Canada: Suicidio assistito, il no dei vescovi: uccidere è immorale

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Uccidere una vita innocente è un gesto ritenuto immorale, da tempi immemori: così scrive la Conferenza episcopale canadese in una nota diffusa ieri. In essa, i presuli fanno  riferimento alla decisione presa il 6 febbraio scorso dalla Corte suprema del Paese che ha autorizzato il suicidio assistito. In particolare, le toghe canadesi hanno stabilito che i malati incurabili, ma non necessariamente in fase terminale, potranno scegliere volontariamente la morte. La possibilità è estesa anche a chi è affetto da patologie psichiche. La sentenza della Corte ha valore per un anno, il tempo necessario per preparare un’apposita legge attuativa.

Suicidio assistito mette a rischio persone più vulnerabili della società
In vista, dunque, delle elezioni federali che si terranno il prossimo 19 ottobre, i vescovi canadesi chiedono ai futuri eletti di riflettere ancora sulla questione, prima di creare un “nuovo diritto costituzionale, un presunto ‘diritto al suicidio’”. “Non possiamo tacere – scrivono i presuli – la nostra profonda costernazione ed il nostro pieno disaccordo con la decisione della Corte”, tanto più che essa “mette a rischio la vita delle persone vulnerabili, depresse, sofferenti a causa di patologie fisiche o mentali, o portatrici di handicap”.

Incentivare cure palliative. La risposta al dolore è la cura, non la morte
Davanti a tali sofferenze, ribadisce la Chiesa di Ottawa, “la vera risposta umana deve essere quella di curare e non di uccidere, di accompagnare il dolore con le cure palliative e non di causare la morte intenzionalmente”. Per questo, i presuli invocano a gran voce che le istituzioni statali garantiscano a tutti i canadesi “cure domiciliari di lunga durata, a domicilio e di alta qualità”. Stigmatizzando, poi, il silenzio dei candidati alle elezioni federali su questo tema “fondamentale per la società ed il futuro” del Paese, i vescovi esortano i cittadini a “sollevare la questione della vita e della morte nei dibattiti pubblici” , affinché “ci sia il tempo di riflettere e di considerare seriamente le conseguenze” di un cambiamento così radicale nella legislazione nazionale.

Tutelare il diritto all’obiezione di coscienza per medici ed operatori sanitari
Altro punto essenziale, ribadisce la Chiesa di Ottawa, è quello dell’obiezione di coscienza: “Esigere che un medico uccida un paziente è inaccettabile – affermano i presuli – Chiedere agli operatori sanitari di collaborare all’uccisione intenzionale di un malato è un affronto alla loro coscienza ed alla loro vocazione”. Di qui, il richiamo al rispetto della professione medica, ma anche al rispetto “della dignità della persona umana”. Un rispetto che si evince dal comportamento di Gesù di fronte alla sofferenza: “La sua risposta al dolore è stata quella di soffrire con l’altro, non di ucciderlo – ricordano i presuli – di accogliere la sofferenza nella vita come un cammino di generosità e di misericordia. E non serve essere credenti per riconoscere in questo atteggiamento un esempio insigne di umanità”.

Rispettare vita umana e dignità della persona
Infine, auspicando che il loro appello venga ascoltato con “rispetto, attenzione ed apertura”, i presuli esortano i cittadini canadesi a “costruire una società più compassionevole, più rispettosa della vita umana e della dignità di ogni persona, più giusta e più generosa”. (I.P.)

 

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