Le suore bianche a Tunisi: qui il dialogo tra le religioni parte dalle donne

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Le chiamano “ suore bianche ” a causa del loro abbigliamento, che si è adattato a quello della popolazione dell’Africa del Nord in cui hanno iniziato la loro missione, in realtà sono le Suore missionarie di Nostra Signora d’Africa. La fondazione della loro congregazione si deve al Cardinale Charles Lavigerie, arcivescovo di Nancy, nominato nel 1867 arcivescovo di Algeri. Sin dall’inizio del suo mandato Lavigerie esprime il desiderio di inviare dei missionari nel cuore del continente africano, documentandosi sulla situazione di quest’ultimo attraverso i racconti degli esploratori.
Nel 1868 fonda la Società dei Missionari d’Africa, ma capisce sin da subito che, per entrare nelle famiglie, bisogna iniziare dalla donna, così nel 1869 crea le Suore Missionarie di Nostra Signora d’Africa. Queste ultime hanno aiutato a creare nel continente africano 22 congregazioni locali, ora portate avanti da suore del luogo. La congregazione è attualmente presente in 15 Paesi africani, tra cui la Tunisia, dove opera in diverse città sin dal 1882. A raccontarci la storia di Tunisi è Suor Chantal, dal Belgio, che ha deciso di dedicare la sua vita alla missione all’età di 21 anni. Prima di approdare in Tunisia nel 1995, Suor Chantal è stata in Africa subsahariana, tra Uganda, Rwanda, Kenya e in Nord Africa, in Algeria. «I media spesso trasmettono un’immagine negativa dei musulmani: si generalizza e si strumentalizza la religione a fini politici. Per questo è necessario avere dei luoghi d’incontro in cui ci si può confrontare nel rispetto e nella stima della differenza». Seguendo lo spirito missionario, che prevede una completa immersione negli usi e costumi della popolazione con cui si entra in contatto, a partire dal vestiario (in Algeria le suore portavano il “sefseri”, un velo tradizionale, formato da un lungo pezzo di stoffa che copre tutto il corpo della donna, solitamente di color bianco, come le donne locali, da qui l’appellativo “suore bianche”), dal cibo, dalle abitudini, ma soprattutto dalla lingua. Dopo poco tempo il cardinale Lavigerie comprende che bisogna conquistare il cuore e la fiducia della popolazione attraverso la carità e le opere: scuola, dispensari e formazione femminile; vengono aperti anche dei primi piccoli centri in cui le donne locali potevano dedicarsi all’artigianato locale. «Qui in Tunisia si occupavano dei motivi dei tappeti – spiega Suor Chantal -, specifici per ogni regione e altri lavori di artigianato. La nostra missione è stare al fianco delle donne africane, siano esse cristiane o musulmane, per formarle in modo che possano esercitare il loro ruolo nella famiglia e nella società. L’educazione parte dalla donna». Nel 1937, a Montfleury, nasce la “Casa di studio”, rivolta esclusivamente alle suore della congregazione, dove queste ultime imparavano il tunisino, seguendo ciò che diceva il Cardinale Lavigerie: «Imparare la lingua di un popolo, è imparare ad appartenervi».
«Oltre al tunisino – continua Suor Chantal -, le suore dovevano imparare l’islamologia e la cultura musulmana». In poco tempo anche le altre congregazioni chiedono di poter prendere parte alle lezioni e così dal 1957 la Casa di studio apre le porte a tutti. «Attualmente è frequentata da una cinquantina di persone, distribuite su tre livelli: personale religioso, donne di coppie miste, giovani che vengono a lavorare qui e dottorandi». Sempre a Montfleury si trovava anche una biblioteca rivolta a studentesse del liceo (il liceo di Montfleury all’inizio era solo femminile, ndr), creata nel 1956: «Essa permetteva a noi missionarie di entrare in contatto diretto con le giovani tunisine, per poter capire la mentalità, conoscere meglio il Paese, ma soprattutto stabilire una relazione di amicizia e fiducia con loro, per poterle accompagnare nei loro studi e aiutarle ad aprirsi al mondo seguendo i valori di giustizia, solidarietà e rispetto». La biblioteca come luogo d’incontro e di dialogo, un luogo di apertura alla diversità dell’Altro. Dal 2002 la biblioteca si apre anche agli studenti, per poi chiudere nel giugno dello scorso anno a causa della diminuzione dei liceali, diminuzione dovuta al massiccio utilizzo di internet per compiere ricerche e al cambiamento del sistema scolastico tunisino. Oltre alla Casa di studio, di cui Suor Chantal è responsabile, e alla biblioteca, le attività delle suore missionarie di Nostra Signora d’Africa, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, si sono incentrate molto sul dialogo interreligioso, «Seguendo lo spirito del dialogo tra la cultura arabo – musulmana e quella occidentale. Organizziamo delle conferenze per parlare di attualità e una formazione permanente in islamologia, missiologia, dialogo delle culture e delle religioni, rivolta sia al personale religioso sia a tutti coloro che desiderano conoscere meglio la religione musulmana e approfondire la propria religione cristiana e la propria fede. Altre attività a cui partecipiamo riguardano l’accompagnamento delle donne dei cosiddetti matrimoni misti, che noi chiamiamo di disparità religiosa, sostenendole nel loro percorso di fede in un paese a maggioranza musulmano». Non possono non venire in mente le parole di Giovanni Paolo II, che visitò Tunisi nel 1996, e durante la Giornata mondiale per la pace del 2001 disse: «Il dialogo tra le culture deve mirare al superamento dell’egoismo etnocentrico, per armonizzare l’attenzione nei confronti della propria identità con la comprensione degli altri e il rispetto della diversità. La responsabilità dell’educazione si rivela utile a questo sguardo fondamentale. Deve trasmettere agli individui la coscienza delle loro radici e fornire dei punti di riferimento che permettono loro di precisare il loro posto particolare nel mondo. Allo stesso tempo, si deve insegnare il rispetto per le altre culture».

Fonte: santalessandro.org

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