In occasione del mese missionario straordinario di 2019 Battezzati e inviati, padre Matteo Pettinari racconta la sua esperienza nell’ambito del dialogo interreligioso nella missione ad gentes in Costa d’Avorio. Una testimonianza profonda di una scelta missionaria che si traduce nel suo impegno quotidiano per vivere il Vangelo della vita. 

Nella missione di Dianra, diceva padre Matteo, «più che di dialogo, ci piace parlare di fraternità interreligiosa, una fraternità che si fa conversazione sulla vita e intorno alla vita... che si fa servizio della vita. E questo in vari ambiti, ed ecco che questa è la ragione per cui ci piace dar voce ad alcune di queste persone con le quali, in vari ambiti in cui lavoriamo, portiamo avanti questo servizio».

In questo dare voce alla fraternità che si fa conversazione, padre Matteo presenta dei testimoni incarnati in diversi servizi a partire della vicinanza e la globalità di una missione, quella di Dianra, che si fa consolazione. Promozione della donna, salute, ambito educativo sono alcune delle realtà in cui padre Matteo ha dato un volto concreto alla missione ad gentes nel nord della Costa d’Avorio.

Ecco il link per vedere l’integralità del reportage.

* Padre Ariel Tosoni, è missionario in Costa d’Avorio.

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«Si parla di un popolo tollerante, e posso giurare che ce ne sono pochi, se non rari! La tolleranza è un dono piuttosto speciale e scarso. In realtà, è una virtù vitale, che ci aiuta a sopportare individui con modi e opinioni diverse nella vita».

Se c'è una persona tollerante che ho conosciuto, è stato padre Giovanni Bonanomi, deceduto il 03 aprile 2024, alla età di 92 anni.

Sono stata sua allieva nella fase propedeutica della formazione nel 2002-2003 e posso testimoniare che non solo ci ha accolte e introdotte nella vita religiosa, ma ha anche calmato le nostre paure in quello che era un periodo turbolento. Come assistente di padre Giancarlo Rossi, il Rettore, padre Bonanomi ha dato il miglior esempio di collaborazione e umiltà. Come parte dell'équipe formativa, ha lavorato a stretto contatto con il duro Rettore, trovando tuttavia il modo di non essere prepotente con noi. Il suo dono della tolleranza gli ha fatto capire che molti di noi erano nuovi nell'ambiente religioso e che, quindi, avevamo bisogno di tempo e di incoraggiamento per recuperare il ritardo rispetto a coloro che avevano frequentato i seminari minori. Come padre (padre Bon, lo chiamavamo), era eccellente in questo. Non dava mai per scontato nulla. Era pronto a ripetere più volte qualcosa, finché una persona non capiva. Per lui, tutti potevano essere trasformati in qualcosa di buono. Sembrava credere che chiunque potesse brillare in ciò per cui Dio lo aveva creato, se gli si dava tempo, aiuto e qualche incoraggiamento.

Essendo stati suoi studenti anche in filosofia, molti di noi possono verificare che, se qualcuno era stato licenziato dal seminario da padre Bonanomi, quella persona non era veramente chiamata ad essere un sacerdote, tanto meno un missionario della Consolata.

Bonanomi aveva un cuore d'oro e non ha mai imposto la sua volontà alle persone; eppure non è mai diventato il loro burattino. Il suo dono della tolleranza gli permetteva di essere allo stesso tempo fermo nei principi formativi, eppure abbastanza paterno da far capire, anche allo studente più ostinato, il suo errore. Questa è la complessità del dono della tolleranza; non significa chiudere gli occhi davanti agli errori, ignorandoli, o fingere di non vedere le correzioni necessarie.

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Padre Giovanni Bonanomi e padre Jonah M. Makau a Nairobi, Kenya. Foto: Archivio personale

La tolleranza non è l'accettazione di una situazione, in nome della pace, ma è, invece, ricordare che tutti noi siamo creati in modo diverso e che è necessario collaborare e coesistere in pace e armonia. La tolleranza è la capacità di dare a una persona una seconda, una terza e persino una quarta possibilità; la capacità di vedere un futuro promettente in un giovane turbolento che fa del suo meglio per schivare le sfide della gioventù. A padre Bonanomi è capitato di avere questo raro dono.

