Con questa Ia Domenica di Avvento, iniziamo un nuovo anno liturgico. Ha la stessa durata dell’anno civile, ma un diverso inizio e una diversa fine e contenuto.
L’anno civile si snoda attraverso giorni, mesi e stagioni, che riflettono i criteri del cosmo. L’anno liturgico invece, suppone tutto questo, ma vi aggiunge una dimensione nuova: la storia della salvezza, una storia che ha per protagonisti Dio e l’uomo. L’anno liturgico è rievocazione e attualizzazione dell’intera storia della salvezza già realizzata, e storia della salvezza che deve ancora realizzarsi. Ogni ciclo liturgico fa rivivere una fase particolare di quella storia: sono le stagioni dell’anno liturgico, e l’Avvento rappresenta la “primavera”, stagione di promessa e di attesa.
/ Per ogni credente, il tempo di avvento è un tempo di attesa e di gioia per la venuta del Salvatore, ma è anche un’occasione preziosa per prendere coscienza del “tempo” che passa e che, inevitabilmente rende più vicino il nostro incontro con il Signore. La nostra vita è inserita tra il primo e il secondo Avvento del Signore: nell’esercizio della carità, nella preghiera e nella vigilanza, dobbiamo preparare quotidianamente la venuta del Signore nei nostri cuori, per poter essere degni di comparire un giorno alla sua presenza con tutti i Santi nella gloria celeste.
/ Il Vangelo di questa Domenica ci invita appunto a “vegliare”; questa è la parola d’ordine del Signore. L’avvento è il tempo del desiderio. Vegliare, vigilare, suppone una vita di attesa, o meglio, di “attenzione”. Attenzione deriva da “ad-tendere”, cioè tendere a, verso qualcosa; si tratta di una attenzione non solo della mente, ma anche del cuore e di tutta la vita; vivere protesi verso qualcosa, pronti a cogliere tutti i segni che ne annunciano la presenza.
/ All’opposto di questa vigilanza, ci sono due cose: 1) la “disperazione di chi non si aspetta più nulla dal futuro, di chi ha smesso di sperare e di credere, e vive perciò alla giornata, con rassegnazione e rabbia. 2) L’accidia, è il sonno spirituale di chi spera ancora, ma non fa nulla, e presume di salvarsi senza merito. Vegliare vuole anche dire: “svegliarsi dal sonno”, come ci esorta s. Paolo:
“Fratelli, è ormai tempo di svegliarsi dal sonno”(Rom.13,11).
/ Dobbiamo accogliere il Messia che bussa ancora alla nostra porta, nel nostro oggi, come attendevano gli antichi Patriarchi e i Profeti.
Il Natale purtoppo è ancora visto come un ricordare un evento passato. Tanta commozione e poi tutto finisce nei divertimenti e nel consumismo. Il Signore, invece, è Colui che è venuto, viene e verrà.
Il nostro Dio è un Dio che viene: Cristo è il Veniente.
/ Noi uomini dell’Occidente abbiamo perso il senso dell’attesa; non aspettiamo più nulla, siamo sazi di novità, perché sappiamo già tutto, presumiamo di poter trovare tutto, con i mezzi di comunicazione che possediamo oggi: computer, internet, cellulari..Viviamo uno stato oppressivo di nevrosi e di depressione perché siamo colmi di sicurezze apparenti che escludono l’orizzonte della speranza: il nostro futuro è apprensione e non speranza cristiana. Le nostre attese sono immediate o banalizzate per fini consumistici. Ci si preoccupa per il prossimo week-end, il prossimo appuntamento, le prossime vacanze, il successo, il denaro. Le nostre “veglie”, sono veglie di lavoro o di evasione, veglie in discoteca, al bar, nei divertimenti.. In realtà non attendiamo nessuno, anzi non abbiamo tempo per ”l’attesa”, perché abbiamo svuotato la vita di ogni senso di attesa di Dio e anche di preghiera. Spesso la ribellione al cristianesimo deriva in gran parte dalla pretesa, consapevole o confusa, dei cristiani, di possedere Dio, e della perdita della dimensione dell’attesa.
/ Dio da parte sua ha fatto tutto ciò che doveva fare: ha squarciato i cieli per venire incontro agli uomini; ha perdonato le ingiustizie del suo popolo; ha preso con forza le difese degli oppressi; ha preparato in Maria SS. la dimora regale del suo Figlio. Ora Dio attende anche Lui da noi qualcosa; è in attesa dei frutti: l’obbedienza della fede, una vigilanza costante, il coraggio della conversione, una vita santa.
La voce potente di Giovanni Battista ricorda agli uomini quest’attesa di Dio, a cui il “fiat” di Maria Vergine ha già risposto con pienezza. Il comportamento dei cristiani non deluderà tale attesa, se essi imiteranno la fede umile e forte della Madre del Salvatore.
- Cristo è nato duemila anni fa, ma i desideri dell’umanità non sono ancora realizzati.
Ci sono 150.000.000 di persone che in Africa muoiono di fame, il continente che Gesù conobbe da profugo; e purtroppo ancora oggi si continua a morire di fame e di malattie!
- Cristo è nato duemila anni fa, ma per molti è come se in quella notte non fosse capitato nulla. Tantissime persone, nelle grandi città, dormono per le strade, alla ricerca di qualche riparo, come fecero Maria e Giuseppe quando nacque Gesù!
- Cristo è nato duemila anni fa, ma nell’aria c’è ancora meno pace di quanta ce n’era, quando gli Angeli cantarono in quella notte. Il cielo ora è pieno di aerei da combattimento e di missili, la terra è avvelenata dall’odio dei terroristi, che minacciano non soltanto i neonati (di Betlemme), ma tutti noi!
/ Siamo addormentati in un mondo che ha bisogno di essere risvegliato dalla fede. E’ per questo che abbiamo nuovamente bisogno di prepararci per la venuta del Signore.
/ Due parole sono dominanti in questa prima Domenica di Avvento: una la diciamo noi al Signore: “Vieni, Signore Gesù”(“Marana tha”); l’altra la dice il Signore a noi:”Vegliate”!
La Madonna ci aiuti a preparare il nostro” Betlemme”!.