Il mio testamento spirituale

  • Lug 17, 2024
  • Pubblicato in Notizie

Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare. Ringrazio prima di ogni altro Dio stesso, il dispensatore di ogni buon dono, che mi ha donato la vita e mi ha guidato attraverso vari momenti di confusione; rialzandomi sempre ogni volta che incominciavo a scivolare e donandomi sempre di nuovo la luce del suo volto. Retrospettivamente vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questo cammino sono stati per la mia salvezza e che proprio in essi Egli mi ha guidato bene.

Ringrazio i miei genitori, che mi hanno donato la vita in un tempo difficile e che, a costo di grandi sacrifici, con il loro amore mi hanno preparato una magnifica dimora che, come chiara luce, illumina tutti i miei giorni fino a oggi. La lucida fede di mio padre ha insegnato a noi figli a credere, e come segnavia è stata sempre salda in mezzo a tutte le mie acquisizioni scientifiche; la profonda devozione e la grande bontà di mia madre rappresentano un’eredità per la quale non potrò mai ringraziare abbastanza. Mia sorella mi ha assistito per decenni disinteressatamente e con affettuosa premura; mio fratello, con la lucidità dei suoi giudizi, la sua vigorosa risolutezza e la serenità del cuore, mi ha sempre spianato il cammino; senza questo suo continuo precedermi e accompagnarmi non avrei potuto trovare la via giusta.

Di cuore ringrazio Dio per i tanti amici, uomini e donne, che Egli mi ha sempre posto a fianco; per i collaboratori in tutte le tappe del mio cammino; per i maestri e gli allievi che Egli mi ha dato. Tutti li affido grato alla Sua bontà. E voglio ringraziare il Signore per la mia bella patria nelle Prealpi bavaresi, nella quale sempre ho visto trasparire lo splendore del Creatore stesso. Ringrazio la gente della mia patria perché in loro ho potuto sempre di nuovo sperimentare la bellezza della fede. Prego affinché la nostra terra resti una terra di fede e vi prego, cari compatrioti: non lasciatevi distogliere dalla fede. E finalmente ringrazio Dio per tutto il bello che ho potuto sperimentare in tutte le tappe del mio cammino, specialmente però a Roma e in Italia che è diventata la mia seconda patria.

A tutti quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto, chiedo di cuore perdono.

Quello che prima ho detto ai miei compatrioti, lo dico ora a tutti quelli che nella Chiesa sono stati affidati al mio servizio: rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità. Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita — e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo.

Infine, chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterne. A tutti quelli che mi sono affidati, giorno per giorno va di cuore la mia preghiera.

*Testamento spirituale scritto il 29 agosto 2006

 

Lettera dalla Mongolia

Carissimi Amici e Amiche eccoci con il nostro abituale appuntamento con le notizie dei Missionari e delle Missionarie della Consolata della Mongolia. 

Gli effetti della pandemia di Covid19 e anche la guerra che interessa la Russia, nostro paese vicino, stanno scuotendo tremendamente la vita quotidiana e proiettano ombre e preoccupazioni su quel che potrebbe succedere domani; per questo è forte la speranza che la pace sia ripristinata per tutti.

Malgrado tutto siamo sempre grati per il vostro generoso aiuto che ci permette di svolgere il nostro apostolato con amore e umiltà e così raggiungere le persone a noi affidate: i vostri gesti di solidarietà mettono incessantemente sorrisi sui volti di innumerevoli mongoli e, a loro nome, vorremmo dire Grazie. 

Per quanto riguarda la Chiesa Cattolica in Mongolia, quest’anno 2022 è stato benedetto dalla nomina a Cardinale del nostro carissimo Vescovo Giorgio Marengo. Che immensa grazia, per questa giovane Chiesa Cattolica, avere come guida il cardinale più giovane del mondo!

In questa lettera vogliamo spendere due parole su Ulaanbaatar perché questa città, oltre ad essere il cuore politico, amministrativo ed economico del paese, è un po’ lo specchio nel quale si riflettono tutte le caratteristiche di questa nazione. I dati ufficiali parlano di una popolazione che conta approssimamene 1,3 milioni di abitanti, ciò significa un po’ meno della metà di tutta la popolazione. Abitare qui è il sogno di tanta gente giovane e meno giovane perché la capitale offre i servizi che tutti ricercano: le migliori scuole e università, i migliori ospedali, i migliori alberghi, una maggior possibilità di trovare impiego, anche i migliori svaghi. In questa urbe è giunta la maggior parte della migrazione interna del paese e si notano anche le evidenti stratificazioni socioeconomiche tipiche dei paesi post comunisti: l’ostentazione della ricchezza accanto a vasti quartieri popolari impoveriti. Negli ultimi vent’anni la nazione ha visto crescere in modo significativo il suo PIL come conseguenza dello sfruttamento dei suoi immensi giacimenti minerari, ma deve ancora  fare i conti con una più equa distribuzione della ricchezza generata.