Questo non significa che non si sia mai arrabbiato per i nostri comportamenti, ma che sapeva come gestire le frustrazioni della convivenza con giovani in crescita, bisognosi di una costante direzione e correzione. Era veramente degno del titolo di "anziano": anche quando era irritato, sapeva controllare le sue emozioni ed evitare gli sfoghi.

L'opportunità di essere suoi studenti di teologia ci ha fatto capire che stavamo vivendo con un uomo santo. Molti di noi lo ricordano come una persona che insegnava attraverso l’esempio. Anche se può essere vero che «risparmiare la verga rovina il bambino» (Pr 13, 24), padre Bonanomi aveva scelto una saggezza più alta: la tolleranza. Probabilmente era solito meditare molto su Sal 135, 3-5, dove si legge: «Signore, se tu contassi le nostre trasgressioni, chi resterebbe in piedi?»; e sembra che, probabilmente, questo versetto abbia dato peso alle sue decisioni. Aveva capito che Dio tollera il suo popolo, lo perdona e gli dà una nuova possibilità di vivere come suoi figli, con l’aiuto della sua grazia. Questo forse spiega perché padre Bonanomi fosse come un magnete per gli studenti: sembrava irradiare pace e unità, anche in situazioni che avrebbero potuto far crollare la comunità a causa delle tensioni.

Nel ricordare padre John Bonanomi, grande missionario che ha trascorso più di 40 anni in Kenya, dovremmo cercare di essere tolleranti come lui. Che le parole di San Paolo, «tutti hanno peccato e sono venuti meno alla gloria di Dio» (Rm 3, 23-24), ci sveglino dall'ipocrita moralismo, ogni volta che siamo tentati di giudicare duramente gli altri; e che il Signore renda anche noi partecipi del dono della tolleranza.

* Padre Jonah M. Makau, IMC, frequenta il corso in Cause dei Santi, a Roma.

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Nella Missione di Neisu a una trentina di chilometri da Isiro nel nord est della Repubblica Democratica del Congo (RDC), il 18 maggio 2024, si celebrerà il Venticinquesimo Anniversario della morte di padre Oscar José Goapper Pascual, giovane Missionario della Consolata e Medico. Un missionario che “ha lasciato il segno”.

Padre Oscar era figlio di José Elgasto e di Nelly Terma ed era nato il 25 settembre 1951 a Venado Tuerto nella provincia di Santa Fé in Argentina. Suo bisnonno era bretone, cioè, francese ed era emigrato a Buenos Aires dove aveva trovato lavoro presso un ricco allevatore. Il bisnonno poi si era messo in proprio nell’allevamento del bestiame; aveva anche aperto una macelleria vivendo agevolmente, senza diventare ricco.

Dopo le scuole secondarie, Oscar sente la chiamata ad essere missionario, e domanda di entrare dai missionari della Consolata presenti nella sua città. Viene accolto e inviato in Italia per continuare il cammino formativo. Ebbe anche l’occasione di recarsi a Kernével, in Bretagna, dove scopri che la famiglia Goapper era ancora presente e ritrovò con gioia i suoi lontani cugini. Terminato il cammino di formazione, fu ordinato sacerdote a  Torino il 19 giugno 1976. Viene subito inviato in Argentina per essere animatore missionario e formatore.

Nel 1981, scrive al superiore generale per chiedergli di poter finalmente andare in missione, anche se aggiungeva: «Seguire il Signore fedelmente e senza mettere condizioni è vitale per me», manifestando la disponibilità che lo avrà sempre caratterizzato. Pensando che gli sarebbe stato utile in missione, aveva seguito il corso per infermieri professionali; diceva: «Aspetto con impazienza il giorno della partenza, ma sono cosciente che non si può improvvisare la missione».

