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Sarà dedicato a temi “relativi a problemi della struttura e della vita esteriore della Chiesa Ortodossa, che hanno bisogno di un immediato riassetto, come i temi riguardanti le relazioni dell’Ortodossia con il restante mondo Cristiano e la missione della Chiesa nella nostra epoca”, il “Santo e Grande Sinodo di tutta quanta la Chiesa Ortodossa, dopo cinquanta e più anni che era stato deciso, nell’Isola di Creta dal 18 al 27 giugno”. Lo scrive il patriarca ecumenico Bartolomeo I in una “enciclica patriarcale e sinodale” resa pubblica oggi.

Il documento sottolinea in particolare il significato e il valore che la sinodalità ha per la Chiesa ortodossa, sottolineature rilevante anche alla luce delle difficoltà di trovare un accordo, soprattutto tra i patriarcati, sulla convocazione e i contenuti del Sinodo panortodosso, la convocazione del quale ha chiesto quasi 50 anni di lavoro.

“La via per imporre la verità di fronte alla menzogna”, è stata “quella che la Chiesa ha seguito fin dall’inizio durante tutto il corso della sua storia, e questo non era altro che quello della sinodalità. Il discernimento tra verità e menzogna, tra ortodossia ed eresia, non è sempre facile. Anche gli eretici credevano e credono di seguire la verità e ci saranno sempre quelli che caratterizzeranno come ‘eretici’, coloro i quali non sono d’accordo con i loro punti di vista. La Chiesa Ortodossa in questo caso riconosce una e sola autenticità: il Sinodo dei suoi Vescovi canonici. Senza decisione sinodale, il discernimento tra ortodossia ed eresia non è possibile. Tutti i dogmi della Chiesa ed i suoi sacri canoni portano il sugello della sinodalità. L’Ortodossia è la Chiesa della sinodalità. La Chiesa Ortodossa ha da sempre messo in rilievo questo principio ecclesiologico e lo ha applicato fedelmente sul piano locale. Questo è valso per molti secoli anche sul piano ecumenico e panortodosso, interrotto tuttavia per lungo tempo a causa di circostanze storiche”.

“Principale scopo e importanza di questo Sinodo Panortodosso – si legge ancora nel documento - è di dimostrare che la Chiesa Ortodossa è la Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica, unita nei Misteri e naturalmente nella Divina Eucarestia e nella fede Ortodossa, ma anche nella sinodalità. Per questo esso è stato preparato per un lungo periodo di tempo, attraverso una serie di Commissioni Preparatorie e Conferenze Presinodali, affinché i Documenti delle sue decisioni trasparissero all’unisono, e il suo motivo, perché si esprima ‘con una sola voce e con un sol cuore’”.

“Conosciamo, naturalmente – conclude Bartolomeo - che il mondo attende di udire la voce della Chiesa Ortodossa su molti dei problemi che scottano, che riguardano l’uomo di oggi. Ma si ritiene necessario che la Chiesa ortodossa riassetti innanzitutto le cose di casa propria, prima di esprimere una parola al mondo, fatto che non ha cessato di essere considerato un suo dovere. Il fatto che l’Ortodossia, dopo il passare di tanti secoli, esprima la sua sinodalità sul piano mondiale, costituisce il primo e decisivo passo da cui si attende che, attraverso la grazia di Dio,  non molto dopo ne seguano altri, attraverso la convocazione, se Dio vuole, di altri Sinodi Panortodossi”.

Fonte: AsiaNews

 

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Il 3 marzo 2016, Papa Francesco ha ricevuto in udienza privata il card. Robert Sarah e le nostre sorelle sr. Pelagiè Banze e sr. Noemi Bergamin, che gli hanno presentato La Bible Africaine. L’edizione di questa Bibbia è frutto di una proficua e ampia collaborazione con diverse istituzioni: le Paoline dell’East Africa, che hanno generosamente concesso i testi dell’apparato critico; la Società Biblica francese, per il testo della TOB; l’équipe di biblisti e teologi dell’Africa francofona.

