Quando riusciremo dalla nostra quarantena quaresimale, forse ci approcceremo all’altro con più circospezione; prendiamo sul serio la lezione della vita, e facciamo in modo che l’esitazione divenga delicatezza, e che il nostro accesso al corpo dell’altro, con un contatto che deve dire solo fraternità, non sia mai più banalizzato
In questi giorni inusuali e critici, abbiamo deciso di applicare uno sguardo pasquale a tutta la vicenda dell’epidemia, anzi, della pandemia del Coronavirus, e dei suoi risvolti per la nostra vita.
Ora finalmente potremo immedesimarci con tutti quei poveri fuggiaschi che, cercando speranzosi la vita su sponde diverse da quelle della loro patria ferita dalla fame e dalla guerra, si sono messi in mare, e lì sono morti. Come deve essere, stare a mala pena a galla, nel mare profondo e tenebroso, gelati e spauriti, mentre – ecco! – si vede un’onda immane che s’innalza, e man mano si avvicina, pronta ad abbattersi e a travolgere tutto e tutti, trascinando nei gelidi abissi?