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Missionario e medico disponibile ad ogni momento anche di notte se un ammalato aveva bisogno di assistenza

Il 27 aprile 1982 arriva finalmente nella missione di Neisu, nel nord est dello Zaire. Padre Oscar si accorse subito della necessità di avere un luogo adatto per curare tanta gente ammalata. In un primo tempo trovò aiuto occasionale da parte del Dottor Leta, direttore della Clinica dell’Est a Isiro . Con l’accordo dei suoi confratelli, padre Antonello Rossi e padre Richard Larose e con l’aiuto di Fratel Domenico Bugatti, decise di seguire la costruzione di un ospedale, anche se sarebbe stata necessaria la presenza di un medico. Diceva al suo superiore «Se non ci sono dei medici laici che vogliono venire a Neisu, diventerò io stesso medico». Con il permesso  del Padre Generale, s’iscrisse alla facoltà di Medicina dell’Università di Milano.

Cominciano lunghi anni di studio, aggiunto all’attività medica e pastorale e padre Oscar  divide il suo tempo, le sue energie e fatiche  tra Europa e Zaire. Finalmente dottore, resta definitivamente a Neisu tra i suoi ammalati.

A quei tempi mi trovavo a Kisangani, piuttosto distante da Neisu, ma ho avuto modo di incontrarlo alcune volte in occasione di qualche viaggio a Isiro e ancora meglio quando venne a Kisangani assieme a suor Cristina, per partecipare a giornate di formazione per i dottori. Come tanti, anch’io fui colpito dalla sua giovialità, apertura e capacità di istaurare subito un rapporto di amicizia.

Raccolgo le testimonianze di padre Lorenzo Farronato e padre Juan Antonio Fraile che l’hanno conosciuto e quella della dottoressa suor Cristina Antolin Tomas, collega di lavoro.

Padre Lorenzo tu che sei stato per lungo tempo a Isiro come parroco e superiore della parrocchia di Sant’Anna, qual è il tuo ricordo di padre Oscar?

Padre Oscar è arrivato a Isiro giovanissimo e ha sostituito padre Venturini nella pastorale nella missione di Neisu con molto entusiasmo. Ci siamo accorti subito che aveva un’attenzione particolare per gli ammalati. Si mise a studiare medicina aiutato dal dott. Leta della Clinica dell’Est e da suor Cristina, anche lei dottore e chirurgo. Oltre l’attenzione agli ammalati ,non dimenticava il suo impegno nella pastorale. A Neisu aveva iniziato a coltivare le erbe che avevano caratteristiche medicinali nuove. Fin da subito mi è rimasta impressa  la figura di questo missionario giovane, semplice, capace, entusiasta, e anche se era Missionario della Consolata, sono tentato di dire: «Come il Comboni, voleva i missionari: santi e capaci». Faceva facilmente amicizia e la coltivava. Grazie alla sua opera, l’Ospedale di Neisu riuscì ad imporsi e divenne importante in tutta la nostra zona.

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Padre Oscar Goapper ha lasciato un segno molto profondo nella missione 

Periodicamente andava in Italia per sostenere gli esami di Medicina, a Milano. In Italia, padre Oscar non perdeva l’occasione di dedicarsi all’Animazione Missionaria. Andò anche a Bassano, dove lavorava mia sorella come infermiera. Il padre impressionò la gente per la sua testimonianza e capacità di donazione. Mia sorella ne rimase colpita ed entusiasta, tanto che coltivò sempre l’amicizia con p. Oscar. Anche negli ambienti ospedalieri sapeva dare una bella testimonianza, e in molte strutture ospedaliere creò belle amicizie.

Un aneddoto simpatico di quel tempo. I capi della motorizzazione vollero revisionare le patenti dei missionari. Passarono per primi gli italiani, l’esaminatore era nervoso e irritato. Arrivò anche padre Senen Gandara. L’esaminatore arrabbiato, lo apostrofò: «Voi italiani…». Senen lo bloccò dicendo: «Calma, io non sono italiano, sono spagnolo”. Arriva padre Oscar e il tipetto, sempre arrabbiato, gli dice: «Ma voi europei…». E Oscar: «Alt e sangue freddo! Sappia che sono del terzo mondo come voi. Vengo dall’Argentina».

Ero a Londra, quando ricevetti la notizia che padre Oscar era morto: rimasi allibito e addolorato. Era un missionario che ha lasciato un segno molto profondo. Ringrazio il Signore di averlo conosciuto 

Anche tu, padre Juan Antonio, hai un bel ricordo di padre Oscar. Avevate un’amicizia favorita agli esordi dalla lingua comune, non è così?