Il card. Sarah ha presentato la Bibbia al Santo Padre sottolineando le caratteristiche peculiari di questa edizione dove le note pastorali, le introduzioni, i commenti, i grafici, sono stati preparati con accurata attenzione e valorizzazione della cultura e dei valori del popolo africano.

Il Papa con riconoscenza ha commentato: «Questa è vera inculturazione della Parola, per il beneficio della gente». Ha poi accolto con gradita sorpresa il dono della Bibbia che sr. Pelagiè gli ha offerto ed ha gentilmente posato per una indimenticabile foto-ricordo.

FONTE: paoline.org

 

 

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“Finalmente!”: è la prima parola che papa Francesco e il patriarca russo ortodosso Kirill si sono scambiata abbracciandosi nel salone dell’aeroporto della capitale cubana. La prima volta di un papa e un patriarca di Mosca - divisi in passato da secoli di scomuniche, differenze teologiche e violenze reciproche – avviene in un luogo spoglio e “laico”. Unica nota di colore sono le bandiere, verde per il patriarcato, bianca e gialla per il Vaticano.
Con modi distesi e fraterni i due capi si sono seduti e hanno cominciato a parlare. Kirill ha sottolineato “la lunga distanza percorsa” per incontrarsi, dicendo subito che questo “è un incontro voluto dalla Santissima Trinità”. Entrambi si dicono che hanno “desiderato” e “aspettato tanto questo incontro”. Il patriarca accenna alle difficoltà avute “negli ultimi 10 anni”, che “non sono scomparse”, come le accuse di proselitismo e il problema dei greco-cattolici, ma – aggiunge – “oggi abbiamo la possibilità di riempiere il nostro cuore”. Il papa conclude: “Siamo fratelli, abbiamo tutto in comune. Il Signore ci ha mandato a Cuba per unirci di più”. In effetti l’appuntamento di Cuba sembra provvidenziale: Kirill si trova là per una visita pastorale alle comunità ortodosse; l’aereo di Francesco ha fatto a l’Avana la sosta tecnica prima di giungere in Messico per il suo 11mo viaggio apostolico fuori d’Italia.
Accompagnandosi reciprocamente il papa e il patriarca hanno continuato poi il loro incontro in privato per quasi due ore. Alla fine sono usciti ancora nel salone e sedendosi a un tavolo, hanno firmato due copie della Dichiarazione comune, che si sono poi scambiate abbracciandosi ancora. Alle loro spalle una grande icona della Madonna Odighitria (“Colei che indica la Via”).
Quindi, alla presenza delle due delegazioni e del presidente cubano Raul Castro, il patriarca Kirill e papa Francesco hanno tenuto un breve discorso a braccio, in un tono molto confidenziale.
Kirill, parlando per primo, ha detto che l’incontro “ci ha dato la possibilità di comprendere e sentire la posizione l’uno dell’altro”. “Il risultato di questo colloquio – ha aggiunto -  è che le nostre Chiese possono lavorare attivamente insieme difendendo i cristiani di tutto il mondo e con piena responsabilità affinché non ci sia più la guerra; affinché ovunque la vita umana sia rispettata, perché si rafforzino le fondamenta della morale, della famiglia e della persona e perché attraverso la partecipazione della comunità cristiana alla comunità umana possa essere glorificato il santissimo nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo”.
Anche Francesco ha sottolineato lo spirito del loro incontro: “Abbiamo parlato come fratelli, abbiamo lo stesso battesimo, siamo vescovi, abbiamo parlato delle nostre Chiese.
L’unità si costruisce camminando. Abbiamo parlato chiaramente senza mezze parole. Vi confesso che ho sentito la consolazione dello Spirito in questo dialogo”. Egli ha poi ringraziato il patriarca Kirill per “la sua umiltà fraterna e il suo forte desiderio di unità”.
Il pontefice ha parlato di “una serie di iniziative” emerse  “che sono fattibili e che credo si potranno realizzare”.
Un ultimo pensiero il papa l’ha rivolto al presidente Castro, ringraziandolo “per la sua disponibilità attiva” e ha aggiunto: “Se continua così Cuba sarà la capitale dell’unità”. In effetti, nell’isola fiorisce da molto tempo un buon rapporto fra ortodossi e cattolici.
Come già Kirill, anche Francesco ha concluso il suo discorso con una dossologia: “Che tutto questo sia per la gloria di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo per il bene del popolo di Dio sotto il manto della Santa Madre di Dio”.
Sono seguite le presentazioni delle delegazioni, lo scambio dei doni e un altro momento privato insieme.  Subito dopo papa Francesco è ritornato in aereo per raggiungere Città del Messico.

