Benché nel mondo siano ancora 805 milioni le persone che non hanno cibo sufficiente, negli ultimi anni il numero è sceso di 40 milioni confermando una confortante linea di tendenza che dura da un ventennio. Sebbene la strada sia ancora lunga, combattere la fame del mondo è un obiettivo raggiungibile e il modo migliore per farlo è aiutare i piccoli agricoltori ad adattarsi ai cambiamenti climatici, fra le prime cause della malnutrizione.
A sostenerlo è una ricerca realizzata dalla Caritas Internationalis, dal Catholic Relief Services (agenzia umanitaria internazionale delle comunità cattoliche degli Stati Uniti) e dal Grey Matter Research & Consulting, istituto di ricerca indipendente. L’indagine — che ha coinvolto novantanove Caritas nazionali di tutto il mondo, rappresentative dell’83 per cento della popolazione globale — è stata presentata oggi durante il Caritas Day all’Expo di Milano. Un’intera giornata dedicata al diritto al cibo, alla lotta alla fame nel mondo, alle buone pratiche, che ha per protagonisti i rappresentanti di migliaia di volontari e operatori impegnati quotidianamente nella lotta alla fame, soprattutto nelle aree più povere del pianeta.
Un terzo degli intervistati ha risposto che nel proprio Paese le persone non hanno accesso a cibo sufficiente; la metà è convinta che la sicurezza alimentare sia garantita in parte, mentre soltanto un quinto sostiene che lo sia completamente. «Benché, dunque, la sfida di garantire un’alimentazione adeguata a tutti sia ancora enorme — si legge in un comunicato — non è fuori dalla nostra portata». Le prime tre cause dell’insicurezza alimentare sono la mancanza di risorse — terra, semi, prestiti, accesso ai mercati — per i piccoli agricoltori, la bassa produttività agricola e l’impatto dei cambiamenti climatici. Anche se si sono evidenziate svariate ipotesi su come affrontare la fame, più di un terzo di coloro che hanno risposto al sondaggio ha detto che l’azione più importante per ridurre la fame, la malnutrizione e l’insicurezza alimentare è migliorare l’agricoltura (35 per cento). Per i promotori della ricerca, la chiave di volta è aiutare i piccoli agricoltori, in particolare ad adattarsi agli effetti del surriscaldamento globale.
«I risultati dell’indagine — ha affermato Michel Roy, segretario generale di Caritas internationalis — aprono una finestra sulle lotte dei piccoli agricoltori impoveriti, in particolare nei Paesi in via di sviluppo. Molti gruppi Caritas segnalano una mancanza di sicurezza alimentare. La comunità globale deve fare di più per combattere la fame e la malnutrizione». Secondo Carolyn Woo, presidente del Catholic Relief Services, «questa indagine conferma quel che viene detto ogni giorno. Sappiamo quante difficoltà debbano affrontare i piccoli agricoltori per avere cibo in tavola tutto l’anno e che, come ci dicono, i cambiamenti climatici stanno rendendo l’agricoltura ancora più difficile per loro».
Secondo la ricerca, a soffrire di più per la bassa produttività agricola e i cambiamenti climatici sono per lo più i contadini dell’Africa subsahariana. In Asia, invece, l’enfasi è stata posta sulla mancanza di accesso alle risorse per i piccoli agricoltori, oltre alla mancanza di una governance. Gli intervistati in America latina e nei Caraibi hanno puntato il dito sulla speculazione legata ai prezzi alimentari e sulla mancanza di infrastrutture, mentre il Vicino oriente e il Nord Africa scontano più di tutti la presenza di conflitti e la mancanza di acqua pulita. Non a caso è verso i coltivatori che sono stati orientati i programmi per la sicurezza alimentare promossi da Caritas internationalis. In questi piani le prime aree di intervento sono state la formazione degli agricoltori (41 per cento), l’agricoltura sostenibile (39 per cento), la distribuzione di cibo o di semi dopo un’emergenza (39 per cento), il miglioramento della nutrizione e della salute (39 per cento).
Vincere la sfida della fame nel mondo è condizione necessaria per risolvere molti altri gravi problemi sociali che affliggono il pianeta. La ricerca rileva come le conseguenze dell’insicurezza alimentare vadano oltre la malnutrizione: secondo i dati raccolti in settantuno Paesi, la fame ha impatto sul tasso di criminalità, sul rafforzarsi della corruzione, sulla diffusione non soltanto di malattie legate alla malnutrizione ma anche a disturbi psicologici come la depressione.
L’isolamento sociale di molte famiglie, per esempio, cresce in nazioni con difficoltà legate all’accesso al cibo; ne risentono in particolare l’educazione (i soldi altrove dedicati a mandare a scuola i figli sono dirottati verso l’acquisto di generi alimentari) e la cura della propria salute, mentre aumentano il tasso di disoccupazione e in alcune regioni anche i conflitti tribali. Infine, secondo la ricerca, l’insicurezza alimentare può essere alla base di flussi migratori.
Al Caritas Day hanno partecipato 174 delegati di Caritas attive in 85 nazioni. Ventinove tra vescovi, sacerdoti e laici sono intervenuti per dare voce ad aree e Paesi non presenti all’evento: Antille, Burkina Faso, Ciad, Costa Rica, Cipro, Gibuti, Lesotho, Libia, Malawi, Mauritius, Nuova Zelanda, Nicaragua, Papua Nuova Guinea, Filippine, Portogallo, Porto Rico, Samoa, Sud Africa, Sud Sudan, Swaziland, Taiwan e Tonga.
Fonte: comboni.org