Effettivamente ho conosciuto padre Oscar quando sono arrivato a Isiro nel 1995 e, come ben dici, visto che avevamo la lingua comune, prendevamo sempre l’occasione per mantenerla fresca. Mi invitò a Neisu e ci andai per un paio di giorni per conoscere l’ospedale e il suo lavoro. In seguito, ci andai diverse volte, anche perché io stesso avevo problemi di pelle e lui era un ottimo dottore. Curava non solo con la medicina classica, ma anche con piante medicinali che lui stesso coltivava. Con lui mi trovai subito a mio agio, perché era una persona che sapeva coltivare non solo le piante medicinali ma ancora meglio le amicizie ed era sempre gioioso.

Assieme a padre Oscar lavoravano suor Cristina Antolin Tomas, delle suore domenicane, e pure Luis e Rosa, due dottori spagnoli volontari laici con i missionari della Consolata. Avendo la lingua in comune, era bello ritrovarci assieme e conoscere i nostri rispettivi impegni missionari. Oscar ci comunicava i suoi progetti per cercare soluzioni al problema delle medicine. Quelle importate non sempre erano facilmente reperibili e i costi per la gente erano elevati e, addirittura, proibitivi. Padre Oscar aveva a cuore anche questo problema e di conseguenza trovava nuove soluzioni con l’uso di piante medicinali. Coltivava queste piante lui stesso in un grande campo. Ad esempio, già prima che si sentisse parlare dell’Artemisia come erba medicinale contro la malaria, lui la coltivava e la impiegava nelle cure, facendone pure pubblicità.

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Insegnava alla gente come conoscere le piante, le loro qualità e il loro uso per le diverse cure mediche. Il suo grande desiderio era di curare sempre meglio le persone ammalate. La gente lo stimava e amava. Amico sincero e sempre gioioso, gli piaceva scherzare per rallegrare la compagnia.

Fu Fratel Tarcisio, il nostro bravo e santo confratello meccanico (ma non solo), ad annunciarmi la morte improvvisa di padre Oscar. Rimasi stordito e non riuscivo a crederci, anche perché ci eravamo parlati qualche giorno prima. Padre Oscar era conosciutissimo e la notizia per molti era stata una gran botta. Fummo presenti al suo funerale con una folla eccezionale che veniva anche da lontano e molti dei quali erano stati suoi pazienti.

Suor Cristina Antolin Tomas, superiora Generale delle suore domenicane in visita delle sue consorelle a Isiro, così ricorda padre Oscar:

Ho conosciuto padre Oscar nel 1985. Ero giunta a Isiro il mese di luglio di quell’anno. Ho iniziato a lavorare alla Clinica dell’Est con il dott. Leta. Durante quel periodo andavo spesso a Neisu per fare interventi chirurgici, ed è lì che ho conosciuto padre Oscar.

Molto gioioso di carattere, uomo di donazione, sempre pronto a servire. Era disponibile ad ogni momento anche di notte se un ammalato aveva bisogno di assistenza. Ho imparato da lui che prima di eseguire un intervento chirurgico, era indispensabile pregare e domandare a Dio che guidasse le nostre mani, e fosse Lui stesso a guarire i pazienti; una bella abitudine che da allora ho integrato nella mia vita professionale.

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Era un uomo appassionato di Dio e dell’umanità, soprattutto quella sofferente. Profondo nelle sue convinzioni, e lo manifestava nelle omelie e nelle riflessioni. Era anche un amico fedele . Se gli avessi confidato delle cose, le avrebbe tenuto nel suo cuore, e aveva sempre una parola di incoraggiamento e sostegno.

La sua intelligenza e l’amore per gli altri hanno fatto sì che allo stesso tempo riuscisse a realizzare la missione di evangelizzazione e la cura dei malati.  Era appassionato per la medicina, per lui era una grande vocazione. Grande ricercatore, non si conformava soltanto alla medicina tradizionale, ma cercava alternative: medicina naturale, agopuntura… in modo da completare i vuoti della medicina moderna e offrire agli ammalati differenti opportunità per arrivare alla guarigione. Faceva tesoro di tutto quello che poteva essere di aiuto all’ammalato. Molto creativo, aveva continuamente nuove iniziative per fare passi in avanti.