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In questa città, più che altrove, si osserva il conflitto fra modernità e tradizione: è fragile l’equilibrio culturale fra il bello del passato che non si vuole perdere e i vantaggi della modernità contemporanea che tutto assorbe. Ecco perché i missionari e le missionarie della Consolata hanno voluto essere presenti in una zona popolare al nord di questa città capitale: vogliamo stare dentro questa rapida evoluzione culturale per capirne tutti gli elementi e accompagnare i nostri giovani in questo accidentato percorso.

Cosa è successo a Ulaanbaatar in questi mesi? Prima di tutto bisogna ricordare l’arrivo di tre nuovi giovani missionari che vengono per ampliare il nostro gruppo: Sr. Francesca dall’Italia; P. Patrick dal Kenya e P. Maximilian dal Tanzania. Tutti i nuovi arrivati si sono iscritti al corso di lingua Mongola all’università statale e saranno impegnati nello studio per almeno due anni. A loro un benvenuto e un augurio per una lunga permanenza.

Poi, sorpassata la grande crisi del Covid19, dobbiamo costatare che la vita in città ha ripreso il suo corso e con quella anche il nostro centro giovanile ha riaperto le sue attività con il doposcuola, la formazione, le uscite pedagogiche e lo sport nel nuovo campo di pallacanestro.

Ad Arvaikheer, la piccola comunità cristiana continua il suo cammino di fede con grande speranza; noi sosteniamo, accompagniamo e incoraggiamo i cristiani a vivere quotidianamente la fede che hanno abbracciato per mezzo del catechismo e impegnandoli in varie attività come Chiesa. Abbiamo partecipato a numerose attività organizzate in diversi periodi dell’anno dalla Chiesa Cattolica Mongola che celebra il suo trentesimo anniversario. 

La Giornata dei lavoratori e la Settimana pastorale sono state una occasione per riflessione sulla nostra vita cattolica e per valutare il livello di verità e profondità della nostra fede: i frutti di tali attività si vedono quando condividono la loro fede alle loro stesse famiglie in maggioranza non Cristiane.

L’asilo per i bambini, i doposcuola, le docce pubbliche, il Progetto Donna, il gruppo degli alcoolici anonimi sono le attività sociali che ci permettono avvicinare le famiglie. Quest’anno siamo stati in grado di distribuire carbone e legna ai bisognosi, specialmente durante la lunga e rigida stagione invernale, poiché alcuni di loro non possono permetterselo.

A Kharkhorin, continuiamo a intensificare le nostre relazioni per aprire la strada al dialogo interreligioso che davvero vale la pena in questo paese ricco di patrimoni religiosi e culturali. Abbiamo anche dato ospitalità quest’anno a due archeologi italiani di Torino che sono venuti in Mongolia (in particolare nel Museo di Kharkhorin) per svolgere le loro ricerche. La nostra comunità è sempre ospitale e ogni visita rafforza l’amicizia con tante persone la cui presenza e vicinanza diventa fonte di incoraggiamento.

Carissimi Amici e Amiche, anche se siete fisicamente distanti da noi, il vostro sostegno ci incoraggia ad andare avanti sempre servendo il regno di Dio presente anche in questo  popolo Mongolo. In questi giorni ci stiamo avvicinando alle feste del Natale; l’Emmanuele, Dio con noi, possa portare abbondanti doni di grazia nei vostri cuori e nelle vostre famiglie. A tutti voi un Buon Natale e un nuovo anno 2023 pieno di Pace.  

Potete seguirci sul sito QUI

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Il cardinale dalla fine del mondo

  • Lug 17, 2024
  • Pubblicato in Notizie

Tre ore di volo sull'Oceano Pacifico solo per raggiunger Auckland, la capitale della Nuova Zelanda. E poi - tra scali e soste - un'altra quarantina di ore per arrivare a Roma. Se il criterio per scegliere un Papa dovesse un giorno essere sul serio «prenderlo dalla fine del mondo» - come disse di sé Jorge Mario Bergoglio, la sera del 13 marzo 2013 - il cardinale Soane Patita Paini Mafi avrebbe ben pochi rivali. Tra le tante sorprese della lista dei venti presuli che il 14 febbraio riceveranno la porpora nel concistoro, la scelta del vescovo di Tonga è di gran lunga quella che più di ogni altra mostra come l'attenzione per le periferie non sia solo uno slogan nella Chiesa che papa Francesco ha in mente.

