Gli attentati di Parigi puntano a confondere una società occidentale già in profonda crisi identitaria. Ma sostenere che questi criminali rappresentano l’Islam o i musulmani significa non solo offendere un miliardo e mezzo di persone per bene, ma fare – in definitiva – il gioco dei terroristi”: Né è convinto Paolo Branca, Islamologo, docente dell’Università Cattolica di Milano e responsabile della Diocesi ambrosiana per il dialogo interreligioso, contattato dalla MISNA a qualche giorno dagli attentati di nella capitale francese.
Professore, gli attacchi di Parigi sono una dichiarazione di guerra all’Europa?
Di sicuro rispetto all’ultimo attacco, quello contro la redazione di ‘Charlie Hebdo’ a gennaio, i terroristi hanno fatto passi avanti, in male. Prima si trattava di ‘lupi solitari’ ora è evidente che siamo davanti a qualcosa di più sofisticato e a un’organizzazione che non ha lasciato nulla al caso. L’obiettivo, a mio avviso, non è quello di esportare la guerra ma semmai il caos. Quel caos che prima era confinato a livello regionale, in Nord Africa e Medio Oriente, ora pone una sfida a livello globale. Riusciremo a farvi fronte solo se capiremo che nessuno si salva da solo. Gli attentati di Parigi seguono di un giorno un terribile attacco a Beirut e altri episodi di violenza pressoché quotidiani in altre parti del mondo.
Lei dice, in sostanza, che avremmo potuto fermare prima l’Is e prevenire quanto accaduto?
Mi riferisco al fatto che mentre da ogni parte, in Medio Oriente, si levavano appelli a combatterlo seriamente – anche da parte dei patriarchi cristiani, da tempo chiamati a confrontarsi con l’esodo di massa delle loro comunità, noi restavamo sordi. E anche quando il terrorismo ha colpito al cuore la società civile in Turchia, a Suruc e Ankara. Abbiamo voltato lo sguardo persino quando hanno portato il loro carico di morte in Tunisia, unica democrazia nordafricana in cui resiste lo spirito delle Primavere arabe. Un amico curdo, con cui commentavo i fatti di Parigi, mi ha tristemente fatto notare: “So bene quale sensazione di sgomento ti lasci addosso una strage come questa. A noi succede da decenni”. L’Europa ha delle responsabilità enormi in questo senso.
Cosa si può fare adesso per contrastare il sedicente ‘Stato Islamico’?
Un buon inizio sarebbe smettere di vendergli armi. È risaputo che questi fanatici – armati in modo volontario da alcuni Stati o approfittando dell’indifferenza e dalla compiacenza di altri – riescono comunque a rifornirsi. Faremmo bene a imporre controlli più severi e interrogarci su dove ci porterà imbottire il Medio Oriente di armamenti. Al contrario di quanto abbiamo fatto finora e che – a giudicare dalle notizie delle ultime ore (la vendita annunciata di 22.000 bombe a guida laser e 5.000 a guida Gps, da Washington all’Arabia Saudita per circa 1 miliardo e 200.000 dollari, ndr) – continuiamo tranquillamente a fare…
Ancora una volta dunque, parlare di scontro di civiltà è sbagliato?
Non solo è sbagliato, ma è dannoso. E' esattamente quello che vogliono i jihadisti: affermare che l’Islam è in guerra contro le altre religioni, li rende legittimi rappresentanti della comunità islamica, in barba a un miliardo e mezzo di musulmani ‘per bene’ e a quattordici secoli di storia. Un riconoscimento che fa il loro gioco anche all’interno del mondo islamico: i fatti di Parigi sono gravissimi, ma ricordiamoci che la follia omicida dell’Isis uccide soprattutto musulmani, colpevoli di non riconoscerli come “reali” rappresentanti dell’Islam.