Nei primi tempi, avevo conosciuto l’ospedale di Neisu come un insieme di piccole case in fango e paglia. Solo qualche anno più tardi, era diventato un grande ospedale di riferimento. P. Oscar aveva sempre il sorriso sulle labbra, la dolcezza nelle mani, l’amore e la tenerezza nel cuore. Se si arrabbiava, era sempre per il bene degli ammalati. Quando il personale infermieristico era lento a reagire, o non espletava i suoi compiti con responsabilità… si arrabbiava. Per lui contava sempre il bene dei suoi ammalati e per questo era rigoroso nel lavoro. 

Guariva il corpo e l’anima degli ammalati, pregava molto con loro e dava conforto alle famiglie. Cosciente di essere un intermediario di Dio, si riteneva solo uno strumento attraverso il quale Dio guariva gli ammalati. Si faceva prossimo per tutti.

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La tomba di Padre Oscar Goapper

Ho trascorso molto tempo con lui, visitando gli ammalati, curandoli e intervenendo chirurgicamente secondo il bisogno e le urgenze. Lavorare con padre Oscar era essere complementari. Era bello e gradevole lavorare con lui. Ricordo anche che siamo stati assieme per un mese di formazione medica, a Kisangani e mi era di esempio il suo forte desiderio di sapere, imparare, fare bagaglio di nuove tecniche per rendere un servizio sempre migliore per l’ammalato; era la sua preoccupazione.

Trovandoti con lui, trasmetteva sempre la gioia di vivere, l’entusiasmo. Per dirla tutta, padre Oscar è stato un fratello, un grande amico, un bravo collega e un vero compagno di strada. Grazie di cuore, padre Oscar.

Fr. Duilio Plazzotta, Missionario Comboniano.

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Scuola Padre Oscar Goapper a Santa Fé in Argentina

Il primo missionario della Consolata arrivato in Brasile nel 1937 è stato il padre Giovanni Batista Bisio.  Attualmente lavorano nel Paese, 85 missionari tra cui 59 sacerdoti, 4 fratelli, 2 vescovi, 2 novizi e 18 giovani professi che studiano teologi.

I missionari della Consolata sono presenti in 22 comunità che evangelizzano attraverso specifiche scelte  e servizi missionari negli stati di Amazonas, Bahia, Paraná, Rio de Janeiro, Roraima, São Paulo e nel Distretto Federale.

Lo scopo di questa Conferenza che si svolge tra il 6 e il 10 maggio 2024, presso la casa Regionale di San Paolo è esaminare la situazione della Regione, stabilire un programma di vita e di lavoro basato sulle opzioni e sui servizi missionari nel Continente America.

"Benvenuti alla nostra prima Conferenza regionale della Regione Brasile. Dichiaro ufficialmente aperta questa Conferenza", ha esordito il Superiore Regionale, padre Paulo Mzé, durante la sessione di apertura nel salone della casa.

Si tratta della prima Conferenza della "Regione Brasile", che riunisce i missionari delle ex regioni dell’Amazzonia e del Brasile, unificate nel 2019. Vale la pena ricordare che la Regione Amazzonica dal 1948 aveva già tenuto in precedenza nove Conferenze mentre la Regione Brasile aveva tenuto dodici Conferenze regionali da quando era stata eretta nel 1960 e dedicata alla S.S. Vergine Aparecida.

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Padre Pauolo Mzé, Superiore della Regione Brasile e padre Juan Pablo de los Ríos, Consigliere Generale per l'America

Alla Conferenza partecipano in totale 54 missionari tra padri e fratelli  che rappresentano le 22 comunità IMC e servizi particolari quali: Animazione missionaria e Vocazionale, Pastorale Afro, Pastorale indigena e amazzonica, Pastorale urbana, Periferie esistenziali, Migranti, Formazione di base e continua, Comunicazione ed Economia di comunione.

