La nostra pratica cristiana impressiona qualcuno?
Isaia 58, 7-10. Mette in evidenza lo stesso invito di Gesù per evitare un inevitabile fallimento se non vogliamo saper nulla del prossimo. Molto di più denuncia il ritualismo vuoto. Con termini chiarissimi assicura che Dio non ha nessuna simpatia per le grandi manifestazioni esterne di pietà e assolutamente non le gradisce. Quello che Dio esige è la misericordia.
1Corinzi 2, 1-5. Cristo non diminuisce e nemmeno cresce per la eloquenza del predicatore. La fede non si basa su argomenti razionali e neppure si affida alla seduzione delle parole ma vuole far conoscere Cristo. Se ci sentiamo rappresentanti dobbiamo farlo presente e visibile.
Matteo 5, 13-16. Essere sale che conseguenza porta? Almeno cerchiamo di dare sapore a quello che facciamo motivati dalla fede e dalla carità. La testimonianza parla del bene che realizziamo.
L’affermazione di Gesù da concretezza alle beatitudini che abbiamo meditato domenica scorsa. Solamente se le applichiamo alla nostra vita saremo luce e sale. Molti hanno perso la voglia di vivere affidandosi solamente a ideali. Non ne vogliono sapere e declinano di cercare la ragione e la giustificazione di impegnarsi al riguardo: a motivo di delusioni o forse non avendo mai compreso il senso della propria vita in questo mondo. Fa sempre piacere incontrare una accoglienza simpatica e un cuore che voglia bene. Fin dove arriva la nostra luce? Che capacità di dare sapore ha il nostro sale? Se ci attiviamo come luce è per aiutare qualcuno a vedere più chiaro nel suo percorso. Se ci attiviamo come sale, nella cerchia qualcuno deve sentirsi gioioso e ottimista. Quanta gente accanto a noi vive una tremenda angustia. Vive come in un tunnel senza speranza di uscirne. Non vedo soluzioni. Mi dispero. Una visita, un saluto, un incoraggiamento sono tutti sinonimi della parola “carità”. Isaia dice che la carità fa miracoli: “allora brillerà la tua luce come l’aurora e le tue ferite guariranno subito”. Soprattutto questa luce che dobbiamo diventare vuol dire arrivare ad essere illuminati per illuminare, esperti di gusto di vivere per promuovere dolcezza di vita. Allora avvengono trasformazioni religiose distinte e le immagini che pensiamo dover mostrare, assumono criteri di visibilità vera e sincera, senza fariseismi e finzioni. In questo modo finisce ogni evasione caritativa: il digiuno diventa abbandono dell’egoismo e passa dalla rinuncia all’impegno in azioni di solidarietà con i bisognosi, in promozione di liberazione e misericordia. Siamo luce? Non manchi una attività conforme e importante: mettere a fuoco, mettere nella luce giusta per dare risalto e evidenziare. È un compito sempre di più necessario soprattutto quando siamo assaliti da manipolazioni senza fine che nessuno nota o rinnega.
Il sale non aggiunge gusto ma attiva il sapore. Allora se sono sale chi è stato con me ama di più la vita ed è disposto alla carità, accetta di essere responsabile nel lavoro, nella scelta, nella convivenza.. Se davvero sono sale posso fare molto anche solo per animare e promuovere autostima e migliorare una relazione e una convivenza. Arrivare ad essere illuminati e contenti è un bel risultato. Non sono solamente immagini ma titoli reali per la vita. Sono impegni utili e necessari per avviare una catena che moltiplichi la gente contenta di ricuperare il desiderio di fare qualcosa che abbia senso, obiettivo, ragione di essere e fare.