Fonte: AsiaNews


VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO IN MESSICO
(12-18 FEBBRAIO 2016)
INCONTRO DEL SANTO PADRE FRANCESCO CON S.S. KIRILL, PATRIARCA DI MOSCA E DI TUTTA LA RUSSIA
FIRMA DELLA DICHIARAZIONE CONGIUNTA
Aeroporto Internazionale "José Martí" - La Habana, Cuba
Venerdì, 12 febbraio 2016


 
Dichiarazione comune
di Papa Francesco
e del Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia
«La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 13).
1. Per volontà di Dio Padre dal quale viene ogni dono, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, e con l’aiuto dello Spirito Santo Consolatore, noi, Papa Francesco e Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, ci siamo incontrati oggi a L’Avana. Rendiamo grazie a Dio, glorificato nella Trinità, per questo incontro, il primo nella storia.
Con gioia ci siamo ritrovati come fratelli nella fede cristiana che si incontrano per «parlare a viva voce» (2 Gv 12), da cuore a cuore, e discutere dei rapporti reciproci tra le Chiese, dei problemi essenziali dei nostri fedeli e delle prospettive di sviluppo della civiltà umana.
2. Il nostro incontro fraterno ha avuto luogo a Cuba, all’incrocio tra Nord e Sud, tra Est e Ovest. Da questa isola, simbolo delle speranze del “Nuovo Mondo” e degli eventi drammatici della storia del XX secolo, rivolgiamo la nostra parola a tutti i popoli dell’America Latina e degli altri Continenti.
Ci rallegriamo che la fede cristiana stia crescendo qui in modo dinamico. Il potente potenziale religioso dell’America Latina, la sua secolare tradizione cristiana, realizzata nell’esperienza personale di milioni di persone, sono la garanzia di un grande futuro per questa regione.
3. Incontrandoci lontano dalle antiche contese del “Vecchio Mondo”, sentiamo con particolare forza la necessità di un lavoro comune tra cattolici e ortodossi, chiamati, con dolcezza e rispetto, a rendere conto al mondo della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3, 15).
4. Rendiamo grazie a Dio per i doni ricevuti dalla venuta nel mondo del suo unico Figlio. Condividiamo la comune Tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo. I testimoni di questa Tradizione sono la Santissima Madre di Dio, la Vergine Maria, e i Santi che veneriamo. Tra loro ci sono innumerevoli martiri che hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo e sono diventati “seme di cristiani”.
5. Nonostante questa Tradizione comune dei primi dieci secoli, cattolici e ortodossi, da quasi mille anni, sono privati della comunione nell’Eucaristia. Siamo divisi da ferite causate da conflitti di un passato lontano o recente, da divergenze, ereditate dai nostri antenati, nella comprensione e l’esplicitazione della nostra fede in Dio, uno in tre Persone – Padre, Figlio e Spirito Santo. Deploriamo la perdita dell’unità, conseguenza della debolezza umana e del peccato, accaduta nonostante la Preghiera sacerdotale di Cristo Salvatore: «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 21).
6. Consapevoli della permanenza di numerosi ostacoli, ci auguriamo che il nostro incontro possa contribuire al ristabilimento di questa unità voluta da Dio, per la quale Cristo ha pregato. Possa il nostro incontro ispirare i cristiani di tutto il mondo a pregare il Signore con rinnovato fervore per la piena unità di tutti i suoi discepoli. In un mondo che attende da noi non solo parole ma gesti concreti, possa questo incontro essere un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà!
7. Nella nostra determinazione a compiere tutto ciò che è necessario per superare le divergenze storiche che abbiamo ereditato, vogliamo unire i nostri sforzi per testimoniare il Vangelo di Cristo e il patrimonio comune della Chiesa del primo millennio, rispondendo insieme alle sfide del mondo contemporaneo. Ortodossi e cattolici devono imparare a dare una concorde testimonianza alla verità in ambiti in cui questo è possibile e necessario. La civiltà umana è entrata in un periodo di cambiamento epocale. La nostra coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a restare inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune.