La presenza dei padri James Lengarin e Juan Pablo de los Ríos, rispettivamente Superiore e Consigliere Generale, è degna di nota come espressione dell'unità di intenti con gli altri missionari di America, Africa, Asia ed Europa.

Conferenza Regionale

"La Conferenza si riunisce in forma ordinaria ogni sei anni, circa un anno dopo il Capitolo Generale", afferma il nostro Direttorio (Dir. IMC, n. 142.1). Il XIV Capitolo Generale si è tenuto nei mesi di maggio e giugno 2023 a Roma, indicando negli "Atti Capitolari" diverse linee di azione, motivazione e riflessione per i progetti particolari in ogni continente e circoscrizione.

Nel novembre 2023, i delegati delle cinque circoscrizioni del Continente America si sono riuniti nell'Assemblea Continentale per rinnovare le linee di azione del Progetto Missionario Continentale (PMC) alla luce degli Atti Capitolari, che hanno indicato le strade da percorrere e hanno avanzato nuove proposte per alleggerire e qualificare la gestione e l'organizzazione missionaria nel Continente.

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È in questo contesto che si svolge questa Conferenza dei missionari in Brasile, della durata di cinque giorni. L’incontro, come si è detto, ha lo scopo di "esaminare la situazione della Regione, per stabilire un programma di vita e di lavoro, in accordo con i propri fini e con le direttive del Capitolo e della Direzione Generale, come si legge nelle Costituzioni dell’IMC (n. 142).

Disponibilità e coraggio

Aprendo i lavori il Superiore regionale, padre Paulo Mzé, ha ringraziato i missionari della Regione per la loro presenza e disponibilità al servizio delle missioni e li ha invitati a "vivere attivamente questo momento di grazia che è la nostra prima assemblea unificata della Regione Brasile".

Padre Juan Pablo de los Ríos, Consigliere generale per l'America, ha ricordato che " questa prima Conferenza unificata del Brasile è un kairos” e dunque  per vivere questo tempo di grazia, abbiamo bisogno di "molta disponibilità e tempo, ma anche del coraggio di lasciare alcune cose e assumerne altre, mantenendo il cammino di unità e identità per rispondere alle grandi sfide che il Continente deve affrontare in ogni momento".

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Padre Paulo Mzé e il Superiore Generale, padre James Lengarin

Il Superiore Generale, padre James Lengarin, ha ricordato che "viviamo in una mentalità e in un tempo di cambiamenti, in cui dobbiamo sempre mantenere la qualità e la fedeltà alla vita religiosa e al cristiana e cercare di rispondere efficacemente alle nuove sfide della missione". Presentando la realtà attuale dell'Istituto nel mondo "che è cambiata dalla sua fondazione, ma sempre rinnovata", ci invita a "migliorare il nostro servizio missionario nel mondo attraverso la continentalità, sempre in comunione con tutti coloro che sono nel mondo intero".

Durante questa prima giornata sono state organizzate le commissioni, presentate le relazioni della Direzione generale e i messaggi del Superiore e del Consigliere generale. I lavori della giornata si sono conclusi con la celebrazione eucaristica, presieduta dal padre Paulo Mzé. La riunione durerà fino a venerdì 10 maggio, con la presentazione e la definizione delle linee di azione per i prossimi sei anni in Brasile.

* Padre Julio Caldeira, IMC, è missionario nell'Amazzonia brasiliana.

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Visita a San Pedro, Grand Zattry e Abidjan.

Pubblichiamo la seconda puntata della cronaca della visita della Direzione Generale in Costa d'Avorio da parte del Vice Superiore Generale, padre Michelangelo Piovano e dei Consiglieri Generali, i padri Erasto Mgalama e Mathews Odhiambo Owuor.

Continuando la visita alle altre comunità della Delegazione, sempre accompagnati da padre John Baptist Odunga, siamo stati a San Pedro, Grand Zattry e Abidjan. Le prime due comunità sono al sud del Paese, nella diocesi di San Pedro. Qui abbiamo la casa della Delegazione e Centro di Animazione Missionaria dove siamo stati accolti da padre Bonfas Ochieng Mutanda che è lì per sostituire padre Ariel Tosoni e padre Raphael Njoroge che al momento si trovano a Dianra Village.