Cinquantatré anni, nativo di Nuku'alofa - la capitale del regno di Tonga, dove vive la maggior parte della popolazione - il neo cardinale Soane Patita Paini Mafi porterà nel sacro collegio la voce di una piccola Chiesa di appena 14 parrocchie in un arcipelago della parte meridionale dell'Oceano Pacifico: 176 isole (due terzi dei quali disabitate), sparse su una superficie marina di 700 mila chilometri quadrati (oltre due volte l'Italia). Un cardinale di un Paese di poco più di 100 mila abitanti, quasi tutti cristiani, dove i metodisti sono la confessione maggioritaria e i cattolici sono meno di 20 mila.

Paini Mafi è il primo sacerdote diocesano ad essere stato chiamato - nel 2008 a soli 47 anni - a guidare la Chiesa di Tonga: prima di lui tutti i vescovi erano stati religiosi maristi, la congregazione missionaria a cui è legata la storia del cattolicesimo in questo angolo dell'Oceania. Arrivarono nel 1842 i maristi, qualche decina di anni dopo rispetto ai primi missionari evangelici della London Missionary Society. Il primo contatto con gli europei Tonga lo aveva avuto nel 1616, quando una nave olandese approdò sulle sue coste. Poi - nel 1773 - fu la volta del capitano James Cook, che le ribattezzò le «isole dell'amicizia» per l'accoglienza ricevuta. Quanto - però - questo sia rimasto un luogo poco significativo agli occhi del mondo lo dice il fatto che Tonga non abbia mai conosciuto una dominazione coloniale formale (anche se per gran parte del ventesimo secolo il suo regno è stato legato con un «Trattato di amicizia» alla Gran Bretagna). E solo dal 1999 è diventato a pieno titolo un Paese membro delle Nazioni Unite. Lo stesso suo mare incantevole non è diventato un'attrazione come quello delle altre isole della Polinesia: non sono più di 90 mila all'anno i turisti che passano da Tonga.

Andando a scegliere proprio lì un cardinale papa Francesco mostra che per la Chiesa neppure un arcipelago sperduto nel Pacifico è un luogo insignificante. Va anche ricordato che non è la prima volta che succede: già Paolo VI nel 1973 aveva elevato alla porpora il vescovo di Apia, Samoa, mons. Pio Taufinu'u, che partecipò a entrambi i conclavi del 1978. Samoa è un altro arcipelago tra quelli compresi dalla Conferenza episcopale del Pacifico, che raccoglie tutte le diocesi presenti nelle isole più remote: le Fiji, la Micronesia, Guam, Tahiti... Conferenza episcopale di cui proprio Soane Patita Paini Mafi dal 2010 è il presidente (e proprio per questo a ottobre aveva già partecipato al Sinodo dei vescovi).

Il nuovo cardinale, figlio e nipote di catechisti locali, è cresciuto nella parrocchia di Kolofo'ou. Ha studiato nel Seminario Regionale del Pacifico, che si trova a Suva nelle isole Fiji. Appena ordinato sacerdote è stato parroco per quattro anni ad Ha'apai, che è una delle isole minori di Tonga. Finché il suo predecessore, il vescovo Soane Lilo Foliaki, non lo ha scelto a soli 34 anni come proprio vicario generale, inviandolo però a studiare negli Stati Uniti, all'Università dei gesuiti di Baltimora. Esperienza significativa non solo per l'approfondimento teologico, ma anche per il contatto con le comunità della diaspora di Tonga: negli Stati Uniti vive infatti la più folta delle comunità degli emigrati, che sono ormai più numerosi dei tongani rimasti in patria.

Un pastore giovane, dunque, che sopra il clergy-man indossa il ta'ovala  - l'abito tradizionale di Tonga, con cui ci si cinge i fianchi - e nello stesso tempo sta promuovendo la nascita di un Istituto teologico locale per la formazione del clero (in crescita) e dei laici. Un pastore di un Paese che vive una fase di transizione politica: ha appena qualche anno la trasformazione della monarchia dei Tu'i Tonga e delle sue tradizioni in un sistema parlamentare. Ma deve comunque fare ancora i conti con una struttura sociale incentrata sui clan e su un'economia che - al di là delle rimesse dei migranti - va poco oltre l'agricoltura di sussistenza.

Una realtà lontana eppure nel cuore della Chiesa. Ed è suggestivo pensare che proprio un vescovo come Soane Patita Paini Mafi - proveniente da un mondo in apparenza così arcaico - diventerà il più giovane cardinale del Sacro Collegio. Icona vivente di quella sintesi tra antico e nuovo a cui il cattolicesimo del XXI secolo è quanto mai chiamato.

Fonte: missionline.org

 

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