, case per comunità religiose, dispensari, seminari... quelli di Morogoro e Mafinga, il centro di Spiritualità di Bunju, il Monastero delle suore Camaldolesi di Mafinga.

Che patrimonio ci lascia questo grande missionario? La prima cosa è la fedeltà alla missione e alla sua consacrazione come fratello, una chiamata particolare diversa da quella del sacerdote. Lui era sempre presente: se non si trovava nelle missioni per qualche impegno concreto lo si trovava sempre attivo nella casa regionale sottolineando, con la sua presenza, l’importanza della comunità pwer la vita consacrata. 

Senza tanta chiacchiere fratel Paolino faceva bene il suo lavoro: silenzioso, come insegna il Beato Giuseppe Allamano per il quale “il bene va fatto bene e senza rumore”, era perfino poco conosciuto dalla gente per questo motivo. Non sbandierava mai i lavori compiuti con maestria e faceva tutto per il Signore.

Nel suo silenzio operativo, fratel Paolino ci ha insegnato che quello che importa è la gioia di aver fatto bene il tuo dovere. Quando si vede una opera terminata non si sa niente del lavoro pesante che si è dovuto realizzare prima di cominciare ad edificare. Eppure tutto questo è assolutamente importante... e questo è stato il lavoro di Paolino e di molti fratelli: umili, nascosti, magari anche dimenticati ma indispensabili.

Ringraziamo oggi il Signore che ci ha regalato il carisma e l’impegno di  Paolino: il suo servizio perseverante e il suo silenzio operoso. Preghiamo per la vocazione dei fratelli.

* Padre Erasto è superiore provinciale dei Missionari della Consolata in Tanzania

Pochi giorni fa, il 15 febbraio, è morto a Tosamaganga all'età di 85 anni, Fratel Paolino Rota. Bergamasco di origine era arrivato per la prima volta in Tanzania nel 1962, quando di anni ne aveva solo 25 e quindi ha vissuto tutta la sua vita in quel paese che non ha mai abbandonato. Ricordandolo trascriviamo una intervista fatta a gennaio di 2018 che aveva concesso al padre Jaime Patias in visita nella sua missione a Iringa. Ricordava sommariamente tante avventure vissute in quel paese dell’africa orientale; tanti cambi a cui ha potuto assistere; la sua ormai precaria condizione di salute; il suo desiderio di poter rimanere fino alla fine in quella terra che ha amato. È stato esaudito: il giorno prima della festa di Giuseppe Allamano, il Fondatore se l’è portato in cielo dalla sua Tosamaganga dove è anche sepolto.

Sono arrivato in Tanzania nel 1962 e ormai sono 55 anni. Al principio ho lavorato nella falegnameria di Tosamaganga. Poi dopo mi sono dovuto adattare a fare il muratore perché quello non era il mio mestiere.

Ma il vescovo mi aveva chiesto di aiutare a costruire il seminario diocesano di Tosamaganga. da quel momento ho continuato a fare il costruttore in molte missioni del Tanzania, un po’ ovunque... e non solo per i Missionari o le Missionarie della Consolata, anche per altre congregazioni... per esempio sono stato otto anni nel monastero dei Camandolesi per aiutarli a costruire la chiesa ed altre loro strutture. 

Ho quindi costruito varie missioni, chiese, cappelle, case di formazione. Per un po’ di tempo ho anche aiutato il procuratore che provvedeva le missioni di quanto avevano bisogno. Per anni la mia sede è stata la casa regionale ma poi partivo tutte le settimane ed andavo a lavorare nelle missioni dove fosse necessaria la mia collaborazione. 

Nella mia vita missionaria ho visto come tante cose sono cambiate da quando sono arrivato, posso dire anche di un significativo sviluppo del paese. Il Tanzania è abbastanza cambiato: per esempio prima le strade erano quasi tutte sterrate, adesso sono molte quelle che sono asfaltate e ci si muove abbastanza bene.

È bello anche vedere tanti seminaristi giovani, magari non tutti sono perseveranti... li ho anche accompagnati un tempo nel seminario propedeutico di Morogoro.

Adesso sono nella casa di Iringa, ormai gli anni sono passati, non sto più tanto bene, devo fare attenzione con il cuore che non mi accompagna più come quando ero giovane, non posso più fare come prima gli anni ormai ci sono tutti. 

Ringrazio tutti, ringrazio il Tanzania e tutte le persone che mi hanno accolto e mi hanno fatto sentire come a casa. Per adesso cerco di rimanere qui, tornerei in Italia solo se la situazione della mia salute si dovesse aggravare. Ad ogni modo se il Signore mi da la grazia di morire qui... lasciatemi in Tanzania.

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La chiesa di Tosamaganga (Foto. JC Patias)

Una famiglia fatta di Sacerdoti e di Fratelli 

L’Istituto Missioni Consolata è una famiglia fatta di Sacerdoti e di Fratelli che si dedicano per tutta la vita alla causa missionaria. Ora il servizio missionario non è opera esclusivamente clericale, ma comporta anche una varietà di servizi e attività laicali, che sono essenziali al raggiungimento della sua finalità.

Così come ci ricordava Fratel Sandro Bonfanti, anche morto in Tanzania nel 2021: “sacerdoti e Fratelli, come membri della stessa famiglia, nelle varie attività, mansioni ed uffici, collaborano per il fine comune: amore a Dio e servizio ai fratelli, e lo facciamo uniti essendo nelle nostre rispettive responsabilità un cuor solo ed un anima sola”.

Come la vita di Fratel Paolino ci insegna, con spirito di umiltà e di abnegazione tutti indistintamente dobbiamo essere disposti a tutto, anche agli uffici più umili, perché tutto è grande nella casa di Dio.

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