8. Il nostro sguardo si rivolge in primo luogo verso le regioni del mondo dove i cristiani sono vittime di persecuzione. In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città intere. Le loro chiese sono devastate e saccheggiate barbaramente, i loro oggetti sacri profanati, i loro monumenti distrutti. In Siria, in Iraq e in altri paesi del Medio Oriente, constatiamo con dolore l’esodo massiccio dei cristiani dalla terra dalla quale cominciò a diffondersi la nostra fede e dove essi hanno vissuto, fin dai tempi degli apostoli, insieme ad altre comunità religiose.
9. Chiediamo alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente. Nell’elevare la voce in difesa dei cristiani perseguitati, desideriamo esprimere la nostra compassione per le sofferenze subite dai fedeli di altre tradizioni religiose diventati anch’essi vittime della guerra civile, del caos e della violenza terroristica.
10. In Siria e in Iraq la violenza ha già causato migliaia di vittime, lasciando milioni di persone senza tetto né risorse. Esortiamo la comunità internazionale ad unirsi per porre fine alla violenza e al terrorismo e, nello stesso tempo, a contribuire attraverso il dialogo ad un rapido ristabilimento della pace civile. È essenziale assicurare un aiuto umanitario su larga scala alle popolazioni martoriate e ai tanti rifugiati nei paesi confinanti.
Chiediamo a tutti coloro che possono influire sul destino delle persone rapite, fra cui i Metropoliti di Aleppo, Paolo e Giovanni Ibrahim, sequestrati nel mese di aprile del 2013, di fare tutto ciò che è necessario per la loro rapida liberazione.
11. Eleviamo le nostre preghiere a Cristo, il Salvatore del mondo, per il ristabilimento della pace in Medio Oriente che è “il frutto della giustizia” (cfr Is 32, 17), affinché si rafforzi la convivenza fraterna tra le varie popolazioni, le Chiese e le religioni che vi sono presenti, per il ritorno dei rifugiati nelle loro case, la guarigione dei feriti e il riposo dell’anima degli innocenti uccisi.
Ci rivolgiamo, con un fervido appello, a tutte le parti che possono essere coinvolte nei conflitti perché mostrino buona volontà e siedano al tavolo dei negoziati. Al contempo, è necessario che la comunità internazionale faccia ogni sforzo possibile per porre fine al terrorismo con l’aiuto di azioni comuni, congiunte e coordinate. Facciamo appello a tutti i paesi coinvolti nella lotta contro il terrorismo, affinché agiscano in maniera responsabile e prudente. Esortiamo tutti i cristiani e tutti i credenti in Dio a pregare con fervore il provvidente Creatore del mondo perché protegga il suo creato dalla distruzione e non permetta una nuova guerra mondiale. Affinché la pace sia durevole ed affidabile, sono necessari specifici sforzi volti a riscoprire i valori comuni che ci uniscono, fondati sul Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.
12. Ci inchiniamo davanti al martirio di coloro che, a costo della propria vita, testimoniano la verità del Vangelo, preferendo la morte all’apostasia di Cristo. Crediamo che questi martiri del nostro tempo, appartenenti a varie Chiese, ma uniti da una comune sofferenza, sono un pegno dell’unità dei cristiani. È a voi, che soffrite per Cristo, che si rivolge la parola dell’apostolo: «Carissimi, … nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della Sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare» (1 Pt 4, 12-13).
13. In quest’epoca inquietante, il dialogo interreligioso è indispensabile. Le differenze nella comprensione delle verità religiose non devono impedire alle persone di fedi diverse di vivere nella pace e nell’armonia. Nelle circostanze attuali, i leader religiosi hanno la responsabilità particolare di educare i loro fedeli in uno spirito rispettoso delle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose. Sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali con slogan religiosi. Nessun crimine può essere commesso in nome di Dio, «perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace» (1 Cor 14, 33).
14. Nell’affermare l’alto valore della libertà religiosa, rendiamo grazie a Dio per il rinnovamento senza precedenti della fede cristiana che sta accadendo ora in Russia e in molti paesi dell’Europa orientale, dove i regimi atei hanno dominato per decenni. Oggi le catene dell’ateismo militante sono spezzate e in tanti luoghi i cristiani possono liberamente professare la loro fede. In un quarto di secolo, vi sono state costruite decine di migliaia di nuove chiese, e aperti centinaia di monasteri e scuole teologiche. Le comunità cristiane portano avanti un’importante attività caritativa e sociale, fornendo un’assistenza diversificata ai bisognosi. Ortodossi e cattolici spesso lavorano fianco a fianco. Essi attestano l’esistenza dei fondamenti spirituali comuni della convivenza umana, testimoniando i valori del Vangelo.