Abbiamo avuto modo di pregare con un bel gruppo di amici della comunità il rosario, i vespri e la messa celebrata in uno spazio all’aperto molto bello, dove vi è anche la grotta della Consolata. Sull’altare vi è una foto di padre Matteo Pettinari (morto tragicamente il 18 aprile scorso), la sua stola, una bibbia aperta ed un cero acceso.

Tutti lo sentono presente e vivo nel mistero della risurrezione che celebriamo sull’altare. La casa di San Pedro è accogliente ed è dove avremmo dovuto avere la Conferenza della Delegazione. Alla sera la gente ci accoglie con un rito di benvenuto tipico del Paese: “la cola”, un prodotto tipico locale, con peperoncino secco ed una bevanda estratta dalla canna da zucchero. Padre Bonfas ci porta anche a vedere la sede della diocesi, la cattedrale e alcune parrocchie della città dove siamo sempre accolti con gioia dai sacerdoti che vi lavorano.

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Parrocchia di San Giuseppe Artigiano a Grand Zattry

Da San Pedro viaggiamo a Grand Zattry nella Parrocchia di San Giuseppe Artigiano. Ci accoglie il parroco padre James Mwangi Gichani. All’arrivo, su una collinetta rocciosa, sorge la bella e nuova chiesa della Parrocchia terminata da poco. All’interno delle belle pitture raccontano la vita di Cristo, dei Santi patroni delle varie comunità di base della Parrocchia, dell’Allamano, della Consolata e della Beata Irene. Con padre James lavora anche padre Bonfas che abbiamo incontrato a San Pedro. Ricordiamo anche altri missionari che avevano lavorato, in precedenza, contribuendo allo sviluppo della parrocchia: i padri Giano Benedetti, Silvio Gullino, Victor Kota e altri. Accanto alla chiesa è stata costruita recentemente una bella grotta della Madonna di Lourdes dove non manca però anche la Consolata.

Padre James ci accompagna nella visita ad alcune delle comunità di base della parrocchia situate in villaggi molto poveri. Vi sono anche due semplici scuole costruite grazie a dei finanziamenti dal Canada e dalla Caritas. Le condizioni dei bambini e le strutture sono poverissime, mancano tuttora l’acqua corrente ed i servizi igienici. Dei maestri il governo ne paga solo uno, gli altri lavorano come volontari e sostenuti dalla parrocchia in qualche modo.

Dopo la Messa, alla quale partecipa un bel gruppetto di cristiani che fanno parte del consiglio pastorale, ci salutiamo con una foto ricordo. Anche qui siamo grati per la calorosa accoglienza ricevuta da padre James e dalla gente. Ci siamo sentiti a casa, in famiglia e qui non è necessario chiederci se siamo o no ad gentes: lo siamo al 100%.

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Da Grand Zattry partiamo per Abidjan dove si concluderà la nostra visita. Ritorniamo al Seminario dove eravamo stati accolti al nostro arrivo. Padre John Baptist, che ci ha accompagnati in queste due settimane, è il rettore. La comunità è composta da Eduard, uno studente di filosofia al primo anno, e da cinque studenti che stanno facendo la licenza: Telmo Avelino Josè, Urbanus Nzangi, Dickson Kajuna, Fredrick Maina e Fredrick Swai. In questo momento per lo studio della lingua francese vi sono anche due giovani missionari: padre Albert Mwanguhya già destinato alla Delegazione e padre Erasto Gabriel Kabogo destinato al Madagascar. Al nostro arrivo, la settimana precedente, avevamo già incontrato personalmente ognuno degli studenti e fatto un incontro comunitario con loro.

Il sabato sera partecipiamo con loro alla Lectio Divina sul Vangelo della domenica ed il giorno seguente ancora condivisione con la comunità. Lunedì mattina vistiamo gli Istituti Superiori dove vanno gli studenti per la filosofia e le licenze. La sera partiremo per il Sudafrica dove arriveremo il giorno seguente.

