Nell’isola ove convivono tradizioni culturali e religiose differenti, Francesco parla di una conversione che “mira non solo a evitare terribili fenomeni climatici o grandi disastri naturali, ma cerca anche di promuovere un cambiamento negli stili di vita in modo che la crescita economica possa davvero giovare a tutti, senza correre il rischio di provocare catastrofi ecologiche o gravi crisi sociali”.
La crescita economica “sia orientata alle persone” e crei opportunità di lavoro e una promozione integrale dei più poveri e si miri a una “conversione ecologica integrale. Tale conversione mira non solo a evitare terribili fenomeni climatici o grandi disastri naturali, ma cerca anche di promuovere un cambiamento negli stili di vita in modo che la crescita economica possa davvero giovare a tutti, senza correre il rischio di provocare catastrofi ecologiche o gravi crisi sociali”.
Mauritius, ultima tappa del viaggio di papa Francesco, è realtà diversa dalle precedenti, Mozambico e Madagascar. Basta pensare che il suo reddito pro-capite è circa 20 volte superiore. Ma non solo: la popolazione è nata da immigrazioni dall’Africa, dall’India, dal Pakistan e, in piccola parte, dall’Europa. Le religioni ne sono conseguenza: indù, cristiani e musulmani. Ma anche se diverse, le tradizioni culturali e religiose vivono in genere del tutto pacificamente. Un esempio e un modello di convivenza naturalmente lodato da Francesco nel discorso rivolto, nel pomeriggio ad autorità, società civile e corpo diplomatico, nell’incontro seguito ai colloqui privati con il presidente ad interim della Repubblica Barlen Vyapoory e con il Primo ministro Pravind Kumar Jugnauth.