Vladimir Solov’ëv (1853-1900)

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“(…) Fu Dostoevskij a farmi capire la profondità del cristianesimo (e con lui Solov’ev, Berdjaev e diversi altri) (...)”[1].

 “Le tre forze” (1877)

Traduzione di A. Dell’Asta, L’altra Europa, n°1 (205), gennaio-febbraio 1986, 39-54.

 

“L’evoluzione dell’umanità è stata guidata sin dall’inizio da tre forze principali.

La prima cerca di sottomettere l’umanità, in tutte le sue sfere e a tutti i livelli della sua vita, ad un unico principio supremo, nella sua unità esclusivista aspira a confondere e fondere in uno tutta la grande varietà di forme particolari, anela a soffocare l’indipendenza della persona, la libertà della vita personale. L’esito ultimo di questa forza può essere condensato nella formula: un unico signore e un’unica morta massa di schiavi. Se essa prendesse il sopravvento assoluto, l’umanità si fossilizzerebbe in una morta e immobile uniformità.

Ma insieme con questa forza ne agisce anche un’altra che le è direttamente contrapposta. Essa cerca di infrangere i capisaldi della morta unità e di liberare in ogni settore le forme particolari della vita, la persona e la sua attività; sotto la sua influenza i singoli elementi dell’umanità divengono l’autentico momento genetico della vita, agiscono esclusivamente da sé e per sé, l’universale perde il suo significato di essere reale fondamentale, si trasforma in qualcosa di astratto, di vuoto, in una legge formale e, da ultimo, viene anche privato di qualsiasi valore. L’espressione ultima di questa forza è l’egoismo universale e l’anarchia, la molteplicità delle particelle che nella loro singolarità non hanno alcun nesso interiore. Se essa prendesse il sopravvento assoluto, l’umanità si disgregherebbe nei suoi elementi costitutivi, il nesso vitale si frantumerebbe e la storia terminerebbe con la lotta di tutti contro tutti, con l’universale suicidio di tutta l’umanità.

Entrambe queste forze hanno un carattere negativo, esclusivista; la prima esclude la libera molteplicità delle forme particolari e degli elementi personali, il movimento libero, il progresso; la seconda ha un atteggiamento altrettanto negativo nei confronti dell’unità, del supremo e universale principio della vita e infrange la solidarietà dell’intero.

Se la storia dell’umanità fosse guidata solo da queste due forze, in essa non vi sarebbe null’altro se non inimicizia e lotta, non vi sarebbe alcun contenuto positivo; la storia non sarebbe altro che la risultante di quel movimento meccanico che verrebbe determinato dalle due forze concorrenti e si svilupperebbe secondo la loro diagonale. In entrambe queste forze non v’è alcuna forma di vita e di integralità interiore ed è dunque chiaro che esse non possono darle neppure all’umanità. Ma l’umanità non è un corpo privo di vita, e la storia non è un movimento meccanico; è quindi necessaria la presenza di una terza forza che dia un contenuto positivo alla prime due, le liberi del loro esclusivismo, concili l’unità del principio supremo con la libera molteplicità delle forme e degli elementi particolari, e produca in tal modo l’integralità dell’organismo umano universale, dandogli una vita intimamente pacificata. E in effetti, secondo quanto ci consta, nella storia è sempre presente l’azione combinata di queste tre forze, e la differenza tra le varie epoche storiche e le varie culture è determinata esclusivamente dal predominio di una di queste forze che aspira alla propria realizzazione, anche se poi per le prime due forze, a causa del loro esclusivismo, è fisicamente impossibile giungere a una realizzazione piena.

Se prescindiamo dall’antichità e ci limitiamo all’umanità contemporanea, possiamo rilevare l’esistenza congiunta di tre mondi storici, di tre culture nettamente distinte fra loro e cioè l’oriente musulmano, la civiltà occidentale e il mondo slavo; tutto quello che si trova al di fuori di questi tre mondi non ha alcun significato globale, non esercita un’influenza diretta sulla storia dell’umanità (...)”

 

“(...) La terza forza, la forza che è chiamata a dare all’evoluzione umana il suo contenuto assoluto, non può essere altro che la rivelazione del supremo mondo divino, e gli uomini, il popolo attraverso il quale questa forza si manifesterà non deve essere altro che il mediatore tra l’umanità e questo mondo, il suo strumento libero e cosciente. Questo popolo non deve avere nessun compito particolare e limitato, non è chiamato ad affannarsi attorno alle forme e agli elementi dell’esistenza umana, ma deve soltanto comunicare un’anima viva, deve dare vita e integrità all’umanità divisa e necrotizzata unendola all’eterno principio divino. Questo popolo non ha bisogno di nessun privilegio particolare, di nessuna forza eccezionale o di doti esteriori perché ciò che fa non lo fa a suo nome e ciò che realizza non gli appartiene. Dal popolo che è portatore della terza forza divina si esige soltanto che sia libero da qualsiasi limitatezza e unilateralità, che si innalzi al di sopra degli angusti interessi particolari, si esige che non affermi se stesso in maniera esclusivista in nessuna sfera particolare e inferiore dell’attività e del sapere, si esige che sia indifferente nei confronti di tutta questa vita e dei suoi meschini interessi, che creda con una fede integrale nella realtà positiva del mondo superno e abbia nei suoi confronti un atteggiamento di devozione.

Ora, è fuori di dubbio che queste qualità fanno parte del carattere avito della stirpe slava e in particolare del carattere nazionale del popolo russo. Ma vi sono anche delle condizioni storiche che non ci permettono di cercare un altro portatore della terza forza al di fuori della stirpe slava e del suo principale rappresentante, il popolo russo; infatti tutti gli altri popoli si trovano sotto l’influsso di una delle prime due forze esclusiviste: i popoli dell’Oriente sono sotto l’influsso della prima, i popoli dell’Occidente sotto quello della seconda. Solo la stirpe slava e in particolare la Russia è rimasta libera da queste due potenze inferiori e può quindi diventare il veicolo storico della terza (...).

Nessuno può dire quando suonerà l’ora in cui la Russia dovrà rivelare la sua vocazione storica, ma tutto sta a indicare che quest’ora è vicina, anche se nella società russa non v’è quasi nessuno che abbia un’effettiva coscienza di questa sua missione suprema (...)”. 

[1] D. Barsotti, I cristiani vogliano essere cristiani,  P. Canal (ed.), San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2006, 153-154.

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