15. Allo stesso tempo, siamo preoccupati per la situazione in tanti paesi in cui i cristiani si scontrano sempre più frequentemente con una restrizione della libertà religiosa, del diritto di testimoniare le proprie convinzioni e la possibilità di vivere conformemente ad esse. In particolare, constatiamo che la trasformazione di alcuni paesi in società secolarizzate, estranee ad ogni riferimento a Dio ed alla sua verità, costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa. È per noi fonte di inquietudine l’attuale limitazione dei diritti dei cristiani, se non addirittura la loro discriminazione, quando alcune forze politiche, guidate dall’ideologia di un secolarismo tante volte assai aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica.
16. Il processo di integrazione europea, iniziato dopo secoli di sanguinosi conflitti, è stato accolto da molti con speranza, come una garanzia di pace e di sicurezza. Tuttavia, invitiamo a rimanere vigili contro un’integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane. Chiediamo ai cristiani dell’Europa orientale e occidentale di unirsi per testimoniare insieme Cristo e il Vangelo, in modo che l’Europa conservi la sua anima formata da duemila anni di tradizione cristiana.
17. Il nostro sguardo si rivolge alle persone che si trovano in situazioni di grande difficoltà, che vivono in condizioni di estremo bisogno e di povertà mentre crescono le ricchezze materiali dell’umanità. Non possiamo rimanere indifferenti alla sorte di milioni di migranti e di rifugiati che bussano alla porta dei paesi ricchi. Il consumo sfrenato, come si vede in alcuni paesi più sviluppati, sta esaurendo gradualmente le risorse del nostro pianeta. La crescente disuguaglianza nella distribuzione dei beni terreni aumenta il sentimento d’ingiustizia nei confronti del sistema di relazioni internazionali che si è stabilito.
18. Le Chiese cristiane sono chiamate a difendere le esigenze della giustizia, il rispetto per le tradizioni dei popoli e un’autentica solidarietà con tutti coloro che soffrono. Noi, cristiani, non dobbiamo dimenticare che «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (1 Cor 1, 27-29).
19. La famiglia è il centro naturale della vita umana e della società. Siamo preoccupati dalla crisi della famiglia in molti paesi. Ortodossi e cattolici condividono la stessa concezione della famiglia e sono chiamati a testimoniare che essa è un cammino di santità, che testimonia la fedeltà degli sposi nelle loro relazioni reciproche, la loro apertura alla procreazione e all’educazione dei figli, la solidarietà tra le generazioni e il rispetto per i più deboli.
20. La famiglia si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna. È l’amore che sigilla la loro unione ed insegna loro ad accogliersi reciprocamente come dono. Il matrimonio è una scuola di amore e di fedeltà. Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica.
21. Chiediamo a tutti di rispettare il diritto inalienabile alla vita. Milioni di bambini sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio (cfr Gen 4, 10).
Lo sviluppo della cosiddetta eutanasia fa sì che le persone anziane e gli infermi inizino a sentirsi un peso eccessivo per le loro famiglie e la società in generale.
Siamo anche preoccupati dallo sviluppo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, perché la manipolazione della vita umana è un attacco ai fondamenti dell’esistenza dell’uomo, creato ad immagine di Dio. Riteniamo che sia nostro dovere ricordare l’immutabilità dei principi morali cristiani, basati sul rispetto della dignità dell’uomo chiamato alla vita, secondo il disegno del Creatore.
22. Oggi, desideriamo rivolgerci in modo particolare ai giovani cristiani. Voi, giovani, avete come compito di non nascondere il talento sotto terra (cfr Mt 25, 25), ma di utilizzare tutte le capacità che Dio vi ha dato per confermare nel mondo le verità di Cristo, per incarnare nella vostra vita i comandamenti evangelici dell’amore di Dio e del prossimo. Non abbiate paura di andare controcorrente, difendendo la verità di Dio, alla quale odierne norme secolari sono lontane dal conformarsi sempre.
