II DOMENICA DI AVVENTO

Published in Domenica Missionaria

“Preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”.

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Nell’anno liturgico da poco iniziato, avremo come guida il Vangelo di s. Marco.

Giovanni Marco, era prima discepolo di Paolo, e poi di Pietro, che lo seguì fino a Roma ove scrisse le prediche di Pietro, che sono il Vangelo di Marco(scritto tra il 60 e 70 dC.), il più antico Vangelo e fonte dei Vangeli di Matteo e di Luca.

/ In questa IIa Domenica di Avvento, abbiamo ascoltato perciò l’inizio tanto telegrafico quanto solenne, del Vangelo di Marco, che racchiude in sintesi l’intero suo Vangelo: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”. Ci viene subito da pensare ad un’altra solenne espressione, che troviamo verso la fine del Vangelo di Marco, in bocca ad un pagano, il centurione romano, riferendosi a Cristo morto in croce: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!”. Tutto Marco allora è racchiuso in una grande “inclusione”: “Gesù è Figlio di Dio”, espressione che è il “cuore” dell’annuncio apostolico. S. Ignazio di Antiochia, martire, scriveva nel 100 dC.”Se qualcuno vi parla senza riconoscere chi è Gesù Cristo, siate sordi”!

/ Inoltre con questa Domenica di Avvento, appare la figura dell’austero predicatore del Messia:

Giovanni Battista. Già il Vangelo fa della storia del Battista come una introduzione a quella di Cristo.

La vocazione di Giovanni è infatti intimamente legata alla venuta di Gesù: essa consiste interamente nel precederlo, nel prepararlo e nel predicarlo. E poiché la venuta del Signore si prolunga nel tempo della Chiesa, e poiché Cristo è sempre “Colui che viene”, è evidente che la vocazione del Battista rimane sempre attuale e la sua missione è insostituibile anche per noi.

Giovanni Battista ci scuote dal sonno e grida la parola d’ordine di questo tempo di Avvento: “Preparate la strada del Signore”. La voce del Battista nel deserto segna l’inizio dell’era messianica, ossia l’inizio del compimento della salvezza promessa.

Nel libro dell’Esodo(23,20) leggiamo: “Ecco io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino”. E nel profeta Malachia(3,1): “Ecco, io manderò il mio messaggero a preparare la via davanti a me”. In questo “angelo- messaggero” che guida il popolo e prepara la via al Signore, la comunità apostolica ha visto appunto la figura di Giovanni Battista: ispido, duro, schietto e di poche parole: uno che si fa nudo di fronte a Dio. Nella sua voce che annuncia la venuta di Dio, confluisce tutto l’annuncio dei profeti. Il Battista è un testimone controcorrente che si scontra con le abitudini: è contro l’indifferenza, la presunzione, il conformismo. Non cerca il proprio successo: in una società che non conosce il perdono, predica il perdono, scuote alle radici false sicurezze, squarcia gli equilibri dei benpensanti farisaici, predica la conversione di mentalità.

/ Ma perché il Battista predicava nel “deserto”? Non era meglio andare in città, dove c’era tanta gente che lo poteva ascoltare? La risposta è che il popolo ebraico aveva fatto il grande patto di alleanza con Dio, proprio nel deserto, ai piedi del monte Sinai, dopo che il Signore lo aveva liberato per mezzo di Mosè, dalla schiavitù dell’Egitto, per incamminarlo verso la terra promessa. Ora predicare dal deserto, voleva dire che Dio era sul punto di fare al suo popolo un’altra grande alleanza, il dono più bello, più grande: quello di mandare il Figlio suo in mezzo a noi per salvarci da un’altra schiavitù, quella del peccato. E Giovanni presta la sua voce, il suo cuore, tutto se stesso e la sua vita per preparare la strada a Gesù, perché il dono di Dio sia accolto con pienezza e con gioia.

/ Ma il paradosso della storia della salvezza, sta nel fatto che tutto è dato ma tutto rimane ancora da fare; che c’è un Vangelo “scritto” e un altro “da scrivere”; che Dio ci ha parlato una volta per tutte e che il suo silenzio di oggi, non esprime la scelta di non dire più nulla, ma una delega permanente agli uomini, di ascoltare la Parola incarnata: Gesù Cristo, la buona e vera notizia.

/ Pertanto illuminati dalla Parola che ci invita alla conversione e a preparare la strada al Signore, siamo invitati pure noi ad essere messaggeri, come il Battista, per parlare con efficacia all’uomo di oggi.

C’è bisogno di un ardente richiamo alla conversione, di una denuncia del peccato e di una penitenza purificatrice.  Distruggere il peccato che impedisce di incontrarci con il Signore. Mosè si tolse i calzari per incontrare Dio sul Sinai. Noi togliamo tutto ciò che appesantisce lo spirito a causa della carne.     Occorre un po’ di deserto: il deserto è il distacco dalle cose per creare un po’ di spazio per l’incontro col Signore e fare scelte decisive nella vita. S. Pietro(IIa lettura) ci esorta a non sprecare il tempo che Dio ci concede per convertirci: domani potrebbe essere troppo tardi! Dobbiamo essere pure noi “voce che grida”: Cristo ha bisogno ancora oggi di “profeti” che gridino come il Battista. Anche nel nostro mondo consumistico e gaudente ci sono “strade da spianare, valli da colmare, monti da abbassare”, e di ritirarci davanti ad un “Altro più forte di noi”, perché è Lui la vera Salvezza e la “buona notizia” per il nostro tempo!

/ Da duemila anni Gesù è venuto, ma il suo Vangelo rischia di apparirci come una storia del passato.

S. Marco però l’annuncia come una perenne “buona notizia” che insieme provoca(vedi il Battista) e che consola( vedi Isaia). Essa è indirizzata ad un popolo che attende, oggi come ieri, la realizzazione delle sue promesse. In tanti luoghi è di casa ancora la violenza, e il povero viene oppresso e sfruttato; in tante parti del mondo si muore ancora di fame e si vive di guerra. In questi posti non è ancora giunto Gesù, perché nessun uomo ha “spianato la strada” perché Lui vi giungesse: nessun uomo ha “raddrizzato i sentieri” perché Lui passasse…Ma non andiamo troppo lontano: guarda il tuo cuore, osserva te stesso: ci sono spazi in cui Cristo non è ancora entrato né occupato: spazi si invidia , disprezzo, di egoismo e indifferenza per gli altri.. Fare Natale, vuol dire permettere a Gesù di raggiungere quegli angoli impenetrabili del tuo cuore. Vuol dire demolire le barriere che gli impediscono di portare l’amore dentro di te, e di lasciarti  amare.     

/ Gesù resta con noi e per noi, Emmanuele, nonostante tutto, un mistero da credere, di fronte al quale umiliarsi come Giovanni Battista: Colui al quale pure noi, “ non siamo degni di sciogliere i legacci dei suoi sandali”. Ora il Signore, in questa Eucaristia, si fa nostro cibo e nostra bevanda, per sostenere e illuminare la nostra fede e la nostra attesa.

// Inno di un anonimo del sec.XVI: “ Cristo non ha mani, / ha soltanto le nostre mani / per fare il suo lavoro oggi./ Cristo non ha piedi, / ha soltanto i nostri piedi / per guidare gli uomini / ai suoi sentieri. /

Cristo non ha labbra, / ha soltanto / le nostre labbra / per raccontare di sé / agli uomini d’oggi./ Noi siamo l’unica Bibbia / che i popoli / leggono ancora:/ siamo l’ultimo messaggio di Dio / scritto in opere e parole”.

Last modified on Thursday, 05 February 2015 20:12
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