Is 52,7-10. Il lieto annunzio, il Vangelo è questo: che Dio è in mezzo agli uomini, che egli è il loro unico Redentore, che le Ragioni della tristezza non ci sono più.
Eb 1,1-6. Il Figlio di Dio che nasce a Betlemme è la parola divina definitiva. Tutte le cose trovano in lui il loro fondamento. Egli ne è il Redentore e il Signore. In Cristo Dio ha manifestato tutto se stesso.
Gv 1,1-18. ‘’Il Verbo si fece carne’’. L’Evangelista Giovanni vuol dire che il Figlio di Dio che esiste dall’eternità, che è Dio e Creatore, è veramente uomo e non solo in apparenza.
Vogliamo capire. Dio non si fece uomo guardando l’umanità che c’era ma, se si potesse dire, pensando l’umanità che doveva esserci. La realtà vigente accettava che fosse uomo e basta perché chi poteva immaginare un’altra umanità solo con la esperienza suggerita dalla storia. Con l’incarnazione l’uomo che esiste deve essere cambiato così radicalmente che il cambiamento può chiamarsi unicamente: nuova nascita. Il Verbo si è incarnato e mi invita a partecipare con lui nel processo della umanità nuova. Vuol dire seguire Gesù nelle varie incarnazioni. Si incarna in figlio obbediente e in mezzo ai dottori a dodici anni professa la sua adesione: fare la volontà del Padre. Poi impara a fare anche la volontà di chi ha bisogno: cosa vuoi che ti faccia? È la frase ricorrente che mostra la volontà di incarnarsi nella fisionomia vissuta di ogni tipo di gente ferita, addolorata, sfortunata, che ha fame, che ha sete. E alla fine si incarna nell’immenso dolore che sembra invincibile e che è la morte. Il Verbo che è Gesù si incarna nella umanità per farla nuova, bella e buona, felice e contenta e mi invita a seguirlo. Continuiamo nella riflessione. Siamo a Natale e l’elemento umano che usiamo di più è il cuore. Allora faccio un salto interpretativo e mi rifaccio a una devozione oramai famosa nella Chiesa. Parlo della devozione al Sacro Cuore. E per me è la grande incarnazione del Verbo che è Gesù. Gesù e cuore vanno assieme. Parola e cuore non si separano mai. Ricordo San Paolo, Romani 10, 9-10: “se confessi con la tua bocca il Signore Gesù e credi nel tuo cuore che Dio lo risuscitò, sarai salvo”. Con il cuore si crede per giustizia, con la bocca invece si confessa per salvezza. Verbo incarnato nel cuore è sinonimo di messaggio cristiano. Con la parola e con il cuore. La fede ha bisogno di parola e di cuore. Gesù bambino è verbo e cuore. Gli dico le mie parole più tenere, più amorevoli, più dolci e gli apro il cuore. Il Verbo giudica, purifica, fa nascere di nuovo, deve essere udito, ricevuto, assicurato, seguito, compiuto, testimoniato, servito, annunciato, proclamato, insegnato, portato alla pratica; ma deve essere accompagnato dal cuore.
Affiora la ferita incurabile dell’uomo che anticamente voleva essere Dio senza Dio e adesso vuole celebrare il Natale senza Gesù Bambino in carne e sangue. Non basta ricordare la nascita di Gesú e mettersi il costume dei cantori di ninna nanna con coro di zampogne, alberi luminosi e presepi meccanici. Natale vuol dire speranza garantita, di un futuro bello, buono e giusto che Dio ha pensato, voluto e promesso chiaramente e finalmente ordinato di realizzare a suo figlio e ai seguaci di suo figlio. Tutto il nostro futuro é nella carne di questo figlio divino che si chiama Gesú. E con Gesú diventa storia vera, da vivere con la pienezza dei doni di Dio.