23. Dio vi ama e aspetta da ciascuno di voi che siate Suoi discepoli e apostoli. Siate la luce del mondo affinché coloro che vi circondano, vedendo le vostre opere buone, rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli (cfr Mt 5, 14, 16). Educate i vostri figli nella fede cristiana, trasmettete loro la perla preziosa della fede (cfr Mt 13, 46) che avete ricevuta dai vostri genitori ed antenati. Ricordate che «siete stati comprati a caro prezzo» (1 Cor 6, 20), al costo della morte in croce dell’Uomo-Dio Gesù Cristo.
24. Ortodossi e cattolici sono uniti non solo dalla comune Tradizione della Chiesa del primo millennio, ma anche dalla missione di predicare il Vangelo di Cristo nel mondo di oggi. Questa missione comporta il rispetto reciproco per i membri delle comunità cristiane ed esclude qualsiasi forma di proselitismo.
Non siamo concorrenti ma fratelli, e da questo concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche e verso il mondo esterno. Esortiamo i cattolici e gli ortodossi di tutti i paesi ad imparare a vivere insieme nella pace e nell’amore, e ad avere «gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti» (Rm 15, 5). Non si può quindi accettare l’uso di mezzi sleali per incitare i credenti a passare da una Chiesa ad un’altra, negando la loro libertà religiosa o le loro tradizioni. Siamo chiamati a mettere in pratica il precetto dell’apostolo Paolo: «Mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui» (Rm 15, 20).
25. Speriamo che il nostro incontro possa anche contribuire alla riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi. Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità. Tuttavia, le comunità ecclesiali apparse in queste circostanze storiche hanno il diritto di esistere e di intraprendere tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere in pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e di trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili.
26. Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime, innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi economica ed umanitaria. Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla solidarietà sociale e all’azione per costruire la pace. Invitiamo le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto.
27. Auspichiamo che lo scisma tra i fedeli ortodossi in Ucraina possa essere superato sulla base delle norme canoniche esistenti, che tutti i cristiani ortodossi dell’Ucraina vivano nella pace e nell’armonia, e che le comunità cattoliche del Paese vi contribuiscano, in modo da far vedere sempre di più la nostra fratellanza cristiana.
28. Nel mondo contemporaneo, multiforme eppure unito da un comune destino, cattolici e ortodossi sono chiamati a collaborare fraternamente nell’annuncio della Buona Novella della salvezza, a testimoniare insieme la dignità morale e la libertà autentica della persona, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21). Questo mondo, in cui scompaiono progressivamente i pilastri spirituali dell’esistenza umana, aspetta da noi una forte testimonianza cristiana in tutti gli ambiti della vita personale e sociale. Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili dipende in gran parte il futuro dell’umanità.
29. In questa ardita testimonianza della verità di Dio e della Buona Novella salvifica, ci sostenga l’Uomo-Dio Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, che ci fortifica spiritualmente con la sua infallibile promessa: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno» (Lc 12, 32)!
Cristo è fonte di gioia e di speranza. La fede in Lui trasfigura la vita umana, la riempie di significato. Di ciò si sono potuti convincere, attraverso la loro esperienza, tutti coloro a cui si possono applicare le parole dell’apostolo Pietro: «Voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia» (1 Pt 2, 10).
30. Pieni di gratitudine per il dono della comprensione reciproca espresso durante il nostro incontro, guardiamo con speranza alla Santissima Madre di Dio, invocandola con le parole di questa antica preghiera: “Sotto il riparo della tua misericordia, ci rifugiamo, Santa Madre di Dio”. Che la Beata Vergine Maria, con la sua intercessione, incoraggi alla fraternità coloro che la venerano, perché siano riuniti, al tempo stabilito da Dio, nella pace e nell’armonia in un solo popolo di Dio, per la gloria della Santissima e indivisibile Trinità!
Francesco
Vescovo di Roma
Papa della Chiesa Cattolica
Kirill
Patriarca di Mosca
e di tutta la Russia
12 febbraio 2016, L’Avana (Cuba)
 
