Le Missionarie della Consolata presenti in Argeni José Sembrano Manavi (foto MC)
Suor Claudia, missionaria della Consolata colombiana, con esperienza di missione in Tanzania, racconta quanto sta accadendo in Kazakistan
“Noi – dice la religiosa – abitiamo in un villaggio a circa 40 chilometri da Almaty, un’ora circa di macchina dalla città. Dall’altro ieri ci hanno tagliato internet e le comunicazioni sono molto deboli. Sappiamo che tutto è chiuso, che la città è chiusa e che per entrarvi è necessario un pass speciale. Inoltre, il governo ha dichiarato lo stato d’emergenza per due settimane e ha chiesto a tutti gli abitanti, sia delle città che dei villaggi, di rimanere a casa. Qui nel nostro villaggio non c’è movimento nelle strade e sono pochissimi i negozi aperti”
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Don Guido Trezzani, missionario italiano da tanti anni in Kazakistan e sentito da Asianews per telefono, dirige la Caritas di Almaty. La grande città meridionale di quasi due milioni di abitanti è stata l’epicentro degli scontri; don Guido racconta che “è stata raccolta una folla di disperati dai paesini e villaggi intorno”, come lui stesso ha avuto modo di constatare, vivendo in un “villaggio di bambini” in provincia, a 20 chilometri dalla metropoli.
I piccoli centri della provincia di Almaty sono stati il bacino di reclutamento dei disperati, raccolti da gente ben addestrata e armata fino ai denti, che offriva soldi per andare ad assaltare il centro della città e i palazzi del potere. “Un’orda di 20mila e più persone non è una cosa che si può organizzare in un giorno, e neanche in una settimana”, dice don Guido. Anche se le notizie sono frammentate e impossibili da verificare, è apparso chiaro che ci fosse un disegno ben definito dietro la rivolta.