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 Seminario di Abidjan: studio di filosofia, specializzazione e lingua francese

Terminando questa visita alla Costa d’Avorio esprimiamo la nostra gratitudine a tutti. Avremmo dovuto fare la Conferenza e queste visite assieme a padre Matteo…lo ha fatto in un altro modo guidandoci e assistendoci dal Paradiso. Partiamo con il cuore grato e pieno della certezza che questa è la nostra missione, una missione bella, con tante sfide, ma altamente formativa se sappiamo accoglierla con generosità e disponibilità, con fedeltà e coraggio. Preghiamo il Signore, per intercessione della Consolata e dell’Allamano, che la Delegazione possa continuare a compiere con fedeltà il suo cammino che verrà anche orientato in futuro dalla conferenza regionale che faremo quando le condizioni lo permetteranno. Vivremo in comunione particolare con loro il 24 maggio, giorno in cui vi saranno i funerali del nostro caro Padre Matteo.

* Padri Michelangelo Piova, Erasto Mgalama e Mathews Odhiambo Owuor.

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Programma del funerale di padre Matteo Pettinari

Dianra Villade, 23 e 24 maggio 2024

“Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. I fedeli nell'amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti.” (Sap 3,1-3.9)

“La comunità sarà sempre formata dai vivi e dai defunti, né questo vincolo si scioglierà più, neppure in paradiso.” (Beato Giuseppe Allamano, Fondatore dei Missionari della Consolata)

Carissimi, Con la tristezza nel cuore ma anche con la consolazione che viene dalla fede comunichiamo il programma dei funerali del nostro caro padre Matteo Pettinari, per permettere a tutti di mettersi in comunione con la comunità e poter partecipare.

20240507Costa2Lunedì 20 maggio: arrivo della delegazione dall’Italia formata da 15 persone, membri della sua famiglia: papà di Matteo, fratello e sorella insieme ad altri familiari ed amici.

Martedì 21 maggio: giorno di consolazione e di inserimento nella comunità, dedicato alla preparazione del funerale.

Mercoledì 22 maggio: presso l’obitorio di Katiola (dove è conservato il corpo di padre Matteo) celebrazione della S. Messa di suffragio con il vescovo, i sacerdoti e cristiani della parrocchia della cattedrale.

Giovedì 23 maggio: ultimo saluto alla salma di padre Matteo con la S. Messa di suffragio e poi il corteo funebre da Katiola partirà verso Dianra Prefecture dove il feretro sarà accolto in Chiesa con l’officio de defunti. Si proseguirà poi per Dianra Village per la veglia funebre di tutta la notte.

Venerdì 24 maggio: Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo di Odiennè Monsignor Alain Clement Amiezi insieme a tutti i sacerdoti della Diocesi, i Missionari della Consolata presenti in Costa d’Avorio e altri sacerdoti ed amici che saranno presenti. Alla Celebrazione parteciperanno le comunità cristiane di Dianra Village, Dianra Prefecture, Sonozo, Marandalah, i dottori ed infermieri del Centro di Salute Allamano e molti altri cristiani e non che hanno avuto la grazia di incontrare padre Matteo sulla loro strada. 

Seguirà la tumulazione della salma del nostro caro padre Matteo in una tomba mausoleo costruito tra la Chiesa e la grotta della Consolata, luogo che lui stesso aveva indicato in diverse occasioni.

I Missionari della Consolata Delegazione Costa D’Avorio

Dianra, 05 maggio 2024

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18-06-2024 Missione Oggi

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“Siamo indigeni, afrodiscendenti, amazzonici, cittatini, sacerdoti e laici…” Un programma di teologia e prassi missionaria vissuta dai Missionari della Consolata in...

Missionarie della Consolata celebrano 100 anni di Consolazione in Etiopia

17-06-2024 I Nostri Missionari Dicono

Missionarie della Consolata celebrano 100 anni di Consolazione in Etiopia

Come meglio allora ringraziare il Signore per la Sua bontà? Arrivate in Etiopia nel marzo del 1924, le Suore Missionarie della...

Una serata a Senigallia per padre Matteo Pettinari

17-06-2024 Notizie

Una serata a Senigallia per padre Matteo Pettinari

La vita donata, la vita che chiede vita. La diocesi di Senigallia rende omaggio a padre Matteo Pettinari, IMC, a...

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