Bollettino Sala Stampa, 12/02/2016
 

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«L'essere Erede Del Suo Sangue Per Me È Un'umiliazione»

«Adesso io ho finito, non ho più niente da fare. Il Signore mi ha dato la grazia insperata di vedere la beatificazione del Cafasso. Adesso devo andare in Paradiso» (C. Gilardini, Testimonianza)

«Il [3 maggio 1925] giorno della beatificazione fu per lui una fatica immane per la sua salute precaria. Pure prese parte alla funzione del mattino e poi del pomeriggio come trasfigurato senza dimostrare stanchezza né fatica. I suoi occhi guardavano pieni di lacrime la gloria del Cafasso e poi si chinavano in ardente preghiera curandosi poco o nulla della folla e dei dignitari che presenziavano. […]. Non è possibile descrivere la scena della presentazione ufficiale al Santo Padre […], (che) accolse con particolare effusione il can. Allamano. […]. Nessuno ha goduto come lui quella giornata» (Can. Nicola Baravalle, Testimonianza).

«[Al ritorno dalla beatificazione del Cafasso] si disse anche che ormai egli, il nostro Ven.mo Padre, era l'unico erede del suo sangue. Questa frase gli rimase impressa profondamente; perché rispondendoci, ad accademia finita, disse con un accento di piena convinzione, [...], tra l'altro: “L'essere erede del suo sangue per me è un'umiliazione”, perché nella sua umiltà credeva di non essere anche erede delle sue virtù» (P. Domenico Ferrero IMC, Testimonianza).

Ai missionari e alle missionarie dopo la beatificazione: «Io penso con ciò di avervi procurato un gran mezzo di perfezione, e di avere in parte compiuta la mia Missione a vostro riguardo. Pregatelo anche per me affinché il Beato mi ottenga di finire bene la mia carriera e possa, a suo tempo, raggiungerlo nel bel Paradiso» (Circolare dell'11 maggio 1925 in Lettere X, 285).

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